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Professore Gabriele RocchettiLaurea da 110 e lode e una vocazione per l’insegnamento che nasce tra i banchi di scuola. Oggi, a soli 25 anni, Gabriele Rocchetti è professore di Storia in un Liceo Scientifico di Rieti: la chiamata a tre settimane dalla conclusione del percorso universitario.

In foto: il docente Gabriele Rocchetti

Una storia di eccellenza, la sua, che però ricorda quella di tanti giovani precari della scuola assunti grazie alla MAD (Messa a Disposizione). Oggi, infatti, Gabriele non ha né stabilità lavorativa né indipendenza economica. E come potrebbe, con quattro ore a settimana di lezione - a cui, però, vanno aggiunti tutti gli ulteriori impegni della carriera di un docente, a partire dai consigli di classe - e soli 400 euro al mese di stipendio? Senza contare il lungo tragitto per arrivare alla scuola e i suoi costi, quelle tre ore circa impiegate per andare e tornare.

La soluzione, per Gabriele, è la “fuga” all’estero. A differenza di molti altri insegnanti “a scadenza” che scelgono di aspettare giorni migliori, e magari un nuovo concorso, per ottenere una cattedra e condizioni più appaganti.
Oltre che per Storia, Latino e Italiano, il giovane professore può infatti far valere il suo titolo di studio per insegnare Italiano agli stranieri. Cosa che lo porterà, con ogni probabilità, in Francia. “Dove gli insegnanti sono trattati meglio”.

La sua esperienza, il prof l’ha raccontata a Skuola.net. Spiegando cosa vuol dire, nel 2023 in Italia, essere un ventenne appassionato di materie umanistiche che ha scelto di intraprendere la strada dell'insegnamento.

  • A 25 anni sei già docente di Storia al Liceo Scientifico. È capitato o era un sogno nel cassetto?
  • “È stato sempre un sogno nel cassetto, fin dal terzo superiore. Mi sono appassionato alla storia e mi sono detto: ‘Un giorno farò questo lavoro, insegnerò la storia’”.

  • Perché hai deciso di insegnare nonostante, si sa, la carriera non sia certo facile né immediata?
  • “Come detto, era un mio sogno nel cassetto fin dall’inizio. Con caparbietà e forza di volontà ho portato a termine gli studi in tempo utile, raccogliendo tutte le certificazioni e i requisiti necessari per poter insegnare. Dopodiché mi sono buttato nelle MAD - le messe a disposizione - perché non posso ancora inserirmi in graduatoria: potrò farlo quando riapriranno, tra circa un anno. Mi sono laureato il 13 ottobre 2022 e ho inviato subito le MAD e sono stato contattato dopo due-tre settimane dal liceo e ho iniziato ad insegnare il 4 novembre 2022. Sono stato molto fortunato, ho un contratto fino al 30 giugno”.

  • Qual è stato il percorso (di studi ma non solo) che ti ha portato verso la cattedra?
  • “Io mi sono laureato in triennale nella classe L-10, che risponde al nome di Scienze Umanistiche con un tesi sulle eresie e i Papi, al tempo medievale. Dopodiché mi sono laureato in LM-14, ovvero Filologia Moderna, con una tesi in Storia Moderna sul ruolo del “Malleus Maleficarum”, un manuale di cacciatori di streghe risalente al ‘500-’600. Il mio percorso è iniziato dal liceo, quando ho cominciato a studiare queste materie in maniera approfondita: un percorso quasi spirituale diciamo”.

  • Spesso si sente dire che per i laureati in discipline umanistiche la via dell’insegnamento sia quasi una scelta obbligata. Per quella che è la tua esperienza gli sbocchi sono davvero così ristretti?
  • “Sì gli sbocchi lavorativi per le discipline umanistiche sono davvero ristretti. C’è l’insegnamento in prima battuta, poi il giornalismo, anche se si tratta di una carriera diversa. Dopodiché ci sono anche dei concorsi statali per posti in biblioteche o musei: ovviamente è una laurea quindi valida anche per i concorsi statali. Diciamo però che se uno non ha una passione profonda per queste discipline non si laurea in Scienze Umanistiche, e sicuramente non lo farà per soldi”.

