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maneskin scuola

"La nostra vittoria la dedichiamo a quel professore che ci diceva sempre di stare zitti e buoni", questo è uno dei primi pensieri che hanno voluto esprimere i Maneskin, freschi vincitori del Festival di Sanremo 2021, subito dopo la proclamazione. Così, anche se in dodici mesi dal "Fai rumore" di Diodato (vincitore di Sanremo 2020) siamo passati allo "Zitti e buoni" della band romana, nel testo della loro canzone c’è tutt’altro che un invito al basso profilo ma, al contrario, si leggono tutte le difficoltà che un giovane, seppur di talento come loro, deve affrontare oggi per emergere. Una questione che accomuna un’intera generazione, che ha la necessità di avere maggiori motivazioni e un orientamento che vada di pari passo con le sue aspirazioni. Lo spunto per evidenziare i tanti problemi presenti nel nostro sistema scolastico: il gap generazionale tra l’insegnante e l’alunno, l’orientamento scolastico che non funziona, il rapporto spesso conflittuale tra docenti e ragazzi quando si tratta di valorizzare il talento.

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Un elevato gap generazionale

Partiamo dal primo punto. Secondo gli ultimi dati disponibili, su 730 mila professori titolari di cattedra, oltre 300 mila hanno un’età superiore ai 54 anni. Nella scuola dell’infanzia abbiamo il 3,6% di insegnanti fino ai 34 anni contro il 38% degli over 50. Inoltre, nella primaria e nelle medie questo gap si accresce ulteriormente. Gli insegnanti della scuola superiore al di sotto di 34 anni rappresentano appena l’1,8% mentre, quelli con un’età superiore ai 54 anni sono circa il 47,5%.

È chiaro che il sistema scolastico ha bisogno di uno svecchiamento generazionale, per poter trasmettere un sistema di insegnamento moderno. Questo ricambio, inoltre, è particolarmente richiesto dai giovani del nuovo millennio. Il perché è facile da intuire: il mondo diventa sempre più tecnologico e questo avanzamento viene quasi “preteso” agli stessi ragazzi nel momento in cui entrano a far parte del mondo del lavoro. Ecco, quindi, che se non si riceve un tipo di istruzione all’avanguardia, si finisce per percepire ogni sforzo di apprendimento come un qualcosa di inutile.

Com’è oggi l’istruzione?

Gli indicatori dell’OCSE, a riguardo, ci danno molte informazioni. Sicuramente i programmi d’istruzione e formazione professionale (VET) interessano diverse categorie di adulti e ragazzi. In Italia, circa il 54% di tutti gli studenti di livello secondario superiore scelgono programmi VET. Il problema, però, consiste nel fatto che, nel nostro Paese, associano poco l’insegnamento scolastico con la formazione sul posto di lavoro: il 75% dei percorsi di studi si svolge proprio all’interno della scuola. I giovani, inoltre, possono incontrare molte difficoltà nella transizione al mercato del lavoro e, solo se possiedono un livello di istruzione più elevato, hanno maggiori possibilità di trovare un impiego. O almeno così pensano. Per questo possiamo notare una tendenza mondiale: l’espansione dell’istruzione terziaria.

Una maggiore attenzione oggi viene riservata anche alla scuola dell’infanzia dove il personale deve possedere delle competenze fondamentali per un’educazione di alta qualità. Occorre creare ambienti di apprendimento stimolanti e una pedagogia qualificata per preparare le nuove generazioni. Ma, rispetto agli altri Paesi dell’OCSE, l’Italia ha speso (nel 2017) solamente il 3,9% del proprio prodotto interno lordo (PIL) per l’istruzione, dal livello primario a quello terziario. Anche se, poi, la spesa destinata all’istruzione è cresciuta dello 0,3%. Ma, oltre il gap generazionale e un sistema di istruzione ben poco aggiornato, possiamo rilevare altre problematiche riguardanti, soprattutto, l’orientamento e il trattamento a scuola del talento.

