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scuola autonomia differenziataNel 2017 si è aperto il dibattito sulla cosiddetta autonomia differenziata delle regioni. Spiegato in modo semplice, si tratta della possibilità di trasferire alle regioni piena autonomia in materie che solitamente sono di competenza dello Stato.

Un primo passo in questa direzione è stato fatto nel 2018, quando Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno sottoscritto un accordo preliminare con l'allora Governo Gentiloni. Il tema è tornato attuale dopo l'incontro di mercoledì scorso tra il Governo e i Presidenti delle tre regioni, e sembrerebbe che l'esecutivo di Giorgia Meloni sia ben disposto a varare una legge di attuazione entro la fine dell'anno. Tra le materie su cui le regioni vorrebbero avere l'ultima parola c'è anche l'istruzione: le sorti della scuola potrebbero essere così decise dalle singole regioni. Non sono mancate proteste degli addetti ai lavori, tra cui i sindacati che parlano di ”frammentazione dell'istruzione”. Vediamo allora cosa c'è sul tavolo del Governo e quali sono i motivi alla base delle critiche all'autonomia differenziata.

La regionalizzazione della scuola: cosa potrebbe accadere

Scuola, sanità, ambiente e politiche del lavoro: sono quattro le materie rivendicate dalle regioni. Della scuola si parla nell'articolo 3 della bozza sulle “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”: ”Nelle materie di cui all’articolo 117, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, della Costituzione e nelle materie della tutela e sicurezza sul lavoro, dell’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale, e della tutela della salute, (…) il trasferimento delle competenze legislative o delle funzioni amministrative e delle risorse corrispondenti ha luogo a seguito della definizione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” riporta la bozza.

Non mancano però i dubbi da parte di chi giudica l'iniziativa come troppo ”divisiva” per il sistema scolastico, con il rischio di aumentare ulteriormente il divario tra Nord e Sud. Va però sottolineato – come fa “Il Corriere del Veneto” - che la proposta di legge non coincide con la piena autonomia delle regioni in materia d'istruzione. I programmi di insegnamento così come le attività connesse rimarranno materia dello Stato, ciò su cui l'autonomia andrebbe ad incidere è l'organizzazione interna ai singoli istituti. L’obiettivo a cui mirano le regioni è infatti quello di poter iniziare un anno scolastico con i docenti assegnati alle classi fin dal primo giorno. Un esempio concreto è che, entro il 2027, ogni Comune dovrà mettere a disposizione il 33% dei posti negli asili nido per i bambini di fascia 0-3 anni e fissare i numeri di alunni e docenti per ogni scuola e classe. L'ipotesi dell'autonomia differenziata ha scatenato la reazione dei sindacati che annunciano la mobilitazione.

I sindacati annunciano la mobilitazione

“Siamo contrari al disegno di “autonomia differenziata”, inizialmente avanzato dalle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna e rilanciato dalla attuale maggioranza di governo”  scrivono in un comunicato stampa i segretari generali di Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda -Francesco Sinopoli, Ivana Barbacci, Giuseppe D’Aprile, Elvira Serafini, Rino Di Meglio e Massimo Villone, del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale. ”Tale progettoproseguono le sigle - invece di consolidare il carattere unitario e nazionale, ad esempio del sistema pubblico di istruzione, rafforzando la capacità di risposta dello Stato di cui si è avvertita l’estrema necessità durante la recente pandemia, ripropone un’ulteriore frammentazione degli interventi indebolendo l’unità del Paese, col rischio di aumentare le disuguaglianze senza garantire la tutela dei diritti per tutti i cittadini e ampliando i divari territoriali”.

Nel caso in cui la proposta di legge sulle autonomie diventi realtà, i sindacati chiedono un referendum popolare approvativo della legge di attuazione prima della sua entrata in vigore. Le quattro materie al centro della contesa devono rimanere di potestà statale secondo i sindacati, che nel frattempo hanno annunciato una conferenza stampa per la presentazione della raccolta di firme per una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, fissata per domani mercoledì 9 novembre alle ore 11:30, a Roma, presso l'Hotel Nazionale (Piazza Monte Citorio).

Data pubblicazione 8 Novembre 2022, Ore 15:01 Data aggiornamento 8 Novembre 2022, Ore 15:05
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