  • Consiglieresti a un tuo studente di fare il tuo stesso percorso? E in quali casi?
  • “Solo ed esclusivamente nel caso in cui vedessi in lui una vocazione quasi religiosa”.

  • Credi che per un giovane di oggi, intraprendere la strada dell'insegnamento tradizionale sia limitante? A oggi ti senti valorizzato a livello economico e per condizioni lavorative? Sappiamo che devi fare molti chilometri e, a volte, solo per poche ore…
  • “Se per insegnamento tradizionale intendiamo il metodo con lezioni frontali, dico sì. E’ un po’ limitante perché la soglia di attenzione dei giovani si è abbassata notevolmente. Quindi non riescono a sostenere un’attenzione su qualcosa che non sia all’interno del loro mondo, del loro piccolo cerchio d’interessi. Una lezione frontale nel 2023 diventa difficile. Non mi sento valorizzato né a livello economico né a livello di condizioni lavorative: sono stato chiamato per quattro ore a settimana con una retribuzione netta di 400 euro al mese. Faccio un’ora e mezza di strada per andare e altrettanto per tornare. Non lavoro mai solo quattro ore a settimana, perché bisogna preparare lezioni e compiti; presenziare ai collegi docenti e ai collegi di dipartimento: gli impegni sono tanti e non sono pagati a sufficienza. Infatti credo che me ne andrò all’estero, dove gli insegnanti sono trattati meglio”.

  • Nel tuo futuro c’è la scuola o pensi che proverai altro?
  • “In genere non mi piace parlare di futuro perché è la trappola più grande in cui la mente umana può cadere. Se proprio devo parlarne allora sì, nel mio futuro potrebbe esserci la scuola ma quasi sicuramente non in Italia: perché sono stufo di essere trattato a ‘pesci in faccia’”.

  • Cosa si dovrebbe fare, secondo te, per rinnovare la classe docente valorizzando i giovani professori, motivati e forse più “vicini” alle nuove generazioni?
  • “La risposta è semplice: si dovrebbero pagare di più. È difficile rinnovare la classe docente, perché quando lo Stato dimostra di non avere a cuore l’Istruzione, c’è poco da rinnovare: il problema è a monte. Gli studenti sono demotivati e non hanno più voglia di fare una cosa che percepiscono come un obbligo: ma questo è un discorso molto più ampio”.

  • Quali sono secondo te, se ne hai notate, le più grandi “storture” presenti nel mondo della scuola?
  • “La più grande stortura, come ho detto prima, è l’approccio dello Stato italiano nei confronti di questa istituzione. Lo Stato vi si approccia come ad una vecchia macchina che sta cadendo in disuso. Non si può sistemare un qualcosa che è da buttare: quindi o la si butta - ricominciando da zero - oppure assisteremo ad un lento declino fino al punto di non ritorno”.

  • Qual è la tua opinione sulla tanto discussa generazione Z? E’ vero che sia un po’ “persa” come qualcuno dice o vedi, da professore, del potenziale incompreso?
  • “Io credo che viviamo in un momento di cambiamento. Per fare un esempio: dal 1.200 al 1.400 non è che il mondo sia cambiato molto a livello sociale. Noi invece adesso viviamo un profondo momento di cambiamento. Se devo paragonare l’adesso con il passato, dico sinceramente che - dal punto di vista mentale - preferisco il passato. Non per questo ovviamente bisogna tendere a denigrare il presente. Mi rendo conto che molte cose stanno peggiorando, prendono una piega peggiore. Sicuramente la percezione della scuola rientra tra questi peggioramenti, fomentato dal sistema in sé. Credo che dovremmo smetterla di pensare gli studenti come dei burattini in aula, ma considerarli come persone al di fuori del contesto scolastico: alcuni sono più gentili, altri un po’ meno. In generale, l’onda del cambiamento di adesso non mi piace moltissimo”.
    Data pubblicazione 28 Febbraio 2023, Ore 11:55 Data aggiornamento 28 Febbraio 2023, Ore 12:06
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