Concetti Chiave
- Il capitolo si divide in due parti: il proseguimento del torneo e le angosce interiori di Ginevra tra amore e dovere.
- Bajardo si distingue nel torneo per la sua abilità e vince le sfide contro i cavalieri francesi e spagnoli, ricevendo applausi dal pubblico.
- Grajano d’Asti si presenta con un'armatura impenetrabile ma un elmo leggero, simbolo della sua storia di ferite e tradimenti tra fazioni opposte.
- Ginevra vive profonde inquietudini e sospetti di tradimento, mentre combatte una battaglia interiore per preservare la sua dignità.
- Alla fine, Ginevra decide di affrontare la realtà confessando a suo marito, vedendo il suo tormento come espiazione delle sue colpe.
Indice
Il Torneo e la Vittoria di Bajardo
Personaggi: Bajardo, Grajano d’Asti e altri cavalieri francesi, Luis Correa, Inigo, Brancaleone, Ginevra, Pietraccio, Gennaro, Zoraide
Il 13° capitolo può essere diviso in due parti ben distinte:
1) la continuazione del torneo
2) le angosce di Ginevra ed il conseguente suo conflitto interiore fra amore e onestà, fra dovere e riconoscenza
Terminata la gara fra Inigo e Bajardo, si passa a Luis Correa. L’abilità richiesta consiste nel vigore del braccio e nella capacità del saper governare il cavallo in modo tale che impennandosi, esso faccia un’impennata sulle gambe posteriori, ricadendo sulle quelle anteriori. Entrambi i cavalieri sono molto esperti e i loro cavalli sono ben avvezzi e ammaestrati. Tuttavia per essere stato molto più rapido nel prevedere le mosse dell’avversario, la gara viene vinta da Bajardo. Come consuetudine, esso saluta il balcone di donna Elvira fra gli applausi di tutto il pubblico. Azevedo è il cavaliere che si offre successivamente di rispondere alla sfida del francese; questa volta, la gara dura più a lungo, ma, alla fine, è ancora Bajardo che ne esce vittorioso.
Grajano d'Asti e il Tradimento
A questo punto, lo scrittore informa i lettori del fatto che a Bajardo è stato affidato l’incarico di sorvegliare il luogo, vicino all’entrata, dove vengono deposte le armi, dove è possibile rifocillarsi e ottenere tutti i servizi di cui i cavalieri hanno bisogno. Mentre egli si occupa di tale incarico, arriva Grajano d’Asti che Brancaleone conosce già, per averlo visto insieme a Ettore Fieramosca quando quest’ultimo ha portato il cartello della sfida al campo francese. Brancaleone gli si fa incontro, accogliendolo in modo piuttosto inusuale come se avesse uno scopo da raggiungere.
Dopo averlo rifornito di tutto il necessario, si intrattiene a parlare con lui mentre i suoi scudieri lo aiutano a spogliarsi. L’armatura portata da Grajano è molto bella e impenetrabile. Brancaleone fa notare, però, che l’elmo, senza visiera mobile e senza cimiero, non corrisponde all’eccellente qualità di tutto il resto e che per la difesa della testa non vengono prese le stesse precauzioni come per il resto del corpo. Grajano risponde che in battaglia, durante un assalto, gli è caduta una pietra appuntita sulla testa, causandogli un grosso buco ed è per questo motivo che sulla testa egli è costretto a portare un elmo più leggero e sopportabile. L’uomo continua raccontando che, a causa di questa ferita, egli ha dovuto lasciare l’esercito di Carlo VIII e restare a Roma molto tempo per essere curato. Nel racconto fa anche allusione, cinicamente, alla presunta morte di Ginevra che considera un avvenimento fausto, almeno per certi aspetti. Con il riferimento alla presunta morte di Ginevra, Grajano non smentisce il suo carattere spregevole, infido e venale. Si tratta del comportamento tipico del traditore della patria. Successivamente, è passato dalla parte degli Spagnoli e quindi, di nuovo, dalla parte dei Francesi, con i quali, come sottolinea, la paga è sicura.
Mentre i due stanno parlando, nell’arena si sta combattendo la gara fra i tre spagnoli e Bajardo. Appena risultato vincitore, Bajardo giunge vicino a Grajano; quest’ultimo gli fa le sue congratulazioni, chiedendogli quanto valgono i tre campioni spagnoli. A tutti e tre, Bajardo accorda le lodi che meritano, poi dà alcuni consigli a Grajano.
Entrato nell’arena, l’araldo pronuncia a voce alta il nome di Grajano, come sfidante che, quasi subito, colpisce con la lancia tre volte gli scudi di Azevedo e di Inigo. Nel sentire il suo nome, Ettore Fieramosca sussulta e si pente di non aver detto a Ginevra che egli era ancora in vita e si ripromette di dirglielo alla prima occasione. Con un’osservazione molto acuta, D’Azeglio, descrive il comportamento umano in generale. Per quanto il romanzo non possa essere definito “romanzo psicologico” esso non è tuttavia privo di riferimenti alla natura dell’animo umano e ai suoi comuni sentimenti, in senso generale e quindi universale. La gara si evolve a più riprese in favore di Grajano d’Asti. Per questo motivo, egli è dichiarato vincitore della giostra, in mezzo a musica ed applausi.
Ginevra e il Conflitto Interiore
Terminato il torneo, in poco tempo l’arena si svuota: Consalvo de Còrdoba con tutto il suo seguito e la figlia se ne vanno alla Rocca dove sono in corso i preparativi per il banchetto, molti spettatori se ne ritornano alle proprie case ed altri sostano nelle osterie soprattutto il quella del “Sole”.
