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Antipositivismo, naturalismo e Verga scaricato 0 volte

Concetti Chiave

  • Il positivismo emerge nella seconda metà dell'800, influenzato dal capitalismo e da miglioramenti industriali, ma anche da condizioni precarie delle classi sociali.
  • In letteratura, il positivismo si manifesta attraverso il realismo, che evolve in naturalismo e verismo, cercando di descrivere la realtà in modo oggettivo.
  • Emile Zola e il naturalismo francese trattano la letteratura come una scienza dell'agire umano, concentrandosi su razza, contesto sociale e momento storico.
  • Il verismo, sviluppato da Verga, si distingue per la rappresentazione corale della società italiana post-unitaria, spesso attraverso la voce della comunità.
  • Giovanni Verga sviluppa un atteggiamento positivistico e deterministico, rappresentando la società umana come dominata dalla lotta per la vita e il più forte.

Indice

  1. Presupposti
  2. Positivismo
  3. Elementi fondamentali a livello teorico e metodologico del positivismo
  4. Iniziatori
  5. Come il positivismo entra nella letteratura
  6. Precursori del naturalismo francese
  7. Fondamenti del naturalismo francese
  8. Emile Zola - Roman experimental
  9. Chi si deve occupare di questo?
  10. Altre caratteristiche del naturalismo
  11. Soluzioni stilistiche degli autori naturalisti
  12. Elementi e protagonisti del romanzo naturalista
  13. Il naturalismo in Italia
  14. Verismo
  15. Situazione in Italia
  16. La lupa
  17. Narratore
  18. Giovanni Verga - Biografia
  19. Storia di una capinera
  20. Eva
  21. Tigre reale
  22. Progetto di Verga
  23. Le tecniche narrative
  24. Prefazione alla novella “L’amante di Gramigna”
  25. Divaricazione tra naturalismo e verismo
  26. Lettera a Cameroni
  27. Prefazione ai “Malavoglia”
  28. Fiumana del progresso
  29. Forma inerente al soggetto
  30. Questione della lingua
  31. Ambientazione
  32. Il tempo della storia e il tempo del racconto
  33. Struttura dei personaggi
  34. Visione di Verga
  35. Registro linguistico
  36. Il tempo
  37. Lo spazio
  38. Il finale
  39. Il ritorno di ‘Ntoni
  40. Rosso Malpelo
  41. Prima sequenza
  42. Seconda sequenza
  43. Terza sequenza
  44. Quarta sequenza
  45. Quinta sequenza
  46. Sesta sequenza
  47. Settima sequenza
  48. Ottava sequenza
  49. Nona sequenza
  50. Elementi in evidenza

Presupposti

La questione è abbastanza complessa, infatti di solito un un periodo storico si ritrova una sola corrente letteraria, ma ora non è così infatti nei secondo ottocento i movimenti letterari diventano sovrapponibili, nello stesso momento si affermano movimenti e correnti poetiche anche profondamente diverse. (Vi sarà un problema con la denominazione)

Nella seconda parte dell’800 abbiamo il cosiddetto positivismo, che da origine al realismo, poi il naturalismo e il verismo. Quasi contemporaneamente al positivismo, dieci anni dopo, iniziano ad affermarsi già dei movimenti che sono fortemente critici rispetto al positivismo, la scapigliatura e il decadentismo che si dividerà a sua volta in simbolismo ed estetismo.

Positivismo

Vi è stata la spinta del capitalismo, quindi vi sono tanti miglioramenti dal punto di vista industriale; nonostante ciò vi sono molte classi sociali che vivono in condizioni precarie (tenere presente questa duplicità storica): lil termine “positivismo” deriva dalla parola positivus che deriva a sua volta da pono, che significa “poggia sulla realtà”, per cui si può definire come corrente filosofica che rifiuta tutte le concezioni idealistiche e spiritualistiche, portate avanti dal romanticismo.
Il positivismo dice una cosa in più, cioè da vallerai dati positivi, che cioè si posano sulla realtà; il positivismo si basa su fatti che possono essere oggettivamente dimostrati e indagati dalla scienza.

Elementi fondamentali a livello teorico e metodologico del positivismo

La conoscenza va intesa come oggettiva e verificabile: per conoscenza si intende tutto ciò che è scientificamente e oggettivamente verificabile.

Il mondo reale è scientificamente conoscibile, poiché composto da elementi fisici, matematici, e biologici, e chimici.

Tutto legato da rapporti di causa-effetto.

Il metodo scientifico va esteso a tutti i campi del sapere, non riguarda infatti solo la scienza, ma tutti i campi, quindi anche la letteratura, l’antropologia e la sociologia.

Iniziatori

Sono Auguste Compte, con incorso di filosofia positiva, ed è lui che parla della legge die tre stadi, poi l’idea di progresso, cioè inteso come sviluppo necessario, infinito, irreversibile e tendente al miglioramento => il positivismo e la letteratura positivista naturalista (differenza tra naturalismo e verismo) indagano con delle differenze, come in Francia e in Italia d esempio vi è una visione diversa del progresso. Secondo Compte il progresso è per natura tendente al miglioramento.

Altro protagonista è Darwin (darwinismo sociale) e Spencer, dice che la storia dell’uomo evolve secondo un progresso evoluzionistico costante, che va dal semplice al complesso.
Taine applica il metodo scientifico alla storia (metodo applicato tutte le aree del sapere), poi Marx ed Angels (motore della storia basato sulla lotta di classe), Bernard apre le porte alla medicina sperimentale, poi i comici Curie, poi l’antropologia criminale di Lombroso, in quando lui cerca dei tratti fisici nell’osservazione che siano costanti per dedurre guardando qualcuno se ha una personalità criminale o meno: egli è un positivista.
Nell’ambito della linguistica e della filologia introduce il proprio metodo Lachmnann, cioè applica un metodo scientifico rigoroso alle scienze del linguaggio, non semplicemente intuitivo ideato dai precedenti. E’ qui che viene scoperto l’indoeuropeo, già Dante nel De vulgari eloquentia aveva parlato di una lingua prebaberica, cioè una lingua che prima era in comune con tutti ma poi si è diversificata, infatti aveva anche trovato i punti in comune, (studio sincronico cioè comparativo delle lingue per trovare le lingue in comune).

Come il positivismo entra nella letteratura

In letteratura il termine usato di più per indicare il periodo corrispondente al positivismo è il termine realismo, che può essere intesa in modo generale, da parte della critica come una marcata tendenza di un autore a descrivere in modo oggettivo la realtà (nomina sunt consequentia rerunt), oppure da un’altra parte di critica letteraria, come una corrente letteraria molto ampia ed articolata che si diffonde nell’800 soprattutto a partire dalla Francia: da questa accezione di realismo deriverebbero le due grandi correnti del naturalismo e del verismo.

Madame Bovary, scalata sociale che corrisponde con il periodo dell’ascesa sociale della borghesia; lui non vuole invece questa cosa.

Precursori del naturalismo francese

Balzac e Flaubert, poi il primo romanzo considerato l’avvio al naturalismo francese è di due fratelli francesi, Edmond e Jules de Goncourt, pubblicato nel 1865, il nome del romanzo è Germinie Lacerteux.
Il vero e proprio manifesto del naturalismo francese è di Emil Zola, e il Roman experimental, pubblicato nel 1870.

Fondamenti del naturalismo francese

La letteratura è una forma di conoscenza.

Ed in quanto tale, la letteratura deve servire sul metodo scientifico.

Questo si deve basare sull’oggettività e sulla sistematicità.

La letteratura parla dell’agire umano, è per i naturalisti una scienza che si occupa di questo; l’agire umano è deterministico, e si basa infatti su tre fattori: la race, la milieu e il moment, il comportamento umano lo possiamo conoscere cioè (metodo del Lombroso), dalla razza di appartenenza, il contesto sociale e il momento storico in cui si vive; quindi ogni aspetto di tipo spiritualistico è escluso.

Emile Zola - Roman experimental

Anche il pensiero e le passioni umane sono regolate da legami di causa-effetto, quindi conoscendo queste leggi si possono anche prevenire e modificare.
Lui parte quindi dal presupposto positivista, per cui tutto è deterministico, determinati da leggi conoscibili, quindi come si può conoscere elementi riguardanti il corpo umano, si possono gestire anche le passioni umane, si può conoscere il proprio cervello come una parte della strada, è l’applicazione del metodo scientifico a tutto, per cui la conoscenza è legata solo a ciò che appartiene alla realtà fisica ed oggettiva.
Minority Report parla di un mondo futuro in cui non ciò sono più criminali, poiché hanno un algoritmo in cui si può prevedere il pensiero d’una persona, per cui arrestano i criminali prima che loro compiano un azione delittuosa: tutto è basato su un algoritmo che calcola il funzionamento in determinati ambienti e circostanze e provenienza di una persona, è una questione probabilistica.
Quindi chiaramente è annullato il libero arbitrio, il poter scegliere di fare una determinata azione, e anche tutto ciò che è legato al caso, per cui conosco tutte le leggi che stanno alla base del funzionamento intellettuale, passionale psicologico della mente umana e a quel punto posso prevenire, cambiare, o sapere perfettamente cosa accadrà.

Chi si deve occupare di questo?

La letteratura, poiché attraverso il genere del romanzo “sperimentale”, si può indagare assieme ad altre discipline questi meccanismi.

Questo nuovo romanzo non deve essere idealista, quindi fatto da congetture, ma deve essere un romanzo di osservazione: questa è la prima cosa che deve fare lo scrittore assieme allo sperimentare.
Quindi nonostante io non sappia ancora come funziona la mente umana le sue passioni, dato che nell’ambito della scienza dell’uomo vi è confusione, il metodo nonostante ciò è questo.
Chi scrive un romanzo, dal momento che tutta la realtà compreso l’uomo e la sua mente, ha un’impostazione deterministica, tutti i fenomeni umani procedono grazie a questo, anche la letteratura deve usare come metodo il metodo scientifico, partendo non da congetture ideali, ma dall’osservazione della realtà.
Dice che non vuole formulare delle leggi poiché siamo ancora indietro, la razza ha un’influenza sulle passioni e sulle caratteristiche intellettuali dell’uomo, come va considerato il contesto sociale: la fisiologia ci spiega il meccanismo del pensiero e delle passioni, sapremo quindi come funziona la macchina individuale dell’uomo, come procede dalla ragione alla passione.