Guarda il video con l'elenco di tutti i concorrenti e le canzoni del Festival di Sanremo 2021:

L’importanza dell’orientamento

Per un giovane potrebbe risultare difficile scegliere quale indirizzo di studi intraprendere dopo il diploma. Secondo i dati di Almadiploma, sono più del 40% i ragazzi che si pentono dopo aver fatto la loro scelta di studio. Nei nostri istituti si dà scarsa rilevanza a percorsi di orientamento che abbiano lo scopo di far conoscere l’università allo studente per portarlo a scegliere un corso adatto al suo talento. Sempre AlmaDiploma sottolinea una differenza tra i diplomati che, durante la scuola secondaria di secondo grado, hanno svolto o meno un percorso di orientamento. I primi, rispetto ai secondi, evidenziano una maggiore capacità di acquisire i crediti universitari e una minore quota di ripensamenti.

La difficoltà nella scelta dell’indirizzo di studio da perseguire la possiamo rintracciare anche nel passaggio dalle scuole medie alle superiori. Spesso le capacità e gli interessi degli adolescenti non vengono compresi fino in fondo; questo determina un vero e proprio distanziamento relazionale tra il professore e l’alunno. Quest’ultimo sarà portato a fare delle scelte lontane dalle sue reali abilità, oppure ad abbandonare precocemente gli studi. I professori, dal canto loro, non dovrebbero limitarsi a insegnare una materia ma dovrebbero osservare gli alunni per comprendere ed incentivare le loro abilità.

Riconoscere il talento

Non a caso, dunque, all’inizio abbiamo citato i Maneskin. Sicuramente la dedica della canzone vincente al professore che non li capiva è un chiaro esempio di come spesso i docenti si limitino ad applicare nel dettaglio un programma di studio non adatto a tutti i componenti di una classe. All’interno di un gruppo, infatti, possiamo trovare degli alunni plusdotati e ad alto potenziale. Secondo alcune statistiche, circa l’8% degli studenti italiani possiedono un potenziale cognitivo superiore alla media. Questi piccoli geni, però, possono manifestare un forte disagio all’interno del percorso scolastico. Lo studente plusdotato, che mostra una dotazione naturale fuori dagli schemi, ha una forte sensibilità che può portarlo a isolarsi, oppure a decidere di nascondere la sua intelligenza per conformarsi al gruppo e non essere considerato “diverso”. Ora, non sappiamo se i Maneskin sono “gifted”, sicuramente hanno mostrato in età precoce un talento che forse non è stata compreso dalla scuola (o semplicemente da quel prof che li voleva "zitti e buoni"). E in questo ambiente un tale pregio può facilmente diventare un insostenibile peso.

Dunque, come fare? Beh, lo studente plusdotato ha bisogno di attenzioni particolari per non portarlo a disperdere il suo talento in attività passive o in comportamenti dannosi. La dotazione, che esprime un’abilità naturale, diventa talento attraverso un processo di sviluppo cui contribuiscono l’apprendimento formale, informale e l’esercizio pratico. Se una band dal potenziale molto elevato, come i Maneskin, avesse scelto il liceo musicale avrebbe di sicuro avuto uno stimolo maggiore perché circondata da un team di professori specializzati in materia. Diverso, invece, potrebbe essere il rendimento di un potenziale musicista iscritto in un liceo scientifico o classico, dove non è libero di dedicarsi a tempo pieno al proprio talento.

Per tale ragione, già da tempo, le famiglie dei ragazzi plusdotati chiedono che i loro figli vengano riconosciuti come portatori di bisogni educativi speciali (BES). Cosa che è avvenuta, da parte del Ministero dell’Istruzione, nel 2019. In altre parole, è importante che il sistema scolastico predisponga un programma di studio personalizzato che consenta di adattarsi a ogni intelletto. La responsabilità educativa è importante e, quando si ha davanti un “gifted”, l’insegnante deve prestargli la stessa attenzione che solitamente si rivolge ad uno studente che ha, invece, difficoltà di apprendimento. Altrimenti rischia di essere citato sprezzantemente in un noto festival di successo.

Stefania Ruggiu, La Politica Del Popolo

Data pubblicazione 10 Marzo 2021, Ore 16:57
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