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Docente alla lavagna

La professione di insegnante diventa sempre di più una sfida, da affrontare anno dopo anno, che va ben oltre la semplice trasmissione di nozioni. A sollevare la questione è un professore di storia e filosofia di un liceo scientifico di Pavia, che ha espresso la sua frustrazione in una lettera-sfogo inviata al ‘Corriere della Sera’. 

Il docente, stanco degli innumerevoli ostacoli e impedimenti che incontra ogni giorno, ha confessato di voler cambiare lavoro. La sua denuncia sottolinea come oggi sia sempre più difficile per gli insegnanti svolgere il loro ruolo fondamentale: istruire, insegnare ed educare. Quando, invece, questo mestiere - a sua detta sembra aver perso il suo valore originario.

Indice

  1. Cosa chiede la scuola oggi
  2. Il ruolo dell’insegnante: un tutto fare accondiscendente
  3. Le competenze degli studenti in calo
  4. La scuola non può educare da sola

Cosa chiede la scuola oggi

Nella lettera il docente, professore di 45enne, si sfoga: “Dopo vent’anni di carriera spesi a dare (e a sopportare) tutto per amore di ciò che amo… ho capito che vorrei cambiare lavoro”. 

Il prof dice questo “perché la scuola di oggi chiede figure di ogni tipo tranne che insegnanti. Dunque nella scuola di oggi non c’è più spazio per me e per tutti quelli che pensano ancora che il compito principale della scuola dovrebbe essere quello di insegnare“, scrive nella lettera. 

Nella scuola oggi “si chiede di tutto tranne che insegnare. E agli alunni si chiede di tutto tranne che imparare. Di più: di anno in anno si moltiplicano gli ostacoli e i bastoni messi tra le ruote di chi vuole ancora fare con sincerità e semplicità questo mestiere”.

Il ruolo dell’insegnante: un tutto fare accondiscendente

Secondo il professore, la scuola chiede che gli insegnanti siano psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, informatici, ingegneri e pedagogisti. Un ruolo che, dunque, va ben oltre la pura didattica. 

Si pretende, secondo l'insegnante, che i docenti siano anche "saltimbanco capaci di rendere accattivante ogni lezione, o giullare in grado di accattivarsi la simpatia e la benevolenza degli studenti con effetti speciali e numeri da circo". 

Questa figura, inoltre, secondo il docente sembra essere costretta a muoversi in modo tale da “non urtare in alcun modo la sensibilità degli studenti. Non dire mai di no, non dare mai voti bassi, non mettere mai alcuna nota, non sottolineare errori da prima elementare quando si è in quinta superiore".

Le competenze degli studenti in calo

Nel corso del suo sfogo, il prof parla anche delle competenze degli studenti, sempre più in calo, come anche le loro capacità logico/matematiche e linguistico/espressive. Nonostante ciò, però, scrive nella lettera: “I promossi sono sempre di più, gli esami di riparazione sempre di meno, i maturati praticamente tutti”. 

La causa, spiega, risiede nel fatto che “la bontà e l’inclusione hanno raggiunto livelli altissimi, e di certo incompatibili con il merito, la cultura e la crescita umana”. 

Tali effetti sugli studenti, poi, sono anche dovuti alla figura degli insegnanti, a cui la scuola di oggi richiede di essere dei burocrati “di quelli in stile sovietico, che non parlano, non discutono, non giudicano, non sollevano la testa. Di quelli che fanno quello che vien detto loro di fare pur di avere una vita tranquilla e lo stipendio assicurato. Se poi riesce anche a fare tutto questo senza disturbare nessuno (leggi: dando voti dal sei in su a chiunque, qualunque cosa faccia) allora la perfezione è raggiunta”.

La scuola non può educare da sola

Un’altra accusa al sistema scolastico di oggi è quella che riguarda la separazione tra “insegnamento ed educazione, pensando che questa possa cadere dall’albero, come una mela, sulla testa degli studenti, con qualche ora di corso, qualche progetto inserito qua e là, qualche lavoretto in cui si dimostra di aver ascoltato qualcosa”.

Secondo lui, la riduzione drastica del tempo di lezione, ha trasformato le lezioni in "semplici (e fastidiosi) accessori". L’insegnante, perciò, ha sottolineato l'importanza di un approccio collettivo all'educazione, affermando che "ad educare non sono solamente gli insegnanti, ma è tutto un contesto in cui la scuola è chiamata a dare il proprio contributo esattamente come tutti sono chiamati a dare il proprio". 

Infine, ribadisce che, nonostante il suo ruolo cruciale, la scuola non può risolvere da sola i problemi della società, concludendo con il pensiero che: "Per crescere un bambino ci vuole un villaggio intero".

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