Giulia.Onofri
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Bolzano, chiesta la "razza" dello studente per un errore di traduzione articolo
Foto Ansa da Alto Adige

Ad essere interpretato dai docenti come tacciabile di tinte razziste è stato un questionario predisposto da un’Asl dell’Alto Adige, in particolare dal reparto di Neuropsichiatria infantile, diretto agli studenti di una scuola media locale.


Una delle domande di tale questionario, preparato per ragazzi dai 6 ai 18 anni, chiedeva di “Indicare il gruppo etnico o razza dell’alunno”; immediata la reazione dei docenti che hanno prontamente denunciato l’accaduto.

Una cattiva traduzione dall'inglese

Alla notizia, riportata dal quotidiano Alto Adige e da Il Fatto Quotidiano, Florian Zerzer, il direttore dell’Asl del Comprensorio Sanitario di Bolzano, si è scusato comprendendo l’indignazione degli insegnanti, ma affermando che tale errore è totalmente imputabile ad una svista nella traduzione del termine inglese “race, reso appunto in italiano con “razza”: “In Europa questo termine è inteso e percepito diversamente rispetto a quanto accade negli Stati Uniti, per esempio. A nome dell’Azienda sanitaria dell’Alto Adige mi scuso per il fatto che tale termine sia stato utilizzato in questo contesto – ha detto – Come tutti sappiamo, gli errori purtroppo si verificano anche in fase di progettazione. Ringrazio le cittadine ed i cittadini che ci hanno segnalato l’accaduto. L’errore di traduzione verrà corretto il prima possibile”.
Mentre dunque il direttore ha assicurato l’immediata correzione del modulo, gli insegnanti non sembrano però pienamente convinti che si tratti di un semplice errore di traduzione tra le due lingue: “Capiamo tutto, capiamo che si tratti di moduli standard redatti negli Stati Uniti, dove la legge prevede che si chieda anche quale sia la razza. Ma quello che non afferriamo è come mai nessuno al Comprensorio sanitario di Bolzano se ne sia accorto e si sia fatto una domanda. Evidentemente trovano normale che si domandi ad uno studente a quale ‘razza’ appartiene”.

La verità sul questionario

Ma perché nelle scuole viene richiesto un questionario simile? Il modulo in questione riguardava la cosiddetta Child Behavior Checklist (Cbcl) che rappresenta, a livello internazionale, uno degli “strumenti di valutazione nel processo diagnostico per i piccoli pazienti con disagio neuropsichiatrico”.
I questionari sono inoltre tradotti in ben 60 lingue attraverso cui è possibile effettuare confronti interculturali grazie a “domande sull’origine e sul background culturale dei giovani pazienti […] non solo per il trattamento individuale, ma anche per la comparabilità scientifica a livello mondiale”.
Questi moduli sono preparati dall’Aseba-Institute (Achenbach System of Empirically Based Assessment) di Burlington negli Usa, dove il termine “race”, come ha spiegato anche Zerzer, è libero da connotazioni discriminatorie e a sfondo razzista, diversamente da quanto accade invece nel nostro Paese.
Non a caso, la lingua è l’elemento cardine su cui si fonda qualsiasi cultura, ed è proprio per questo che ci vorrebbe più attenzione per ogni parola usata, soprattutto nelle scuole.

Giulia Onofri

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