
Back to school, ma questa volta con un “plot twist”: a Taormina, in un istituto superiore, non si torna solo con zaini nuovi e penne colorate, ma anche con un dress code ufficiale. La preside ha detto stop a short, crop top e outfit considerati troppo “spinti”, chiedendo agli studenti di vestirsi in modo “sobrio, decoroso e ordinato”.
La circolare è stata diffusa a studenti, genitori e prof, con tanto di immagini esplicative di cosa si può indossare e cosa no.
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Capi off-limits e genitori sotto i riflettori
La black list dei vestiti vietati a scuola è abbastanza chiara: niente abiti scollati, eccessivamente sbracciati, pantaloni a vita bassa con intimo a vista, minigonne, vestiti trasparenti o troppo attillati. Fuori anche short e pantaloncini, così come i capi con scritte o immagini volgari.
Non manca, infine, un messaggio per i genitori: siete chiamati a collaborare, controllando che i figli rispettino le regole prima ancora di uscire di casa.
I prof diventano “speaker” del regolamento
Per non lasciare spazio a fraintendimenti, i docenti leggeranno la circolare in classe il primo giorno di scuola. E non basta: l’istituto, come detto prima, ha preparato un visual kit con esempi concreti di abiti sì e abiti no, divisi per magliette, pantaloni, gonne e scarpe.
Un approccio molto “user friendly” per evitare interpretazioni creative del regolamento.
Outfit e adolescenza: libertà vs regole
Ma l’adolescenza, notoriamente, è il momento in cui i vestiti diventano più di un look: sono un megafono di identità. Con l’outfit dici chi sei, che gruppo frequenti, che mood hai. Ecco perché un dress code, secondo molti, potrebbe sembrare una gabbia. Alcuni studenti lo vivono come un freno alla libertà personale.
Dall’altra parte, però, c’è pure chi trova rassicurante avere linee guida: niente ansia da “cosa mi metto stamattina” e più serenità.
Regole o occasione educativa?
La scuola insiste: non è solo questione di outfit, ma di rispetto del contesto. Se il dress code viene imposto dall’alto, sa di autorità e basta. Ma se diventa oggetto di confronto tra prof e studenti, può trasformarsi in uno spunto di crescita per i ragazzi. La vera sfida sta nel dialogo: spiegare il perché delle regole, invece di ridurle a punizioni o divieti.
Il nodo delle disuguaglianze
Altro punto critico: i vestiti raccontano anche la condizione economica delle famiglie. In classe può nascere competizione tra brand e outfit costosi, con dinamiche di esclusione.
Le divise scolastiche nascono proprio per annullare queste differenze: tutti uguali, e stop confronti. Un dress code troppo rigido, al contrario, rischia di accentuare le differenze: chi non ha possibilità economiche potrebbe sentirsi penalizzato.