Altre caratteristiche del naturalismo

Dal punto di vista della narrativa, i positivisti scelgono il romanzo come genere prediletto, usano la tecnica della regressione, il narratore deve, cioè, a differenza del verismo in cui la voce narrante scompare proprio, qui invece più che la scomparsa la simulazione della voce narrante, e nel naturalismo, è meno impattante e meno perfetto del verismo, non raggiunge l’innovazione e la perfezione formale che si troverà nel verismo, qui la voce narrante non scompare, e il punto di vista del narratore lo si comprende.
Poi vi è l’impassibilità, il narratore e l’autore, cioè, deve apparire estraneo ai fatti, questo da garanzia dell’oggettività, la descrizione oggettiva del reale, e fine documentario.
Molto spesso nei romanzi naturalistici, troveremo descrizioni di vita reale, (movimenti di classi operaia, realtà della piccola borghesia), anche spesso squallide degli ambienti, poiché il fine è documentaristico, per cui gli autori naturalistici descrivono il comportamento dei loro personaggi. In determinati ambienti, e spesso sono quelli in cui la vita si fa più cruda, in cui ci sono delle condizioni di vita peggiori (dove escono gli istinti profondi), perchè per il naturalismo, la letteratura deve servire a comprendere e studiare la realtà oggettiva, comprenderne i meccanismi (psicologici, passionali) per poterla cambiare, dato che solo se ne conosco tutte le sfaccettature, potrò poi cambiarle.

Il naturalismo vuole reagire all’intimismo romantico, definito “odioso io” e alla “schiuma del cuore”, per proporre l’impersonalità, eliminando ogni elemento lirico, escludere l’elemento soggettivo dalla narrazione:
Questo è quello a cui si tende, ma i naturalisti non ce la faranno in modo completo, non arriveranno a quella perfezione formale a cui tendono, cioè il naturalismo non realizza, non porta a compimento a livello di tecniche narrative, quella impersonalità a cui anela, lo farà il verismo, in particolare Verga.

Soluzioni stilistiche degli autori naturalisti

Queste sono molto diversificate e non sono particolarmente innovative rispetto alla letteratura italiana verista. Tra di loro utilizzano tecniche diverse tra di loro, non vi è un’uniformità completa nell’uso di tecniche narrative, nonostante sia un movimento che vada avanti in modo compatto, non sono così complete nella ricerca dell’impersonalità.

Zola usa come tecniche narrative il gergo, che è quello proletario parigino (è molto crudo, analizza i bassi fondi della società dell’epoca), accanto al linguaggio colto e letterario che non viene meno, cosa che loro avrebbero voluto fare per raggiungere l’impersonalità, il narratore alto non scompare completamente, cioè quello per cui ci accorgiamo che dietro al narratore c’è l’autore.
Presenza di una dimensione simbolica che fa comprendere il pensiero dell’autore, non come in Manzoni, il romanzo di Zola fa intravedere al lettore il suo parere.

Anche in Flaubert il narratore non è onnisciente, corrisponde con il pensiero dei personaggi (in Manzoni abbiamo sia il punto di vista del narratore che quello dei personaggi stessi), mentre qui il punto di vista è solo dei personaggi.
In lui vi è l’uso di una del tecniche narrative più importanti usate dai veristi e naturalisti, il discorso indiretto libero.
Vi è poi la contrapposizione tra la realtà il sogno di ciò che si vorrebbe, questa divaricazione tra sogno e realtà, prende il nome di bovarismo, elemento caratterizzante del romanzo di Flaubert.

Elementi e protagonisti del romanzo naturalista

Grande protagonista della seconda metà dell’800 e del 900 è la borghesia, ma anche il proletariato urbano, grande differenza con il verismo, infatti in Italia non c’è l’urbanizzazione che c’è in Francia, infatti i protagonisti dei Malavoglia sono dei pescatori.
Verga quando aveva a l’obbiettivo di descrivere tutte le classi sociali, non lo porta a termine, perché quando deve descrivere l’alta borghesia, non la sente sua.

Scopo etico, i naturalisti vogliono analizzare i meccanismi che regolano i comportamenti e le passioni all’interno di queste classi sociali. Questi protagonisti sono spesso anti-eroici, che possono essere prostitute, o persone di bassi fondi, gradini dal semplice al complesso, infatti l’osservazione procede dal particolare all’universale, quindi si analizza prima la classe più bassa poi, quella più alta.

Volevano analizzare i cambiamenti politici ed economici che devono avvenire dall’interno, che animano una determinata classe sociale.
Ecco perchè i protagonisti sono delle classi sociali più basse, perché io per capire cosa succede nell’ambiente familiare, o del proletariato, nella piccola borghesia, devo trovarmici all’interno, i miei protagonisti, cioè, dovranno avere la mentalità di quella classe sociale che io sto indagando: in questo modo si potranno conoscere. Quindi determinare i meccanismi della psiche umana.

Il naturalismo è ottimista nei confronti della scienza e della tecnica, infatti abbiamo letto nell’introduzione al romanzo sperimentale di Zola, si pensa che si possano raggiungere la felicità, l’ordine e la giustizia mediante la scienza e la tecnica.

Ottimismo non significa che i loro romanzi siano allegri, questi anzi, descrivono gli aspetti negativi della società dall’interno, con lo scopo di conoscere i meccanismi della società, della mente, della psiche, delle passioni, come un giorno il medico conoscerà il corpo umano, e si arriverà ad un mondo perfetto.

Il naturalismo in Italia

Il naturalismo ha una grande diffusione in Italia, per cui vi sono vari autori che non sono né naturalisti che veristi, che sono definiti “nell’orbita del naturalismo”, cioè, che ne riprendono alcune caratteristiche temi, in modo molto vago. In toscana Carlo Lorenzini, Grazia Deledda in Sardegna.

Verismo

Il verismo, invece, al contrario del naturalismo, non ha un manifesto (nel naturalismo, Zola); il verismo nasce a Milano ed è elaborato da due galantuomini, cioè Luigi Capuana, e Federico de Roberto, raggiunge il suo apice con Verga: del primo si ricorda Giacinta, Profumo, e il Marchese di Roccaverdina, mentre del secondo il Viceré.

Questo si afferma in Italia nell’ultimo trentennio, circa dal 1870 fino alla fine del secolo: l’apice della produzione verista è quella va dal 1875 al 1890 (opera di verga scritta nel 1880); molto spesso questa corrente si sovrappone ad altre tendenze, infatti prima si aveva solo solo una corrente in un periodo, incede ora si accavallano tra di loro.
Nel momento in cui abbiamo il verismo, quindi, già inizia a diffondersi il decadentismo, il simbolismo, l’estetismo, quindi avremo un decennio e più di questo, in cui avremo contemporaneamente autori veristi e d’Annunzio.

Situazione in Italia

Qu vi è una condizione diversa e più complicata rispetto agli altri stati, poiché vi è stata l’unità d’Italia.
Troviamo l’onda lunga della retorica risorgimentale, poiché vi è il prolungarsi di una letteratura legata al risorgimento (che vuole creare una coscienza nazionale ), che continua ad esserci anche dopo l’unità d’Italia affianco al verismo italiano.
Di questa onda lunga ne fanno parte tutti quei letterati che rientrano nella questione della lingua, una questione nazionale, che deve essere la lingua dei valori, della cultura, della morale, della comunicazione fra uomini politici e letterati, tra italiani, vi è un’esigenza: abbiamo visto Manzoni, ma anche quella portata avanti da Isaia d’Ascoli, Carducci, d’Ovidio.

Affianco a questa vi è tutta la questione che è l’altra faccia della medaglia, legata alla delusione post risorgimentale, che influirà molto nel verismo, infatti il risorgimento, con la sua piemontizzazione, non ha portato a quei cambiamenti ai quali speravano anche i letterati dell’epoca. Quindi le problematiche soprattutto del’Italia meridionale legate all’unità d’Italia stessa.
La scapigliatura, l’altro movimento he va in parallelo più o meno nel verismo, rientra in quest’ambito, infatti questo movimento porta avanti la questione legata al ribellismo, all’anti conformismo, quindi la negazione di quei valori borghesi che avevano caratterizzato la letteratura risorgimentale.

La lupa

Pubblicata nel 1880, novella di Verga di stampo verista, e fu Luigi Capuana a recensire tutta la raccolta e quindi anche questa novella.

Viene presentata subito la protagonista, cioè la protagonista, che già il nome non è casuale, infatti i lupanari erano i bordelli; ma lei non è una prostituta, ma viene definita dalla gente del suo paese come tale. E' estremamente sensuale e attraente: ha una figlia in età da marito e fa sfoggio di questa sua sensualità, quindi attrae gli uomini del paese.

Se li spolpava, uso metaforico del verbo che da l’idea del desiderio carnale, famelico.
La lupa ha la caratteristica di essere famelica (Dante): in questa novella vi son riferimenti danteschi, come il fatto che è molto magra, è famelica (si dice che mangia gli uomini con gli occhi).

Lei viene finita la cagnaccia, quindi un termine dispregiativo, mentre i figli sono definiti figliuoli, quindi come se non hanno fatto niente di male, il problema è lei che viene rappresentata in modo negativo.

Contrapposizione di colori, lei è pallida, ma su questo spuntano delle labbra rosse, infatti i colori sono molto importanti, sono il rosso è il colore della passione e della sensualità.

La donna non frequenta la chiesa come le altre, persino il prete si era innamorato della sua sensualità: un’altra contrapposizione, vi è la deresponsabilizzazione del prete, infatti dice, quell’uomo che non avrebbe mai fatto qualcosa di contro la sua natura, perde la testa per la donna.

In questa novella, che è ambigua, nel rapporto tra donne vinte e vincitrici, (vincitrice), qui abbiamo due donne, madre e figlia, e qui la cosa si fa complicata, dato che la madre diventa l’amante del marito della figlia:è un discorso che sembra semplice ma è complesso, infatti lei sembra la vittima di una società che l’ha stigmatizzata per la sua bellezza e sensualità, e perchè non è come le altre donne, non va in chiesa, e attore i mariti delle altre, anche nonostante la sua età, è una cagnaccia. Quindi vi è la deresponsabilizzazione del contesto in cui si trovano.

Introdotto un altro personaggio, che è la vittima che sta in disparte, l’Amaricchia, lei piangeva perché sapeva che nessun bravo ragazzo l’avrebbe mai sposata: lei è il contrario della madre.

La lupa una volta si innamora di un ragazzo, Nanni, che era stato in guerra ed era tornato, e questa, che aveva sempre fatto degli uomini quello che voleva, un giorno si innamora davvero di un ragazzo giovane con un passione enorme, e provava un desiderio come la sete che si sente durante le giornate di giugno.

Lei provava con la sua sensualità a sedurlo, e lui continuava a fare il suo lavoro:

L’ambientazione qui è il sole che arde, lavorano tutte e due nello stesso campo, e lei pur di stare accanto a lui, non fa altro che lavorare tutto il giorno sotto il sole ardente (nei Malavoglia fa da padrone il mare, il cielo, se ne vanno di notte per non essere visti, non essere ancor di più umiliati): come se l’ambiente non fosse solo l’ambiente siciliano in cui avviene ala novella ma rappresenta anche la passione della lupa.

Verga è un verista, quindi presenta un’oggettività assoluta, ma si può notare un lirismo unico anche figlio dell’influenza della tradizione italiana.

