Un pestaggio avvenuto per 50 euro, nel cuore di Milano, ha lasciato un ragazzo di 22 anni con lesioni permanenti e ha portato all’arresto di cinque giovani, tra cui tre minorenni.
È la sintesi di un’aggressione ricostruita dagli investigatori del Commissariato Garibaldi Venezia grazie alle telecamere della zona di corso Como: un avvicinamento con una scusa, il furto e la reazione violenta del gruppo, culminata in diverse coltellate alla schiena.
E mentre la vittima è ancora ricoverata in condizioni gravi, le indagini hanno fatto emergere un altro elemento cruciale: nelle chat e sui social gli stessi aggressori commentavano l’accaduto con toni sprezzanti e denigratori, completamente distaccati dalla realtà.
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Cosa è successo
La ricostruzione degli investigatori del Commissariato Garibaldi Venezia ha chiarito la brutalità della dinamica. Il gruppo avvicina il ragazzo con una scusa: prima una sigaretta, poi la richiesta di cambiare dei soldi.
Quando la vittima estrae il portafoglio, uno dei cinque gli strappa di mano una banconota da 50 euro e scappa. Il ragazzo reagisce d’istinto e li segue. È allora che arrivano i calci e i pugni, fino alle coltellate sferrate alle spalle e alle gambe da uno dei maggiorenni con una lama a serramanico.
Le ferite, fanno sapere 'Today Milano' e 'Ansa', si sono dimostrate più gravi di quel che sembravano in un primo momento: un'arteria recisa, un polmone perforato, una lesione al midollo spinale che ha compromesso in modo permanente funzioni motorie e organiche.
Le tracce digitali del branco: chat, commenti e indifferenza
Nel mondo parallelo delle chat, ciò che accade dopo appare persino più disturbante del pestaggio. I cinque iniziano a scambiarsi messaggi e audio in cui parlano della vittima con sarcasmo, disprezzo e una leggerezza glaciale.
È qui che emergono frasi come “Oh, c’è un video dove si vede che lo scanniamo”, “Facciamo una storia su Instagram?”, “Lo hai spaccato”, “Magari schiatta”.
Quando la consigliera ed europarlamentare Silvia Sardone pubblica un video su TikTok denunciando sei accoltellamenti avvenuti in città in un solo weekend, uno degli aggressori commenta: “Il 7 non l’hanno scoperto ancora”.
Come se la violenza fosse un gioco andato a buon fine. Una postura che, nelle valutazioni degli inquirenti, mostra un evidente distacco dalla realtà.
Le mosse degli investigatori e il quadro che porta agli arresti
Le indagini, avviate subito dopo l’aggressione, portano gli agenti a identificare il gruppo grazie alle telecamere della zona, che riprendono i passaggi dell’agguato.
Il 22 ottobre scattano le perquisizioni: nelle abitazioni dei cinque vengono sequestrati il coltello, gli indumenti indossati quella notte e i telefoni con cui si sono scambiati i messaggi.
In commissariato, mentre attendono negli uffici, i giovani tentano di concordare una versione “credibile”: legittima difesa, ubriachezza, perdita di memoria. A un certo punto uno propone: “Diciamo che facciamo un bel gesto, lo andiamo a trovare… siamo pentiti… in realtà non me ne frega”.
Gli arresti scattano per tutti: i due maggiorenni finiscono a San Vittore, i tre minorenni al Beccaria.
Le loro famiglie, descritte come prive di particolari fragilità sociali o economiche, si trovano di fronte a un quadro d’accusa pesantissimo. A uno dei genitori che protesta chiedendo come sia possibile che suo figlio sia coinvolto, un agente risponde lapidario: “Se non ci crede, si legga le carte”.
La prognosi dello studente: danni “permanenti”
Mentre il branco si scambiava messaggi, la vita del 22enne era appesa a un filo, tra diversi interventi chirurgici.
Una delle coltellate ha lesionato irrimediabilmente il midollo spinale, compromettendo la mobilità di una gamba e funzioni vitali. Le carte giudiziarie parlano infatti di danni “permanenti”.
Gli inquirenti, invece, raccontao di una violenza che non si è fermata con l’ultimo fendente: è proseguita nelle chat, nei commenti online, in quel tentativo ossessivo di trasformare un pestaggio in un trofeo da esibire.