ImmaFer
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dress code scolastico

Con l'inizio del nuovo anno scolastico è tornata centrale la questione dress code nelle scuole. In assenza di una direttiva nazionale, i singoli istituti gestiscono le regole l'abbigliamento in vario modo, con una serie di circolari interne. Insomma, i dirigenti scolastici stanno procedendo in autonomia, generando un mosaico di regole che varia da scuola a scuola, quasi sempre molto chiacchierate da studenti e famiglie.

Indice

  1. Vietato tutto ciò che ricorda ambienti estivi o informali
  2. Dialogo tra generazioni
  3. La richiesta al Ministero: “Serve una linea nazionale”
  4. Le regole valgono anche per i docenti

Vietato tutto ciò che ricorda ambienti estivi o informali

In molte città italiane si riafferma la necessità di un “abbigliamento consono” all’ambiente scolastico. A Vicenza per esempio, come riferisce 'OrizzonteScuola', le linee guida interne, inviate alle famiglie e affisse nei plessi, dicono no a scollature eccessive, minigonne, shorts e magliette che lasciano scoperto l’addome. Così da evitare abiti che richiamino ambienti estivi o informali, come spiagge o locali, escludendo capi come canottiere, bermuda e ciabatte.

Dalle circolari raccolte da Nord a Sud, da Pisa a Reggio Calabria, emerge comunque una certa uniformità nei divieti. Il criterio alla base è quello pedagogico: la scuola viene descritta come “ambiente educativo” dove si promuovono “rispetto reciproco” e “convivenza civile”.

Dialogo tra generazioni

Nonostante le regole, però, non mancano i contrasti. Una dirigente scolastica, in un’intervista al 'Giornale di Vicenza', ha osservato che la questione dell’abbigliamento scolastico mette in luce “sensibilità e generazioni diverse”, una difficoltà di dialogo sul tema tra le differenti generazioni che rende difficile stabilire un codice condiviso.

La richiesta al Ministero: “Serve una linea nazionale”

In questo clima di incertezza, si leva la voce di chi chiede un intervento dall’alto. Come già avvenuto per il divieto dei cellulari in classe, diversi dirigenti scolastici auspicano un’iniziativa diretta del Ministero dell’Istruzione e del Merito, che possa fissare una linea guida chiara e valida per tutti.

Tra le proposte, anche l’introduzione della divisa scolastica, magari con il logo dell’istituto, seguendo il modello anglosassone. In alternativa, si suggerisce di definire un abbigliamento base accettabile per tutti: “jeans, maglietta e felpa”.

Queste soluzioni, si legge in alcune circolari, potrebbero anche “ridurre le differenze economiche visibili tra gli studenti, evitando discriminazioni o bullismo legati al modo di vestire”, e contribuire così a rafforzare l’uguaglianza sociale nel contesto scolastico.

Le regole valgono anche per i docenti

Ma il dibattito non riguarda solo gli alunni ma pure i professori. In un istituto, giusto per citare uno dei tanti casi in cui le regole vengono estese anche al corpo docente, un vicepreside ha richiamato alcuni insegnanti per l’uso di calzature ritenute inadeguate. “Ciabatte chiuse davanti e aperte dietro”, ha spiegato, pongono un “problema di sicurezza” perché “il piede non è tenuto fermo”. 

In questo quadro, peraltro, si inserisce l'episodio che ha visto protagonista una docente che, sui social, si è sfogata mettendo in mostra il l'outfit che avrebbe attirato un richiamo da parte della scuola.

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