Lei dice: “Te, voglio!”: iterazione del pronome personale te e l’uso del verbo volo, quindi lei esplicita la sua passione amorosa, carnale, non dice “ti amo”: ci gioca anche perché ne alterna la posizione nei versi, vi è il chiasmo.

Lui le risponde che vuole la figlia, allitterazione della v.

Lei porta la figlia davanti a Nanni, chiedendole se lo vuole, ma lei non solo non lo vuole, mai sa che la madre ha questa passione per il ragazzo: la differenza tra le due donne, Amaricchia è quasi sempre silente, e lo rimarrà quasi per tutta la novella, non parla mai direttamente, e lui chiede la dote per lasciarla, e lui le dice che le da anche la sua casa, a patto che lui rimanesse a dormire da loro, chiede un cantuccio.
Lei poi quando torna a casa, dice che non vuole questo matrimonio, e le dice a denti stretti (quasi l’aspetto del diavolo infernale), ed afferrandola per i capelli, dicendola che se non lo sposa l’avrebbe ammazzata.

Abbiamo un salto temporale: i due si sono sposati e la lupa non si comporta più come prima, ovvero che usciva di casa per guardare gli altri uomini, è quasi malata. Non è una malattia fisica, questa è la malattia per la passione che ha nei confronti di Nanni, che nel frattempo ha sposato la figlia, lei ha gli occhi spiritati e ogni tanto anche Nanni la guarda.

Nanni tira fuori il soprabito su cui c’è l’immagine della Madonna, per tenerla lontana, senza cadere in tentazione, cedendo a questa: il salto temporale aumenta perchè nel frattempo hanno fatto anche dei figli.

La lupa continua a lavorare, incessantemente anche con il caldo, ma nell’ora in cui tutte le donne stanno a casa con quel caldo, l’unica che si aggira per la campagna (immagine del lupo solitario), è la lupa, sotto l’aafa, che viene definito da Luperini quasi come un paesaggio “mitico”, con l’Etna, la nebbia di afa, “lontano, lontano”

Un giorno Nanni nel periodo della calura si riposa sotto l’albero, e lei gli dice di svegliarsi e l’avrebbe rinfrescato con del vino; lui in realtà è preso per lei, e la caccia, nessuna buona femmina viene qui a quest’ora, e si mette le mani nei capelli come per dire “non voglio cedere”.

Gli occhi neri come il carbone, epiteta describentia, qualcosa di mitico nel suo personaggio (concezione di mitico diversa in Verga).

Lei nonostante ciò ci torno nell’Aia altre volte, e Nanni non le disse nulla, non la caccia, inizia anzi una relazione passionale: vi è sempre questo doppio comportamento di Nanni, che va ad aspettarla se lei tarda, sulla collina bianca, e poi, le dice di non tornare più.

La figlia capisce che i due hanno una relazione, e piange, le uniche parole che sentiamo dire è “scellerata”: gli incesti erano vietati per legge all’epoca, era un crimine sacrilego, non solo una questione di legge, andava contro le basi della famiglia, del pudore, quel pudor di cui parla Lucrezia.

Alla fine Amaricchia si era innamorata del ragazzo, e va a denunciare la madre e Nanni: Nanni non nega, dice che è la tentazione, lui addirittura chiede di essere messo in galera.
Lei dice che è stato fatto un contratto nel momento in cui si sono sposati, per cui lui non se ne andrà; lui ha un incidente sul lavoro, e dice che non le avrebbe mai dato l’autorizzazione a tornare a casa senza che la lupa uscisse da lì.
Lui sta per morire, e poi viene detto che sarebbe stato meglio fosse morto così che non sarebbe più stato tentato: si parla addirittura di incantesimo.

Lui continua ad avere una relazione con lei, ma non sapeva come fare, chiede aiuto a più persone, fa anche la punizione, si confessa, e tutte le volte che si incontrano nell’aia lui le dice di andarsene fino a quando non la minaccia di ucciderla.

Altro stacco temporale: vi è subito la scena finale, da lontano, smette di zappare e lei continua ad andare verso di lui, lei ha in mano un fascio di papaveri rossi in mezzo ai campi verdi, si vanno incontro insieme, e lei, mangiandoselo con gli occhi neri, balbettò “Nanni”.

Viene interpretato come la fine tragica dell’eros, è una scena quasi mitica, molto teatrale: i papaveri rossi sono il segno della passione.

Narratore

Non si comprende di chi sia la colpa tra i personaggi, il narratore è corale, è una novità di Verga, mentre il punto di vista è della comunità all’interno della quale i personaggi sono inseriti, non è Verga che assolve o condanna la lupa, è la comunità che presenta i personaggi per come sono visti nel contesto in cui si trovano, infatti è vista da questa come una mangiauomini, come un diavolo, è la comunità che assolve Nanni dalla tentazione, non Verga. E’ la comunità che giudica per l’ottica di quella società, non significa che l’autore sia d’accordo, Nanni è tanto colpevole come lei.

Vediamo per la prima volta questa tecnica narrativa e questo punto di vista, che è lo stesso presente nei Malavoglia. Vi è un narratore corale e il punto di vista non è mai quello dei singoli personaggi, si trova questa modalità nelle opere veriste di Verga.

Giovanni Verga - Biografia

Nasce a Catania nel 1840, e non è subito un autore verista, infatti il suo maestro, Antonio Abate, era un patriota che lo forma inizialmente alla letteratura romantica e patriottica: infatti l’onda lunga del risorgimento era andata avanti molto.

Tra le opere troviamo Amore e Patria, e i Carbonari della montagna, sulle Lagune.

Poi Verga si trasferisce a Firenze, intanto in tutto questo periodo, tra la letteratura inglese legge Byron e legge si romanzi storici che romanzi di stampo romantico.
Conosce Capuana, ma in questo momento entra anche nei salotti della Firenze aristocratica, ed i romanzi che scrive in questo periodo rispecchiano questo ambiente da lui frequentato, infatti scrive Una peccatrice nel 1866 e Storia di una capinera nel 1870, è un romanzo breve di un’altra donna vinta, costretta dalla famiglia a farsi suora (collegamento con Dante), la mamma di questa muore da molto giovane.

La prima fase, quindi, della sua vita, sono gli anni della formazione: lui viene formato da un sacerdote che soprattutto è un patriota repubblicano che aveva partecipato ai moti del 48; legge molte opere romantiche e risorgimentali, come le Ultime lettere di Iacopo Ortis, I Promessi sposi, poi i romanzi che uscivano a puntate (come il Conte di Montecristo).
Dal punto di vista filosofico, sappiamo che si accosta alla filosofia di Hegel: ne consegue che in questo periodo anche la sua produzione (di romanzo), sia di tipo romantico e risorgimentale. Questi sono romanzi caratterizzato da un intreccio politico amoroso; questa produzione letteraria vien definita come provinciale attardata del romanticismo patriottico, cioè che nel resto dell’Europa, già il romanzo storico era in declino, si andava esaurendo, era già stato sostituito dal cosiddetto romanzo confessione, a cui si era dedicato anche Ippolito Nevio con le Confessioni di un italiano, quindi si può dire che Verga sia un po’ attardato, questo tipo di anche soluzioni formali trovate da Verga, sono già soluzioni sperimentate (narratore onnisciente, stile manzoniano, impianto elementare in cui si contrappone il male e il bene, in cui spesso ci è un rovesciamento di situazione). Nel 58, poi, si iscrive a giurisprudenza, ma la lascia dopo due non, infatti lo volevano i genitori: biondi sceglie di seguire la sua indole narrativa, ma prima di questo partecipa attivamente alla vita sociale siciliana e catanese, e questo è importante perchè spesso Verga viene visto come un autore conservatore, e anche un autore abbastanza introverso e appartato, ma non è così: questi aspetti del carattere di Verga si accentuano nel tempo e sono elemento caratterizzante dell’ultima fase della sua vita, ma Verga inizialmente quando lascia gli studi di giurisprudenza, si iscrive nella guardia nazionale (quella voluta per sopprimere le agitazioni sociali da Vittorio Emanuele II e Garibaldi). Fonda la rivista Roma degli italiani, cioè che era a favore dell’unità d’Italia, e non aveva un’impostazione conservatrice nel senso più rigido del termine: nel 65 decide poi di trasferirsi a Firenze, che in questo periodo diventa la capitale d’Italia, e quando ci va lui era già importante a livello letterario, quindi dal 65 ala 72 decide di trasferirsi lì.
Conosce letterati che lo influenzeranno molto nella sua produzione, uno è Francesco dall’Ongaro, un critico letterario che lo aiuterà molto nella pubblicazione delle sue opere, poi una donna, Caterina Percoto: nel 71 poi scrive un romanzo epistolare molto importante, Storia di una capinera.

Nel 72, lui spesso torna a Catania, ma in questo anno si sposta a Milano, in cui rimane fino al 93: in questo periodo frequenta degli importanti salotti milanesi, che sicuramente, come accaduto da Foscolo, sono gestiti da donne di spessore culturale dell’epoca, in questo caso Clara Maffei, e Vittoria Cima, e qui conosce gli scapigliati, quindi Boito, Praga, Gualdo, più tardi anche Tarchetti, (Fosca). Poi scrive altri romanzo, nel 73 Eva, nel 75 Tigre reale ed Eros, poi nel 74 una novella, Nedda.
Nel 77, invece, arriva a Milano Luigi Capuana, e qui inizierà la svolta vera e propria della letteratura verghiana: il soggiorno milanese si suddivide in soggiorno preverista e soggiorno verista, inizia il periodo verista quando entra in contatto con capuana.
Caterina Percoto, di cui diventa molto amico, lo influenza molto: lei infatti era una scrittrice del filone filantropico sociale, cioè che guardava alla letteratura con un interesse sociale, non aveva niente a che fare con il naturalismo francese, ma la sua letteratura, anche se lei non aveva aderito al verismo, che non ha ancora un’anima forte in questo periodo, qua aveva un interesse per tutti i meccanismo sociali che sono alla base del comportamento umano, aveva un’interesse pre questo campo, quindi anche le usanze, i costumi, quando questi e l’ambiente influenzino sull’uomo, ma senza mai aderire al verismo.

Storia di una capinera


Storia di una capinera viene letta infatti, dalla critica, in questa iv è uno scambio epistolare sia tra Verga e ala Percoto, da Verga e dall’Ongaro: dal pan to di vista della struttura narrativa non vi è niente di che, in fatti la lingua usata ad Verga è la scelta manzoniana, il fiorentino omonimo, usato nei promessi sposi. Dal punto. Di vista della struttura, è un romanzo epistolare, come le Ultime lettere di Iacopo ortis, ma vi è qualcosa di diverso dal punto di vista dei temi, la Percoto gli fa i complimenti, poiché è basato su una denuncia sociale, non più un tema risorgimentale, e non solo questa, ma la scelta di un personaggio semplice ed escluso: questo personaggio è quasi anti-eroico, e poi il motivo economico.

