
Un primo passo in questa direzione è stato fatto nel 2018, quando Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno sottoscritto un accordo preliminare con l'allora Governo Gentiloni. Il tema è tornato attuale dopo l'incontro di mercoledì scorso tra il Governo e i Presidenti delle tre regioni, e sembrerebbe che l'esecutivo di Giorgia Meloni sia ben disposto a varare una legge di attuazione entro la fine dell'anno. Tra le materie su cui le regioni vorrebbero avere l'ultima parola c'è anche l'istruzione: le sorti della scuola potrebbero essere così decise dalle singole regioni. Non sono mancate proteste degli addetti ai lavori, tra cui i sindacati che parlano di ”frammentazione dell'istruzione”. Vediamo allora cosa c'è sul tavolo del Governo e quali sono i motivi alla base delle critiche all'autonomia differenziata.
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La regionalizzazione della scuola: cosa potrebbe accadere
Scuola, sanità, ambiente e politiche del lavoro: sono quattro le materie rivendicate dalle regioni. Della scuola si parla nell'articolo 3 della bozza sulle “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata di cui all’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”: ”Nelle materie di cui all’articolo 117, norme generali sull’istruzione, tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, della Costituzione e nelle materie della tutela e sicurezza sul lavoro, dell’istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale, e della tutela della salute, (…) il trasferimento delle competenze legislative o delle funzioni amministrative e delle risorse corrispondenti ha luogo a seguito della definizione dei relativi livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale” riporta la bozza.Non mancano però i dubbi da parte di chi giudica l'iniziativa come troppo ”divisiva” per il sistema scolastico, con il rischio di aumentare ulteriormente il divario tra Nord e Sud. Va però sottolineato – come fa “Il Corriere del Veneto” - che la proposta di legge non coincide con la piena autonomia delle regioni in materia d'istruzione. I programmi di insegnamento così come le attività connesse rimarranno materia dello Stato, ciò su cui l'autonomia andrebbe ad incidere è l'organizzazione interna ai singoli istituti. L’obiettivo a cui mirano le regioni è infatti quello di poter iniziare un anno scolastico con i docenti assegnati alle classi fin dal primo giorno. Un esempio concreto è che, entro il 2027, ogni Comune dovrà mettere a disposizione il 33% dei posti negli asili nido per i bambini di fascia 0-3 anni e fissare i numeri di alunni e docenti per ogni scuola e classe. L'ipotesi dell'autonomia differenziata ha scatenato la reazione dei sindacati che annunciano la mobilitazione.
I sindacati annunciano la mobilitazione
“Siamo contrari al disegno di “autonomia differenziata”, inizialmente avanzato dalle regioni Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna e rilanciato dalla attuale maggioranza di governo” scrivono in un comunicato stampa i segretari generali di Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals e Gilda -Francesco Sinopoli, Ivana Barbacci, Giuseppe D’Aprile, Elvira Serafini, Rino Di Meglio e Massimo Villone, del Coordinamento per la Democrazia Costituzionale. ”Tale progetto – proseguono le sigle - invece di consolidare il carattere unitario e nazionale, ad esempio del sistema pubblico di istruzione, rafforzando la capacità di risposta dello Stato di cui si è avvertita l’estrema necessità durante la recente pandemia, ripropone un’ulteriore frammentazione degli interventi indebolendo l’unità del Paese, col rischio di aumentare le disuguaglianze senza garantire la tutela dei diritti per tutti i cittadini e ampliando i divari territoriali”.Nel caso in cui la proposta di legge sulle autonomie diventi realtà, i sindacati chiedono un referendum popolare approvativo della legge di attuazione prima della sua entrata in vigore. Le quattro materie al centro della contesa devono rimanere di potestà statale secondo i sindacati, che nel frattempo hanno annunciato una conferenza stampa per la presentazione della raccolta di firme per una proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare, fissata per domani mercoledì 9 novembre alle ore 11:30, a Roma, presso l'Hotel Nazionale (Piazza Monte Citorio).