
Una lettera accorata, arrivata alla redazione di Skuola.net, riaccende il dibattito sul ruolo della scuola e sulla sua capacità (o incapacità) di valorizzare i talenti degli studenti. A scriverla è un ragazzo ormai diplomato, che con le sue parole ha cercato di fissare un messaggio forte, difficile da digerire: troppe volte la scuola spegne, invece di accendere.
La voce dell'ex studente ha trovato spazio anche in diretta su Rai Radio 1, all’interno della trasmissione “Formato Famiglia”. Nell'ambito del progetto "Le parole che non dicono: i giovani scrivono ai genitori", che vede la partecipazione di Skuola.net e degli psicologi dell'Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche), per far conoscere agli adulti cosa pensano davvero i giovani.
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Lo sfogo: "Ogni anno, tra i banchi, muoiono talenti"
La lettera, scritta con lucidità e dolore, racconta la frustrazione di chi in classe si è sentito invisibile. “Ogni anno, tra i banchi, muoiono talenti che nessuno ha saputo riconoscere. Poeti che smettono di scrivere, musicisti che smettono di suonare, pittori che smettono di disegnare. Quanti futuri scienziati, inventori, pensatori si sono persi perché nessuno li ha incoraggiati, perché un professore li ha derisi, perché la scuola li ha convinti che le loro idee non contavano?”.
Nel testo, il giovane denuncia una scuola che, invece di essere un motore di creatività e scoperta, rischia di diventare un luogo che fa lo sgambetto: “La scuola tradisce: i ragazzi, che entrano pieni di energia e ne escono svuotati; le famiglie, che sperano in un luogo di crescita e trovano mortificazione; la cultura, ridotta a un programma sterile; il futuro, perché soffoca nuovi artisti e sognatori. Un’istituzione che zittisce i giovani non educa: annienta. Costruisce generazioni che imparano solo a non disturbare".
Un passaggio, in particolare, sintetizza tutta l'amarezza del ragazzo: “La scuola dovrebbe essere il luogo più vivo che esista, dove si può sbagliare e osare. Dove un ragazzo scopre che la sua voce conta. Ma finché preferirà obbedienza alla creatività, finché soffocherà scintille per paura che diventino incendi, continuerà a tradire la sua missione. Quanto ancora potremo permetterci una scuola che spegne invece di accendere? Perché quando perdi un talento, quando spegni un genio, non perdi solo lui: lo perdiamo tutti”.
"Le parole che non dicono": il progetto che dà voce agli studenti
Proprio per dare spazio a riflessioni come questa nasce “Le parole che non dicono: i giovani scrivono ai genitori”, un’iniziativa realizzata da Formato Famiglia (Rai Radio1), Skuola.net e Associazione Nazionale Di.Te. L’obiettivo è semplice: offrire ai ragazzi un canale diretto per esprimersi e raccontare, senza filtri, ciò che spesso non riescono a dire agli adulti.
“Skuola.net porta su Radio1 i tuoi POV e li fa ascoltare agli adulti”, recita il claim del progetto. L’idea è proprio quella di entrare nella “tana dei grandi”, come raccontano gli ideatori, per parlargli dell'articolo mondo dei giovani di oggi: sogni, paure, difficoltà, speranze, che raramente trovano spazio nelle conversazioni quotidiane.
Ogni venerdì, alle 11:05, all’interno della trasmissione condotta da Diana Alessandrini, vengono letti i contributi più interessanti arrivati dagli studenti di tutta Italia.
Un canale di ascolto tra generazioni
La sfida è far emergere la voce dei ragazzi, quella che spesso si perde nel rumore degli adulti. In questo modo, “Le parole che non dicono” diventa non solo un’occasione di espressione per i giovani, ma anche un’opportunità per gli adulti di ascoltare. Di capire che, dietro ai silenzi e ai gesti dei ragazzi, ci sono emozioni e pensieri che meritano attenzione.
Dentro “Formato Famiglia”, il progetto si inserisce in un percorso più ampio di dialogo intergenerazionale. La trasmissione, da sempre attenta ai cambiamenti che attraversano il mondo dei genitori e dei figli, in questo caso ribalta la prospettiva: a parlare non sono gli adulti, ma i giovani.
E le parole dello studente, lette in diretta, sono sembrate il simbolo perfetto di questa inversione di ruoli: un grido di chi si sente inascoltato, finalmente accolto da un microfono pronto a trasmettere la sua voce. Perché, come dimostra questo caso, a volte basta poco, anche solo uno spazio d’ascolto, per accendere di nuovo quelle scintille che la scuola non dovrebbe mai soffocare.