Infatti, questo romanzo, è la storia di una ragazza la cui madre muore quando aveva 6 anni, il padre si risposa con un’ereditiera con cui ha altri due figli, e a un certo punto, su spinta della madrina, decidono di mandare la prima figlia in convento. E’ quasi spontaneo il fatto di farsi suora, vive quasi tutta la sua vita, ma poi scoppia un’epidemia di colera, e il vescovo ordina a tutte le novizie di tornare a casa a loro fino a quando l’epidemia di colera non è passata, quindi lei torna dalla sua famiglia, che nel frattempo si è trasferita, e in Campania incontra questo ragazzo, Nino, che si innamorano: lui è un benestante che vorrebbe sposarla, ma quando la matrigna ha già in mente di’ posare sua figlia con Nino, e capisce che tra i due è nato l’amore, decide di rimandarla in convento. Lei cerca continuamente di trovare una ragione di essere lì, ma poi la pazzia prende il sopravvento, infatti viene isolata in una stanza in cui muore. La sorella e il marito, quello che lei amava, si sposano, e vanno ad abitare in una casa che lei dal convento può vedere, quindi questo la fa impazzire.

Quando Caterina percoto definisce il romanzo di Verga un romanzo di denuncia sociale, lui voleva scrivere una storia intima, cioè una storia che mostra la storia dell’intimo anti-eroico di un personaggio che è semplice e perdente, infatti essendo un romanzo epistolare, il libro è visto dall’ottica di questa ragazza esclusa dal mondo, infatti è costituito dalle lettere che lei scrive da un’amica, anche lei una novizia che però era uscita dal convento.

Eva

In Eva si aggiunge un tassello maggiore, infatti abbiamo il tema dell’inautenticità, ed il trionfo degli interessi materiali, che predominano anche nei Malavoglia.
Eva è una ballerina di cui un giovane siciliano si innamora, lei sa bene che il loro amore è inautentico, nel senso che se lei dovesse cedere alla sua proposta di vivere insieme, si scontrerebbero con lo squallore della vita reale, fino a che si lasciano, lei lascia lui e va da u altro, poi lui ritorna in Sicilia in cui Eva muore.

Tigre reale

Tigre reale viene definito un romanzo “da salotto”, così anche Eros, un elemento importante ce lo dia Nedda, non dal punto di ista delle tecniche narrative, ma per la prima volta in Nedda c’è un’ambientazione siciliana (ambientazione rusticana), mentre in Eva tutto si svolge a Milano: Nedda viene definita un bozzetto siciliano.

Nel 77 arriva Capuana, conosce poi anche Caveroni, e nel 78 legge l’ammazzatoio di Zolà, che era stato recensito dal Capuana, legge l’Inchiesta in Sicilia, si interessa alla questione meridionale scoppiata in questo periodo qui, poi viene pubblicata un’altra lettera meridionale, di Villari, entra proprio nella letteratura francese in modo potente, si prova proprio un gruppo di lavoro, infatti la loro idea è quella di scrivere un nuovo romanzo italiano, che contenga il nuovo aspetto naturalistico: si propongono di leggere gli autori naturalisti perchè vogliono fondare un nuovo romanzo che abbia questo come punto di riferimento.
Sulla base di questo fermento, di questo studio così assiduo, nel 78 Verga pubblica Rosso Malpelo, nell’80 la prima raccolta di novelle veriste, Vita dei campi, nell’81 I Malavoglia, nell’80 Novelle rusticane e Per le vie, e intanto scrive un dramma scenico nell’83, Cavalleria rusticana, proposta in italiano da Eleonora Duse, avrà grande successo. I malavoglia inizialmente non verranno capiti, avranno successo più avanti, e anche la Coscienza di Zeno, quando coppia il Casus Svevo. Un’altra raccolta di novelle che si chiama e nell’89 Mastro don-Gesualdo: Verga scrive romanzi per il grande pubblico, il Marito di Elena e Drammi intimi.

Progetto di Verga

Lui aveva intenzione di scrivere il cosiddetto Ciclo dei vinti, cioè 5 romanzi, che però non riesce a concludere, quindi ne scrive solo due, I Malavoglia e Mastro don-Gesualdo.

Nel 93 lui decide di tornare a Catania, qui si chiude in sé stesso, diventando sempre più conservatore e reazionario, quasi di un pessimismo scettico, nel 1920 quasi inaspettatamente viene nominato senatore dallo stato italiano, e durante questo viene pronunciato da Pirandello il Discorso su Verga, in cui esalta questo scrittore italiano, ma proprio quando sarebbe potuta cominciare una nuova fase della sua vita, Verga si ammala e muore due anni dopo, nel 1922.

Lui dal punto di vista filosofico sviluppa un atteggiamento positivistico, naturalistico e deterministico. Lui come il naturalismo francese ottiene che l’approccio della letteratura deve essere scientifico e oggettivo, cioè basato sull’analisi e lo studio dei fenomeni reali: poi abbraccia l’idea naturalistica e deterministica secondo cui il comportamento è determinati dai tre fattori francesi, cioè quelli che avevano già individuato gli autori naturalisti, quindi l’atteggiamento dipende dai bisogni materiali, dal leggi economiche e via dicendo.

Lui sosteneva che la società umana è dominata dal meccanismo della lotta per la vita (darwinismo sociale), meccanismo che è spietato, e colpisce necessariamente il più debole.
Quindi anche tutti quegli ideali che sono in una società, tipo l’altruismo, in realtà non ha nessun riscontro nella realtà effettiva, questo perchè la vita è dominata solamente dalla ricerca dall’utile e dalla prevaricazione del più forte e del più debole, questo perchè fa parte del meccanismo della vita. Questa legge è universale, contro questa non ci può fare niente nessuno, è immodificabile poiché costituita dell’uomo e della società umana, quindi è materialistica, deterministica atea, nessuna dimensione trascendente come in Manzoni.

Questo meccanismo è presente in tutte le classi sociali secondo Verga, quindi non vi è questa idea che il povero è solo sfortunato e in realtà p buono, questo meccanismo darwinista, dove c’è il più forte che annienta il più debole, è in tutte le classi, ma le modalità con cui questo tipo di meccanismo si manifesta è completamente diversa: nelle classi sociali più basse la lotta per al sopravvivenza, mentre nelle classi più alte si manifesta con arrivismo, invidia, vizi morali come la corruzione.

In ciascuno i questi romanzi voleva trattare questo meccanismo partendo dalla classe sociale più bassa, quella dei Malavoglia, per arrivare alla più alta, propria dimostrando che ogni classe sociale è caratterizzata da questi meccanismi materialistici, l’ultimo di questi è L’uomo di lusso.

Dal momento che nella classe più bassa c’è la lotta alla sopravvivenza, questi meccanismi sono più visibili poiché legati alla carnalità. Inoltre, ci sono luoghi che influiscono molto al scrittura dell’autore, e spesso questi luoghi sono molto estremi.

Le tecniche narrative

I canoni della poetica verghiana e le tecniche usa da quando si converte al verismo sono sintetizzate nella Lettera a Farina, che viene pubblicata nel 1879 sotto forma di prefazione alla novella L’amante di Gramigna, poi vi sono la Lettera a Capuana e la Lettera a Cameroni.

Prefazione alla novella “L’amante di Gramigna”

Questa ha la forma della lettera indirizzata a Farina, un romanziere dell’epoca che Verga aveva conosciuto a Milano.

Faccia a faccia con il fatto nudo e schietto:
Verga non scriverà attraverso la lente dello scrittore, cioè non c’è il filtro di uno scrittore giudicante, i fatti vengono presentati così come sono: è un documento umano, cioè in cui parlerà di fatti che non sono solo tematiche storiche e sociali, che tratta di cosa accade agli uomini, quindi nelle loro vicende che verranno presentate: questi fatti non saranno presentati con il filtro di un narratore onnisciente e giudicante, così come avveniva per eccellenza nel romanzo manzoniano e nel’800 in generale.
Siamo di fronte alla tecnica narrativa dell’impersonalità, ovvero che sembra che i personaggi parlino da sé, e questa si ottiene mediante l’eclisse del narratore, cioè, viene a mancare, come dice Verga, la lente dello scrittore, scompare, sembra non esserci.

Questo chiaramente non significa che Verga non abbia un giudizio etico sulle vicende che accadono nei Malavoglia, cioè ha una visione estremamente pessimista.
La morale di don Silvestro, ad esempio, è spietata, pensa al proprio tornaconto personale, questo è un pensiero che ha il lettore, e la particolarità è che questo non se ne rende conto, i fatti vengono presentati per come sono e il lettore forma da sé il giudizio (impersonalità).

Non vi è l’autore, come in Manzoni, che mediante l’ironia esprime il suo pensiero, il giudizio in questo libro si forma sull’ingiustizia di questa società, l’atteggiamento e i comportamenti dei personaggi, che parlano da soli con la loro voce: questo fa si che il giudizio del lettore coincida con il giudizio di Verga.

Infatti il romanzo deve essere un documento umano, che non deve quindi parlare mediante la lente dell’autore, ma il lettore si deve trovare faccia a faccia con il fatto nudo e schietto, e siccome è un ritratto oggettivo di quello che è il sentire di quella società ed i suoi meccanismi, l’idea può essere solo una.

Lui sostiene che non sia solamente una questione di scientificità, Verga va più a fondo nelle cose, si chiede perchè vuole adottare questo metodo per cui parlano i fatti stessi:
Non per l’atteggiamento di Zola, che vuole “fare lo scienziato”, dicendo che conosceranno tutti i meccanismi della mente umana fino a gestirla, mentre Verga arriva in modo più efficace, è il fatto umano che fa pensare, le lacrime, le sensazioni che sono passate per la carne, il misterioso processo per cui le passioni si snodano, quindi noi vivremo le cose come se ci riguardassero.

Divaricazione tra naturalismo e verismo

Il semplice fatto umano farà pensare sempre:
Zola sostiene di poter arrivare a conoscere la mente umana fino a poterla smontare e rimontare a piacimento, gestendola, arrivando a costruire una società perfetta.
Invece Verga dice che i fatti li presenta come sono, in modo oggettivo, perchè in ogni caso il cuore è misterioso, è talmente complesso che io non uso il metodo dell’impersonalità per pensare di poter gestire, anzi ne mostra il suo mistero ineludibile, nella sua complessità, tutti e due arrivano al fatto che noi non riusciamo a raggiungere il controllo.

Semplicemente noi usiamo un metodo diverso, più intimo, fino allo sviluppo logico:
Verga ha un pessimismo che non c’in Zola, non ha la presunzione di pensare che la società diventerà perfetta, ha un fatalismo che non è dei naturalisti, rimane quel mistero che lui come autore oggettivamente testimonia.

Lui dimostrerà che vi è un legame oscuro tra causa ed effetti.

Dice che quando si riuscirà completamente a far scomparire l’autore, il fatto sarà reale, sembrerà essersi fatta da sé, il lettore quindi capirà da solo il mistero delle passioni umane, le cause e gli effetti, e finalmente l’autore si libererà del peccato originale dell’autore, quindi non sentirà più la necessità di raccontare la propria opinione, essendo umile.

