4' di lettura 4' di lettura
stefano da architetto a insegnanteAssenti dalle aule dal giorno del diploma. Spesso sono venditori, parrucchieri, artigiani, manager. Sono gli aspiranti docenti che, forse tentati dalla possibilità di ottenere un'entrata certa, scelgono di inviare alle scuole una mad, cioè una domanda di 'messa a disposizione'.


Un esempio concreto è Stefano, un architetto 43enne di Bologna, che racconta la sua storia a 'La Repubblica'. Proprio lui, appassionato dal suo lavoro, ha scelto una strada diversa, una possibile via d'uscita da un mercato del lavoro fortemente instabile.

Sale in cattedra senza esperienza: "Mi vergogno a considerare la scuola come un ripiego, ma con la partita IVA non campo"

”Amo il mio lavoro, ma con piccoli incarichi a partita IVA non campo” esordisce Stefano che fino a poco tempo fa seguiva il sogno di una vita. Poi il faccia a faccia con la cruda realtà di un mercato del lavoro estremamente competitivo. Stefano ha così deciso di guardarsi intorno: ”Al contrario, anche se il sistema scolastico italiano arranca e i maestri sono i meno pagati d’Europa, a me, dall’esterno, sembra una manna dal cielo: 1.400 euro al mese, contributi, malattia e ferie pagate, tempo libero”.

Nonostante non abbia la benché minima esperienza sul campo, Stefano ha deciso di fare questo salto nel buio: ”Mi vergogno a considerare la scuola come un ripiego, come un piano B, un parafulmine per una professione che fatica a darmi sostentamento. Ma non è colpa mia: è il sistema di selezione che non funziona”. L'architetto sarebbe disposto ad accettare perfino un posto da insegnante di sostegno anche se, come lui stesso rivela, non ha idea ”di cosa sia un piano didattico personalizzato”. A consigliarlo è stata un'amica, anche lei docente: ”Mi ha detto: 'Stefano, se non stai tu in classe con quel bambino che ha bisogni speciali è molto probabile che nessuno se ne curerà: docenti di sostegno specializzati non ce n’è abbastanza'. A questo punto, meglio ci sia io”.

Stefano non nega di nutrire forti dubbi circa l'avventura che lo aspetta. Ed è combattuto: da un lato la necessità di un'entrata economica stabile, dall'altro non vorrebbe far parte di un sistema che lui stesso definisce come difettoso: ”Perché se penso ai miei figli, vorrei che avessero insegnanti più competenti e motivati, più capaci non solo di trasmettere nozioni, ma di essere un punto di riferimento, una guida. Io forse potrei imparare un giorno un trucco per insegnare le tabelline, ma riconosco che per accompagnare la crescita dei bambini servono altre competenze. E per questo non bastano i bigini di matematica”.