In Zola invece vi è un ottimismo naturalista, che sostiene di riuscire a conoscere tutte le cause e gli effetti per poi governare gli uomini, quindi tutti i meccanismi saranno conosciuto e creeremo uomini che non compreranno più queste cose.

Stesso meccanismo nei Malavoglia, come se il lettore si muovesse nel contesto assieme ai personaggi, ed in questo caso abbiamo assunto l’ottica di Verga, e mano a mano comprendiamo i vari personaggi e le dinamiche. Deve scomparire ogni artificio letterario per trasmettere la realtà in modo oggettivo.

Lettera a Cameroni

I malavoglia furono da parte della critica apprezzati, ma da parte del pubblico no.

Caveroni sul Sole 24 ore fa uscire un articolo in cui dice che i malavoglia non avranno molto successo tra i lettori ma sarà un capolavoro: dice che sapeva che non avrebbe fatto molto successo, ma il nuovo romanzo non può che essere dell’impersonalità. Lui non ha voluto dare una presentazione a priori dei personaggi.

Tecniche narrative per raggiungere l’impersonalità:
L’autore si deve eclissare: non ha il diritto di giudicare (facendo come Manzoni che svela subito ciò che è bene e ciò che è male), perchè questo privilegio lo ha il lettore osservando i fatti.

Anche mediante la coralità: il narratore è corale.

La regressione: il narratore e il punto di vista diventano quelli di un personaggio, fa coincidere il punto di vista con quello della comunità.

Soluzioni linguistiche per raggiungere l’impersonalità:
Il discorso indiretto libero: a differenza del discorso diretto, che possiede le parole esatte del personaggio, con i due punti e le virgolette, questo ha la presenza dei verbi di dire. Il discorso indiretto ha invece i verbi di dire, non vi è la punteggiatura ma la congiunzione subordinante che introduce le parole dei personaggi, ma queste sono espresse in terza persona. Questo è simile al discorso indiretto ma non ha i verbi di dire e non ha la congiunzione subordinante.

Uso continuo di proverbi e modi di dire popolari (siciliani): non significa usare il dialetto, anche se a noi sembra che lo faccia. Quindi il linguaggio tende alla cadenza siciliana ma in realtà è italiano.

Straniamento: questa consiste nel presentare come logico qualcosa che in realtà inverte i parametri logici. L’esempio più eclatante è quello che si trova in Rosso Malpelo: infatti Verga usa la causale “perchè” in senso non logico, che talvolta non esiste nemmeno. E’ lo stravolgimento sintattico del logico, in cui viene ribaltata la funzione che normalmente si avrebbe.

Prefazione ai “Malavoglia”

La sua idea era quella di strutturare il ciclo dei vinti poiché i vincitori e i vinti ci sono in ogni classe sociale: lui con i Malavoglia decide di partire dalla classe più bassa, infatti in questa la lotta per la vita è più evidente poiché legata ai beni di prima necessità: infatti dice, come devono svilupparsi le irrequietudini del benessere.
I malavoglia non sono una famiglia che soffre la fame, sono persone umili in cui nasce cioè il desiderio di avere qualcosa di più, e lui questa irrequietudine la definisce “la vaga bramosia dell’ignoto”: qui sta introducendo l’ideale cardine dei malavoglia, cioè dell’ostrica, che vive poiché rimane attaccata alla roccia, i malavoglia è una famiglia che è riuscita a sopravvivere poiché fino ad allora, fino all’idea di padron ‘Ntoni era rimasto attaccato al suo ambiente, alle sue tradizioni, alla vita che fino a quel momento aveva sempre condotto. Il commercio die lupini è una vaga bramosia dell’ignoto, in cui si staccano dal loro modus vivendi per migliorare la condizione, andando incontro a ciò che non conoscono, questo è rappresentato anche proprio all’inizio del racconto, infatti l’obbiettivo di arricchirsi (la vaga bramosia) è legato ad un viaggio: questo è molto allegorico, in cui la meta è nota ma è ignoto, e il risultato non si sa, vi è il mare che da l’impressione di questo.
‘Ntoni continua ad avere lo stesso punto di vista, non si muove dalla sua posizione: lui è ribelle perchè non sopporta il fatto di lavorare tutto il giorno come la sua famiglia aveva sempre fatto, per sopravvivere, per rendere la vita possibile (non per il benessere). ‘Ntoni è animato da questa insofferenza, vuole qualcosa di più: in lui c’è l’idea di poter stare meglio.

Nella prefazione troviamo dei concetti fondamentali, come quello dell’ostrica, infatti l’unico modo per sopravvivere è quello di rimanere attaccati ai propri valori originali e alle tradizioni (la. Propria roccia); se vi è un distacco, o si è un vincitore o si è destinati a perire.

Fiumana del progresso

Verga è partito dalla classe sociale più bassa perché in questa vediamo meglio questo meccanismo (di ciò che succede quando ci si vuole staccare), poi continua a spiegare le sue motivazioni: il meccanismo delle passioni che inducono gli uomini staccarsi dei propri ideali per cercare qualcosa di ignoto ma che pensano porti un maggiore benessere, sono più semplici, meno complicati.
Infatti se si guadano i meccanismi che portano una persona già colta ad esempio ad avere una posizione ancora più alta, sono più complessi, che portano a delle passioni più profonde, come il desiderio di rivincita, di realizzazione. Questi meccanismi hanno molte sfaccettature, che possono essere legate all’ambiente in cui vive o ad aspetti della propria psiche.

E lui dice che se questi meccanismi fossero stati analizzati nelle classi alte, sarebbero stati meno comprensibili, ma nelle classi sociali più basse sono più semplici, infatti lo fa per dare una maggiore dote alla Mena, per migliorare la sua vita, o anche ‘Ntoni ha il pensiero di non voler lavorare così tanto per così poco: sono molto semplici, e i bisogno sono primari: sono analizzabili con più precisione e anche comprensibili con più esattezza.

Tutti gli uomini sono caratterizzati dall’idea di voler stare meglio, infatti mano a mano che la classe sociale cresce, i desideri diventano complicati, perchè non sono più basici, che riguardano magari l’avidità o la superbia: è la lotta per i bisogni materiali.
Se noi andiamo in una classe sociale più alta, non è più la soddisfazione di un bene materiale, diventa un desiderio di ricchezza, di più di quello di cui ho bisogno di stare bene (avidità), non qualcosa per migliorare i miei bisogni basici. (Infatti la Mena doveva sposare Brasi Cipolla, che era più ricco, e la famiglia con il matrimonio avrebbe giovato).

Mastro don Gesualdo è già un contadino ricco, però vuole che la figlia sposi un aristocratico, quindi non ha il problema di garantire alla figlia una vita decente, è avidità, entrare cioè a far parte di una classe sociale più alta.

Duchessa di Leira è già un’aristocratica ma vuole diventare ricca anche lei.

Mano a mano che la classe sociale è più alta, anche l’educazione è più complessa, infatti i malavoglia non essendo istruiti, usano il buonsenso per prendere le decisioni.
Vale a dire che ci sono delle formalità vacue che sono imposte dall’educazione, ma che molto spesso appunto sono vuote: nonostante ciò influiscono su quello che pensiamo e come ci comportiamo, per cui influisce anche sui nostri desideri.

Mondo che impone come regola il buongusto, in cui alcune parole si possono usare e altre no.

Forma inerente al soggetto

Il linguaggio, quindi un opera d’arte, cioè se io scrivo i Malavoglia, la lingua deve essere inerente al soggetto, non può essere la lingua che userebbe Manzoni, i Malavoglia parlano la loro lingua: Infatti ci sono moltissimi proverbi popolari, di cui padron ‘Ntoni si serve per parlare.

Il cammino fatale, incessante, spesso faticoso e febbrile che segue l’umanità per raggiungere la conquista del progresso, è grandioso nel suo risultato nell’insieme e visto da lontano.

Il progresso per Verga è un meccanismo ineludibile, cioè non pensa che l’uomo non vada sempre avanti, e che sia inevitabile: per cui il progresso è necessario, ma è positivo se lo si guarda dall’alto, quindi per il beneficio che porta all’umanità è positivo, ma se lo si guarda dall’interno, si vede quanta strage faccia, quanti difetti presenta (dirà dopo, tutti quelli che non ce la fanno, il progresso è una fiumana in cui o sai nuotare, quindi o ti tieni attaccato alla roccia, o anneghi).

Siamo lontani quindi da Zola, vi è l’idea dell’oggettività e dell’impersonalità, vi è l’idea del progresso ineludibile, m base lo si guarda dall’alto è positivo per la comunità, ma dentro porta il sacrificio di molti e la sua meschinità.

Il progresso giustifica come mezzi necessari il fallimento, la distruzione, la “morte” e la perdita di tanti a beneficio di tutti: noi guardiamo a dove va questa corrente umana verso il progresso senza pensare a come ci va.

Per capire come funzionano i Malavoglia, per capire la tragedia, bisogna stare dentro ai malavoglia, anche se pensano di avere i mezzi per migliorare la loro condizione non hanno gli strumenti, bisogna farsi corale.

Anche gli altri scritti che ha fatto sono dei vinti, che sono trascinati a riva dalla corrente della fiumana: il peccato di tutti questi è di aver pensato di potercela fare pur non avendo i mezzi, quindi di essersi staccati da quello che avevano.

La lotta per al sopravviveva è ciò che porta avanti questi, e l’autore non può essere onnisciente (come Manzoni), che guarda dall’alto e giudica, chi scrive queste cose non ha il diritto di giudicarle (scritto di Pirandello), ma questo non significa che non abbia un proprio pensiero personale, è già tanto se riesce a tirarsi fuori dal campo della lotta per studiarla.
Si limita a rappresentare la realtà per quello che è, è già tanto se riesce ad osservarla senza pregiudizi, senza giudicare: infatti se lo si guarda da dentro, certi pensieri sono giustificati da semi personali (‘Ntoni quando tutta la famiglia continua a lavorare, ‘Ntoni non ha capito).

Collegamento con Ulisse, che è rimasto legato ai suoi valori, e il suo cane lo saluta, mentre ‘Ntoni si è staccato dall’ideale dell’ostrica, non fa più parte né di Aci Trezza né di altro, ma non ha gli strumenti.

Questione della lingua

Verga non utilizza il dialetto, ma usa un linguaggio che “tende al parlato”, cerca cioè di ricostruire la cadenza della sintassi siciliana, e per dare l’idea di una lingua molto simile al siciliano parlato, Verga ricorre spesso ai proverbi: non tutti i personaggi, infatti soprattutto padron ‘Ntoni, che già nel primo capitolo ne pronuncia vari: molti di questi fanno riferimento all’ideale dell’ostrica.

Verga quindi attraverso l’uso del proverbio, non solo richiama il parlato siciliano senza ricorrere al dialetto, ma rafforza l’espressività del linguaggio, che diventa più realistico, gestuale.

I personaggi usano questi proverbi per esprimere dei temi, ad esempio all’inizio padron ‘Ntoni lo usa per sottolineare che ognuno all’interno della famiglia ha un ruolo che deve rispettare, e tutti contribuiscono al benessere della famiglia: sottolinea anche che la famiglia è gerarchicamente organizzata, altri per indicare il modo di sentire collettivo, la saggezza collettiva, che non sempre ha un valore positivo. Qui si intende l’insieme dei comportamenti che secondo il punto di vista corale sono fondamentali affinché siano garanzia di una struttura, di un andamento della collettività positivo.

All’inizio i Malavoglia non ebbero successo editoriale, e a livello di critica letteraria, e poi anche grazie a Capuana il successo venne dopo: di questo Verga ne era consapevole, infatti pronuncia una frase che viene ripresa anche da Pirandello, quando disse che non voleva offrire al popolo “i manicaretti che piacciono al pubblico”, cioè le operette divulgative che tutti leggono che avrebbero avuto successo editoriale.
Lui fa questo anche per far sembrare che l’opera si tasta fatta da sé, il pubblico non dve giudicare, dei emettersi nell’ottica corale ed avere un proprio giudizio.

La realtà deve essere rappresentata da una certa distanza, e proprio per fare questo, deve essere forte anche la componente documentaria, e per fare questo si era servito dell’inchiesta in Sicilia, e si era servito anche di altri studi, sempre in Sicilia, quelli sul folclore e l’etnologia in Sicilia.

Ambientazione

Gli avvenimenti dei Malavoglia si svolgono dal 63 al 78, il luogo è Aci Trezza: i capitoli sono 15, e secondo Luperini si possono dividere nella prima sezione, dal 1 al 4, un’altra dal 5 al 10, e l’ultima dall’11 al 15. La critica di Luperini è marxista, ma al di là delle sue interpretazioni, il suo studio è importante poiché ne studia la struttura del romanzo, gli dedica due libri, uno dedicato tutto a Rosso Malpelo, e un altro dedicato ai rapporto tra Verga e il positivismo: il pregio di questi studi, è che è un’analisi molto precisa.

Luperini suddivide il romanzo in tre sezioni, infatti secondo Luperini, fino al capitolo 10, il personaggio attorno a cui ruota tutto è padron ‘Ntoni, il quale decide di fare l’impresa dei lupini, è lui che impone di non seguire i consigli dell’avvocato, in nome dell’onestà, e perdono la casa; questo non avviene nella sezione finale, infatti il personaggio che influenza di più le vicende è il nipote ‘Ntoni, quello che condiziona la vita degli altri, che ne sarà la rovina. Alessi è colui che continua a lavorare e ricomprerà la casa, anche se rimane nella penombra.

Il tempo della storia e il tempo del racconto

Nella parte iniziale, il tempo della storia è breve, il tempo del racconto è lento e dilatato: vi è l’acquisto dei lupini fino alla partenza, periodo che comprende 4 giorni: per narrare poche cose, ci mette due capitoli, mentre alla fine sarà il contrario.
Questo è funzionale, infatti sta creando l’impersonalità, Verga dice che l’autore non può giudicare, deve diventare un personaggio alla stregua dei personaggi di Aci Trezza, per fare questo il tempo del racconto deve essere molto lungo, infatti i personaggi devono ambientarsi, deve introdurre più situazioni per far conoscere i personaggi.

Quando poi il lettore conosce bene i vari personaggi, non vi è più bisogno di dilatare il racconto, poiché il lettore si è già immedesimato nel paesaggio.
Le tecniche narrative sono grandiose, vi sono dietro studi linguisti e narratvlogici molto elaborati.

Nella parte centrale il tempo della teoria si sta dilatando, e quello del racconto inizia ad accorciarsi, infatti, mentre la parte iniziale dura 4 giorni, la seconda dura 11 mesi.

Nella parte finale si parla poi di tempo condensato, infatti il tempo della storia comprende 10 anni, mentre il tempo del racconto si accorcia moltissimo.
Inoltre all’inizio vi erano tantissimi personaggi, vi è proprio la confusione, mentre nella parte finale vi sono solo i malavoglia in primo piano, tutti l retro diventa il fondo di scena di un teatro.

Struttura dei personaggi

Luperini dice che il siete, a die personaggi è oppositivo di natura morale: tra i personaggi, cioè, vi è un polo positivo, e un polo negativo.
Quindi l’autore dentro di sé ha un idea, sennò non potrebbe strutturare questi due poli, la differenza è sembra che tutto sia fatto da sé, è il lettore che si fa sua un’idea.

Il polo positivo è composto dai Malavoglia, da Compare Alfio, l’Anna, la Nunziata: sono anche quelli che rimangono vicini alla famiglia fino alla fine; è un polo positivo poiché rappresentano la morale patriarcale, quindi l’ideale della famiglia, del lavoro, dell’onestà e della fedeltà piuttosto che imbrogliare, quindi al posto di salvare la casa, la perdono.

L’eroe di questa morale patriarcale risiede in padron ‘Ntoni, il nonno: questo personaggio, che ha le sue ambiguità, infatti anche se da una parte rappresenta l’ideale dell’ostrica, dall’altro commette l’errore originario (fare l’impresa dei lupini per migliorare la situazione); viene definito da Luperini come monologico, infatti lui vede solo una morale, anche se questo porta la famiglia alla rovina, e proprio perchè è monologico, è epico. (Avere un solo scopo come Enea), infatti è portatore di una saggezza antica, e staccandosi dall’ostrica porta alla rovina di tutto.

L’altro polo, quello negativo è il mondo cinico, cioè tutto il resto di Aci Trezza, per cui l’unica legge è la furbizia, il bene immediato, l’avidità, dell’interesse, tutti quelli che nell’ottica sono i disvalori del mondo moderno.
Lui aveva detto che il progresso è una fiumana, se la si guarda da fuori si vede la sua grandezza, se la si guarda dall’interno si vede la disfatta umana che si porta dietro.
Verga, dicendo questo non ha una visione anti-positivista, non pensa che si possa tornare indietro, ma non ha nemmeno la visione di Zola, cioè che il progresso porterà l’uomo alla perfezione, dice anzi che è una fiumana, se sai nuotare può sopravvivere, se non lo ia fare affondi.

‘Ntoni sta in mezzo, è un personaggio romanzesco, è problematico, rappresenta la crisi, la scissione tra due sistemi di valori: lui vuole bene alla sua famiglia, vi è legato, però ha un travaglio interiore, infatti si rifiuta di rimanere attaccato a quei valori, lavorando senza fine per guadagnare poco, e vuole qualcosa di più senza averne gli strumenti.

Non è avido, vuole il bene della famiglia, non va in cerca di qualcosa altro per avidità, è che ritiene ingiusto comportarsi come fanno gli altri: in questa sua crisi del sistema valorale, cade poi nelle mani dei farabutti, diventandone vittima, infatti dall’onestà ricerca di qualcosa di meglio, cade nelle mani di persone avide, legali ed illegali.

Questa contrapposizione la si vede anche nei personaggi minori, ad esempio la Mena e la Lia, ma anche Alessi e ‘Ntoni.

Visione di Verga

Verga rimane uno scrittore che da una parte accetta la questione che viene trattata dal positivismo, quindi il darwinismo, nel senso che la vita è una lotta per l’esistenza, nella vita non trionfa il più giusto ma il più forte, lo spregiudicato e non l’onesto, il progresso per Verga è una fiumana, una forza che cioè procede da sé: in questo senso Verga aderisce alla filosofia deterministica, atea, anti spiritualistica del positivismo, anche nella scelta delle tecniche narrative, un’adesione spregiudicata alla realtà, ma la sua è una virile rinuncia agli ideali, cioè, per lui esistono degli ideali, la famiglia, l’onore, la casa; ma sa anche che la vita è una lotta per l’esistenza in cui vince il più forte, e dal momento che secondo lui la fiumana del progresso è inarrestabile, e travolge spregiudicatamente ed inevitabilmente tutti coloro che non hanno gli strumenti per nuotare in questo fiume, la sua è di fatto una rinuncia che è virile, e che deve, cioè, accettare la dura realtà materialistica e deterministica.

Nei Malavoglia c’è da una parte, delle descrizioni paesaggistiche e di alcuni personaggi, delle scelte linguistiche, che sono lirici, che viene definito da Luperini come un lirismo metafisico e malinconico, che rimanda a quei valori in cui Verga vorrebbe credere, in cui crede, ma che sono schiacciati dal progresso, e che non hanno alcuna possibilità di essere vincenti, è come se Verga ci fossero due anime: una legata all’ideale dell’ostrica, ma poiché questi ideali non possono essere vincenti, sono perdenti.
Questi valori li troviamo in alcune scene, personaggi ed immaginino che sono profondante lirici, come la Lia, che si allontana di notte da sola, da idea di un eroe epico che se ne va, e nessuno sa più niente di lui, nel ritorno di ‘Ntoni: quando lui scrive queste scene liriche, le riprende dal mito, dall’epica classica, che ha come modello il ritorno a casa di Ulisse. Ad esempio anche quando la famiglia lascia la casa del nespolo, è di notte, il cielo è stellato.

Quindi da una parte vi sono delle scene che hanno però questo tono malinconico di rinuncia, dall’altro la rappresentazione della realtà amara, di lotta contro la vita che è dura; il cinismo anche, che ha delle ripercussioni nello stile, nelle scelte linguistiche, nelle descrizioni fatte da Verga, che ci danno idea di impotenza.
E’ quindi una sofferenza per Verga dover rinunciare da ogni posizione idealistica, vorrebbe credere in ideali in cui non può credere.

Registro linguistico

La lingua non è il dialetto ma è l’italiano che viene palato in una classe sociale medio alta, quindi ha delle sfumature dialettali, con l’uso frequente di proverbi, e varie tecniche (come il discorso indiretto libero).
Luperini sostiene che il codice linguistico che usa Verga non è unico, piuttosto sostiene che ci siano due differenti registri linguistici a cui Verga fa riferimento:

Registro lirico e simbolico (epico): lo si trova in varie scene, quando la Longa guarda il mare. Descrizione del mare che stato in burrasca ma non è ancora calmissimo (Seneca, simbologia del mare).

Registro che usa quando narra di ‘Ntoni che è all’osteria, quando le donne sparlano, è un brulichio che è quasi un bozzetto caricaturale, idea dei macchiaioli, quasi uno schizzo.

Quindi la lingua veicola queste due anime che sono in Verga, una legata all’ideale, e l’altra legata all’amara visione della realtà, a cui non vorrebbe aderire ma deve: non ne ha quindi uno solo.

Il tempo

Anche il cronotopo, posseduto da ogni romanzo, cioè il tempo ed il luogo: anche questo è funzionale al contenuto, vi è un tempo lineare ed uno circolare.

Il tempo lineare è quello storico, come la battaglia di Lissa, che serve a dare l’idea del progresso (scandendo eventi veri), cioè il tempo che va avanti, il fiume che scorre, dentro a cui i personaggi sono dentro (‘Ntoni deve partire, Luca muore). Questo è scandito da tempi puntuali, passato remoto e presente.

Il tempo circolare ed “etnologico” è ciclico, quello della natura, in cui tutto ritorna, che rimanda al tempo circolare tipico dell’epica, quindi di qualcosa di ancestrale e straordinario. Qui troviamo il tempo della duratività, della continuità, vale a dire l’imperfetto: quindi non solo la ripetizione, ma anche il ricordo, la malinconia.

Lo spazio

Anche lo spazio si divide in due categorie, quello determinato e preciso, Aci Trezza, i paesi costieri, Catania, poi uno spazio indeterminato, più misterioso, che dà l’idea anche qui di ciò che è ancestrale e malinconico.

Anche qui abbiamo accanto ad uno spazio ed un tempo determinati, un cronotopo che Luperini definisce idillico e familiare, cioè uno spazio che rappresenta l’ideale dell’ostrica: l’indeterminatezza mette in evidenza un luogo protetto con un tempo circolare, in cui prevalgono i costumi patriarcali, quindi un’unità armonica che verrà travolta dal progresso, quindi dal tempo lineare, cioè dallo spazio determinato.

Il finale

I Malavoglia secondo alcuni sono un romanzo circolare, perchè ritornano al punto di partenza, infatti comprano la provvidenza e la casa del nespolo, alcuni pensano che il romanzo non si chiude, infatti il nonno muore prima che di poter ritornare alla casa del nespolo, poi quando ritorna ‘Ntoni, Alessi in realtà non gli chiede veramente di restare, né vi è qualcuno che va a cercare la Lia, quindi in realtà secondo parte della critica il cerchio non sii chiude, qualcuno ha anzi interpretato questo final con l’idea che la religione e la famiglia siano frutto del passatore he l’egoismo del presente ha modificato anche i valori che prima erano fondanti, l’egoismo del presente è entrato, e se non fosse così, il nonno sarebbe tornato a casa sua, qualcuno sarebbe andato a riprendere la Lia, ma questo non accade.

Colloquio tra Alfio e la Mena, altro punto che non chiude il cerchio, infatti lei spiega a lui perché non si vuole sposare, come se ci fosse un peccato originale (staccarsi dalla roccia), e se loro si sposassero, tornerebbe il peccato originale, qualcuno l’ha portato via, qualcuno l’ha schiacciato lì, e a questo non ci si può ribellare: Alfio infatti non le dice di amarla ma dice di essere d’accordo.

Il ritorno di ‘Ntoni

Il paesaggio è quasi epico (lunghe strade bianche di polvere), qualcosa di lontano: anche in questo caso, non solo il cane non lo riconosce, ma anche il fratello, quindi il mutamento di ‘Ntoni fisico richiama il nostos epico dell’Odissea (barba lunga-polvere), ed è anche di tipo morale.
Anche qui troviamo il cantuccio, cioè lui che non si inserisce in mezzo agli altri ma anzi si auto-isola dal resto del gruppo, come se non avesse mai visto tutte queste faccende.
Nell’espressione Dove nessuno saprà chi sono vi è la presa di coscienza di ‘Ntoni della propria diversità dal gruppo, la auto-emarginazione patita, sofferta; alcuni sostengono proprio che ‘Ntoni esprima un’emancipazione stoica, al limite dell’annullamento.
Quando ‘Ntoni si contraddice, dicendo che non era consapevole dell’idea dell’ostrica, quando invece ne ha preso consapevolezza, cioè che prima non voleva rimanere, mentre ora vorrebbe ma deve andarsene: fa riferimento all’iter di ‘Ntoni, che ha capito i propri errori, e sa valutare il peso morale della propria trasgressione, che ha avuto una ricaduta non solo su di lui ma su tutta la sua famiglia, soprattutto sulla Lia. ’Ntoni sa anche che non ha nessuna possibilità di essere reintegrato, infatti i Malavoglia non possono essere considerati (come all’inizio dalla critica), come un romanzo che ritorna al punto di partenza, infatti chi trasgredisce i valori dell’ideale dell’ostrica, non ha più possibilità di rientrare a far parte della famiglia: poi troviamo il cane che abbaia all’estraneità, a chi non conosce: questo mostra ancora una volta l’impossibilità di reintegrazione.

Il finale dei Malavoglia è molto problematico, e ci si può chiedere il significato di concludere il romanzo con Rocco Spatu, e non con ‘Ntoni che se ne andava: secondo alcuni questo mette ancora in evidenza la contrapposizione tra Rocco Spatu, che rappresenta Aci Trezza, la negatività dei suoi valori, e quindi ora diviene più netto lo stacco di ‘Ntoni, che da una parte si distacca da Aci Trezza con il sentimento di chi è costretto a lasciare la propria casa, dall’altra, li lascia con la consapevolezza del bene e del male, quindi con la consapevolezza della negatività di quel mondo che va rifiutato, da cui si stacca definitivamente, in cui non ha nessuna possibilità.

Rosso Malpelo

Luperini ha scritto un lungo libro in cui commenta la novella, infatti questa è molta importante:

Prima sequenza

Vi è una prima sequenza della novella, in cui viene descritto il personaggio di Rosso Malpelo; fin da subito viene usata la tecnica dello straniamento, infatti l’autore dice che si chiamava così perchè aveva ai capelli rossi, per cui era malizioso e cattivo: vengono alterati i rapporti logici anche tra le proposizioni stesse, infatti sta dicendo qualcosa che logicamente non ha senso, e questo ancora una volta, come avviene nei malavoglia, serve a calarci nella mentalità ed acquisire il punto di vista corale, della società in cui Rosso Malpelo vive, povera, di minatori (i carusi), in cui i rapporti umani sono determinati da una serie di credenze, tra cui quella per cui se una persona aveva i capelli rossi, la persona era necessariamente portatore di sfortune o qualcuno di cui diffidar poiché malvagio.

Qui subito si evidenziano i rapporti che ha Malpelo all’interno della sua famiglia, non è solo il suo paese infatti a pensare di lui che sia un cattivo ragazzo, ma anche la madre stessa, infatti accade che quando lui torna a casa adoro aver fatto questo lavoro molto difficile e porta la paga, la madre non si fida, e pensa abbia rubato dei soldi, poi qualcuno aveva affermato che i soldi che gli dava erano di fatto quelli, per cui lei gli crede, e l’autore lo definisce un cane rognoso, un monellaccio che veniva accarezzato coi piedi: cioè che nessuno aveva dei rapporti affettivi e umani con lui, a parte il padre, che poi è morto nella cava; gli altri lo trattano come un animale, era un brutto ceffo, rognoso, e selvatico.
Tutta la sua descrizione, anche come aggettivazione, è più inerente a quella di un animale che di un ragazzo; l’altra caratteristica è che il personaggio non i ribella a questo ruolo che gli è stato assegnato, lui si adegua anzi totalmente, per cui mentre gli altri mangiano lui si isola con il uso cibo per rosicchiarsi, non usa il termine mangiare, usa quello di un topo.

Dal punto di vista delle tecniche narrative entriamo totalmente nella mentalità dell’epoca, e iniziamo subito a vederlo con gli occhi dei suoi compaesani, e Rosso Malpelo stesso non si ribella a questa condizione ma si autoesclude.
Come fanno le bestie con i suoi pari, tutti lo considerano un animale, è posto come un fatto oggettivo il fatto che lui sia una bestia, qualcosa da lasciare da parte, e lui si lascia caricare peggio un asino, si lascia caricare, lascia fare, perchè anche lui è dentro a questo meccanismo, anche per sé stesso è normale essere Malpelo, poi era sempre cencioso e lordo, infatti la madre, sono per, ma lei in più non si preoccupa di aggiustare i suoi vestiti, quindi si tocca con mano l’aridità anche dei sentimenti familiari, una visione quindi totalmente diversa da quella della letteratura nel passato, in cui anche con Leopardi le popolazioni primitive sono considerate come quelle più felici, quelle più vicine allo stato di natura.
Anche se lui viene caricato più degli asini, tutti lo schivato, è considerato un peso anche da parte dei padroni, ed il padre era morto proprio per fare un lavoro extra per aiutare la sua famiglia.

Dal punto di vista grammaticale viene detto da Luperini che lo straniamento è favorito dalle proposizioni causali, infatti queste sono usate in maniera errata, e sono prive di senso, assieme a quelle consecutive, che sono ribaltate o errate, di proposito.

Seconda sequenza

Poi nella seconda sequenza l’attenzione si sposta su quello che è successo a Rosso Malpelo, dalla morte del padre e come questa è avvenuta.

Viene introdotta la figura del padre, che è l’unica persona onesta e che ama davvero il figlio, comprendendo la sua situazione, è considerato un minchione, e qui torniamo nella logica dei Malavoglia, in cui la logica vincente non è quella del giusto, in cui Verga crede, ma epicamente e tragicamente deve rinnegare, proprio perché in realtà il mondo non va così, non si basa sull’etica della giustizia, ma su quella del sopruso e della disonestà: vengono ribaltati i valori, anche qui viene chiamato bestia, poiché era l’unico disposto a lavorare, perchè era una persona onesta, e in più aveva una figlia da mantenere e una figlia che doveva fare sposare.

Quando sentiva dire queste cose di suo padre, faceva delle occhiatacce, infatti soffriva sentendo chiamare suo padre bestia, ma quelle occhiatacce vengono viste come conferma del fatto che lui è un cagnaccio, infatti si vedeva nei suoi occhi un’espressione cattiva, data però dalla sofferenza.
Ma siccome era Malpelo, e aveva ai capelli rossi, erano le occhiatacce di un cagnaccio, non quelle di un ragazzo che era stato ferito.
I cani normalmente, morivano per strada, e loro gli dicono che non morirà nel letto come suo padre, ma dato che è una bestia, morirà come tale.

Vi è anche un flashback, in cui viene detto che il padre sarebbe morto nel letto, ma in realtà questo non avviene.
Come tecnica narrativa troviamo un discorso indiretto libero, senza il verbo introduttivo né il che subordinante, queste sono le parole che avrebbe dovuto dire un personaggio al padre, ma in realtà non sono né di un discorso diretto né indiretto normale, anche se le parole sono esattamente quelle che sono state dette.

Poi, devono tirare via questo pilastro, tutti sanno che questa cosa è molto pericolosa, nessuno vuole farla, ma dato che il padre ha bisogno di soldi, giura che avrebbe spostato le macerie (togliendo tutto ciò che c’era attorno al pilastro), per poi toglierlo.
Lui poi rimane da solo, e questo dice molto della sua personalità, pensa ovvero a quello che avrebbe guadagnato da quelle macerie che ha tirato giù (il vino, la nunziata…).

Vi sono sempre due elementi contrapposti, uno lirico, rappresentato dal stelle, l’immensità del cielo che non è raggiungibile, (questo lo vedremo anche in Ciaula, in cui in alto ci sono le stelle ed in basso la lanterna, dove sta lavorando), una realtà che vorremmo fosse ma non lo è, perché la realtà è un evoluzione che non può essere cambiata.

Con il padre troviamo Malpelo, che ha voluto dare una mano a suo padre, e come elemento lirico, troviamo il fatto che gli dice che gli vuole bene e di stare attento che non gli cada niente in testa, invece crolla il pilastro, e il padre viene schiacciato, rimane sepolto.

Poi tutti corrono ad avvisare l’ingegnere, e qui si vede il distacco tra le diverse classi sociali, e quando vede le donnette (non prese da pietà), ma dato che è accaduto qualcosa di così particolare questo attiva il pettegolezzo nella società, ma non vi è pietas per la persona, e si constata alla fine che l’uomo è morto, ma questo non viene ritrovato, ma vedono invece il sopravvissuto, Malpelo: che continuava a strillare, di trovarlo, e succede che, invece di essere tutti rincuorati dal fatto che Malpelo era sopravvissuto, questi pensano che è figlio del diavolo, quindi è scontato che sia sopravvissuto, e lo vedono con il viso stravolto e gli occhiacci invetrati, infatti ha visto morire il padre lì, e le mani erano piene di sangue, poiché prima che arrivassero i soccorsi aveva cercato di scavare per salvarlo, ma le macerie erano troppo pesanti.
Quando hanno capito che il padre è morto, e cercano di portarlo fuori, ma Malpelo non vuole smettere di cercare, e la sequenza finisce con il punto di vista corale, infatti viene detto che lo tirano via come fosse un animale, atteggiamento visto come tale.

Terza sequenza

Il fatto che lui lavori con rabbia, non viene interpretato come la rabbia per la morte del padre, che non è ancora stato ritrovato, ma come quella di un animale.

Quarta sequenza

Qui viene introdotto il personaggio di Ranocchio, un ragazzo molto gracile, a che di salute, e dopo una caduta si era rotto il femore, era stato inserito tra i carusi della cava: lui e Malpelo instaurano uno strano legame.
Anche per Ranocchio vi era lo stesso trattamento, infatti vacillava quando portava i sacchi, come un ranocchio; Malpelo è l’unico che ha pietà per Ranocchio, è un ragazzo molto povero, infatti di lì a poco morirà, Malpelo gli da anche il suo pane, e secondo la società non lo fa per generosità, mia per tiranneggiarlo, vengono di nuovo ribaltati i rapporti anche tra i personaggi.

Lui ha un determinato comportamento per insegnargli la legge del più forte, e se non si è più forte, si perde, e glielo dice perchè lo sta provando su di sé: lo picchia perchè gli vuole insegnare a difendersi, si arrabbia perchè non reagisce, egli dice che se si comporta così è destinato a perire (ottica del darwinsimo), sta dimostrando che ci tiene a Ranocchio, gli spiega la realtà come è fatta.

Quinta sequenza

Questa è caratterizzata dalla vita familiare di Malpelo, cioè il rapporto tra la madre e la sorella, infatti quando lui torna a casa, la prima cosa che fa la famiglia è batterlo con la scopa, senza sapere cosa ha fatto, si mette sull’uscio per batterlo.

Poi inserisce tutti i pensieri di Malpelo, infatti lui avrebbe voluto fare il manovale anziché il minatore, come Ranocchio, ma quello era l’unico modo che aveva per portare la paga a casa, in più era il mestiere del padre: vi è quindi l’accettazione della porrai condizione tragica.

Sesta sequenza

Quindi quello che era capitato a lui era capitato a tanti altri: qui troviamo il ritrovamento del padre, che fino ad ora non era mai stato trovato, trovano solo dei brandelli del padre, alcuni indumenti erano stati trovati dal figlio ma il corpo era stato ritrovato successivamente.
Poi vi erano stati anche molti pettegolezzi a riguardo, non era morto subito, per cui faceva bene Malpelo a volerlo cercare ancora: non dicono niente al figlio, primo perchè aveva ragione, secondo perchè sapevano che era una persona vendicativa.
Il puzzo che ora si sentiva, non era solamente quella della terra e delle macerie della cava, ma acque quella del cadavere.
La madre, che non gli aveva mai comprato un vestito nuovo, prende i vestiti del padre e li da al figlio: qui troviamo una scena molto significativa, che ci dice molto del personaggio di Rosso Malpelo. Lui accarezzava i suoi vestiti, poiché gli sembrava di sentire le mani del padre, che era l’unico che gli faceva una carezza quando finivano di lavorare: questo viene chiaramente visto negativamente dalla società.

Settima sequenza

Qui troviamo la morte dell’asino, la cui carcassa è stata buttata nella sciara, e qui lui e Ranocchio vanno a guardare questa carcassa, e si ricordi che Malpelo è dentro a questo meccanismo, l’asino è un asino, è vinto, non serve più, e la sua carcassa va buttata: qui Malpelo vuole aiutare Ranocchio, gli vuole far vedere questo meccanismo perchè in esso si trova anche Ranocchio.
Questi atteggiamenti, nell’ottica di Malpelo sono significativi, vuole mettere Ranocchio davanti al determinismo che caratterizza la vita.

Malpelo fa vedere a Ranocchio che una cagna non ha paura delle sue sassate, poiché ha più fame degli altri, mentre l’asino non si lamentava più.

Qui troviamo di nuovo l’elemento del mare, ad esempio la tragica sequenza nei Malavoglia della Longa che capisce che il marito è morto,

Ottava sequenza

Malpelo poi si colpisce per dimostrare che non può essersi fatto male per quello che gli ha fatto Ranocchio, poi si vede in realtà qual è il rapporto tra i due: Malpelo, pur sapendo che la madre avrebbe controllato i soldi poiché non si fida di lui, prende una parte della paga per comprare qualcosa da mangiare per Ranocchio.

L’ottica è sempre darwiniana, infatti Malpelo giustifica il fatto che la mamma di Ranocchio piange perchè lui era un ragazzo debole, questa è oggettiva e il punto di vista è corale (della mentalità dei carusi).

Malpelo dice a sé stesso che alla fine Ranocchio non avrebbe più sofferto, come l’asino, poiché era morto.

Nona sequenza

Analogia tra la morte del padre e la morte del figlio, non c’è più fa buttare giù un pilastro, ma il pericolo ora era quello di perdersi, è una scena mitica.

Quando lui accetta l’impresa, lui si ricorda di un minatore che si era smarrito in quei cunicoli, che non era più stato ritrovato: ma nonostante ciò ci va.

Il finale è lo stesso della Lia, è infatti lirico/tragico, è la presa di coscienza del proprio destino, di fronte al quale nessuno ci può fare nulla. Qui c’è qualcosa in più rispetto alla Lia, infatti rimane quasi nel mito, nella leggenda del paese, infatti si sostiene che è un fantasma, di cui si ha paura di vedere gli occhi (di Malpelo).

Elementi in evidenza

La questione stilistica è significativa, infatti le causalità come dice lupini, si possono definire pseudo-causali, infatti non assolgono la loro funzione, poiché invertono la logica.

Incarna la visione della vita umana come già determinata, il punto di vista corale da parte della comunità, di quello che è il suo destino, è incarnata da Rosso Malpelo, non viene disattesa.
Questo fa si che la novella verrebbe giudicata come statica, e non dinamica, infatti lo spazio è sempre quello, anche se è lirico (ha la stessa funzione che ha nei Malavoglia), è la rappresentazione di quella parte più ideale che non è reale, ideali che non trovano riscontro nella iota vera, nonostante noi ci crediamo.
Quindi una delle caratteristiche è il fatto che tutta l’azione si svolge nello stesso luogo: quello che varia, è fuori dentro la cava.
Anche i tempi verbali si giocano su due, che sono l’imperfetto, e il passato remoto: l’imperfetto, che indica la ripetitività l’invariabilità; nei malavoglia vi è il desiderio di staccarsi dall’ideale dell’ostrica, mentre qui Rosso Malpelo accetta lassa condizione.
Poi il fatto che il suo corpo nn venga ritrovato, si usa il presente, che è di tipo atemporale, acronico, come si trova nella letteratura latina, infatti Malpelo entra nella leggenda, di quello di cui si favoleggia. Alla fine si può dire che abbiamo una mitizzazione di Malpelo, che diventa quasi una figura meta-storica, va quasi al di là del fatto contingente, quasi un exemplum.

Verga è consapevole dell’impotenza dei valori, degli ideali di giustizia e di onore, e a questo punto sorgono una serie di meccanismi necessari ed ineludibili, ma al contento inautentici: i disvalori e l’ingiustizia, assieme all’inautenticità di quel luogo e dei rapporti, in cui personaggi sono falsi, ma sono necessari e ineludibili, perchè rappresentano il pensiero della società, non sono reali (la Mena e Brasi Cipolla si devono sposare per convenienza), ma il paese non è contento per l’amore, non interessa a nessuno, non ha valore.

Domande da interrogazione

  1. Quali sono i presupposti storici e culturali del positivismo?
  2. Il positivismo nasce nella seconda metà dell'800, influenzato dal capitalismo e dai miglioramenti industriali, ma anche dalle condizioni precarie di molte classi sociali. Si basa su una conoscenza oggettiva e verificabile, rifiutando concezioni idealistiche e spiritualistiche del romanticismo.

  3. Chi sono gli iniziatori del positivismo e quali sono le loro idee principali?
  4. Auguste Comte, con la sua filosofia positiva e la legge dei tre stadi, è un iniziatore del positivismo. Altri protagonisti includono Darwin e Spencer, che vedono la storia umana come un progresso evoluzionistico, e Taine, che applica il metodo scientifico alla storia.

  5. Come si manifesta il positivismo nella letteratura?
  6. In letteratura, il positivismo si manifesta attraverso il realismo, che si evolve in naturalismo e verismo. Questi movimenti cercano di descrivere la realtà in modo oggettivo, utilizzando il metodo scientifico per indagare l'agire umano e i suoi determinismi.

  7. Quali sono le caratteristiche principali del naturalismo francese?
  8. Il naturalismo francese, influenzato da Emile Zola, si basa sull'oggettività e sistematicità, trattando la letteratura come una scienza dell'agire umano. Esclude elementi spiritualistici e si concentra su razza, contesto sociale e momento storico per comprendere il comportamento umano.

  9. In che modo il verismo si differenzia dal naturalismo?
  10. Il verismo, sviluppato in Italia da autori come Verga, si distingue dal naturalismo per l'assenza di un manifesto e per la sua attenzione alla realtà italiana post-unitaria. Si concentra su una rappresentazione oggettiva e corale della società, spesso attraverso la voce della comunità, piuttosto che del singolo narratore.

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