Terminato il racconto del torneo, l’autore sposta il proprio interesse su Ginevra. La donna passa una nottata che precede il torneo, in preda a cento fantastiche immagini. Ora sogna Ettore ferito, ora se lo rappresenta vittorioso; a volte lo vede, glorioso, in mezzo ai baroni nell’atto di porgere il braccio destro ad un’altra donna, mentre verso di lei volge uno sguardo di disprezzo. Il rumore delle campane che suonano a festa e gli spari dell’artiglieria che annunciano la festa, la svegliano, si alza e va a sedersi sul balcone. I segni di allegria e le grida che preparano la festa, con l’aiuto del vento, vanno e vengono in modo più o meno intenso, ma non riescono a rasserenare un po’ il suo animo. Inoltre, ai rimorsi, si sta aggiungendo un’altra preoccupazione: il sospetto di un tradimento di Ettore con Zoraide. La sua mente respinge tale dubbio, ma è impossibile farne a meno. I suoi dubbi sono tanti, simili ad un labirinto dal quale è praticamente difficile uscire. La battaglia tra i vari sentimenti, fra cui la gelosia, contribuisce ad umanizzare ancora di più il carattere di Ginevra; rende più drammatica e pietosa la dura lotta morale della donna, finalizzata a salvaguardare la propria dignità di donna sposata. Ginevra è seduta sotto il pergolato di un balcone, da cui si può ammirare un vasto panorama. La descrizione è guidata da un istinto pittorico che, però, è meno limpida e precisa di quella del Manzoni e forse un po’ più generica ed accademica
L'Incontro con Pietraccio
Allora, cerca di distrarsi un po’ e a tal fine cerca Zoraide, ma non la trova. Per cercarla, esce dal monastero e arriva, perfino ad incamminarsi lungo la spiaggia, lungo la parte del monte, ricoperta di cespugli. Ad un certo punto, dai cespugli vede uscire un uomo ricoperto di stracci insanguinati, dai capelli lunghi e arruffati, che le cade ai piedi, in ginocchio. Inizialmente, impaurita, vorrebbe fuggire, poi si fa coraggio e riconosce in quest’uomo il bandito Pietraccio. Secondo i piani di don Michele, Pietraccio era fuggito proprio nel momento in cui, nella prigione della torre, Ginevra tentava di aiutare la donna, madre del bandito. Per non cadere in mano agli sbirri, da allora, egli è vissuto nascosto nel bosco ed ora, spinto dalla fame, si raccomanda a Ginevra, credendola una liberatrice. La donna prova pietà nei suoi confronti e dopo avergli portato del cibo e curato la ferita, lo nasconde nella legnaia del monastero.
Quando Ginevra risale in convento, si imbatte in Gennaro e in Zoraide che stanno rientrando da Barletta. Ginevra rimprovera la ragazza in modo amorevole della sua assenza la quale dà delle motivazioni poco sincere della sua inaspettata uscita con Gennaro, senza avvertire nessuno. Ginevra capisce che è inutile insistere e cambia discorso chiedendo di raccontare qualcosa sulla giostra. La risposta viene data da Gennaro che, come già successo, da buon chiacchierone e da persona poco avveduta, inconsciamente, contribuisce ad acuire il dolore interiore di Ginevra. Dopo aver descritto Ettore (che Gennaro crede essere il fratello della donna), egli si dilunga sulla cortesia del giovanotto verso donna Elvira e alla fine chiude dicendo che il torneo è stato vinto da don Grajano d’Asti che ha superato i tre Spagnoli in lizza. Questa notizia sconvolge Ginevra e nei confronti di Gennaro e Zoraide, giustifica il suo improvviso turbamento, dicendo che l’uomo un tempo aveva avuto a che fare con la sua famiglia e che essa non pensava assolutamente di ritrovarlo a Barletta, a servizio dei Francesi.
La Decisione di Ginevra
Ginevra decide quindi di salire in camera, ma è talmente sconvolta che al quarto scalino si sente mancare. Tuttavia per fuggire il rischio che qualcuno la trovi in uno stato di così profondo turbamento, essa preferisce andarsene in chiesa, cercando consolazione nella Vergine Maria. Si inginocchia davanti all’altare dove è esposta un’immagine della Madonna, la cui espressione sembra quasi provare pietà e dolore per la donna. Piangendo, rivolge a Maria una preghiera accorata, mostrando accenti di pietà sincera, conformi al suo solido convincimento religioso. Pur essendo stilizzata alla maniera romantica di concepire la donna, Ginevra si mantiene coerente con se stessa. Pregando, le ritorna in mente il passato: l’infanzia, gli affetti della giovinezza, le prime parole d’amore, i primi rimorsi a cui ora si aggiungere lo svanire della certezza che fino ad ora le aveva dato una ragione di vivere, cioè il sentimento duraturo per lei da parte di Ettore. Inoltre, pensando a Grajano, ogni dubbio si sta cambiando in rimorso perché fin tanto che credeva che fosse morto, esisteva una scusante, ma ora non più. Ma Ginevra è dotata di una tempra molto forte per cui, alla fine, poiché non può vivere sempre in compagnia di rimorsi, decide di affrontare la realtà quale essa e di confessare tutto al marito. Inoltre, considera le sue attuali angosce come un mezzo per espiare le proprie colpe. D’altra parte se Grajano non la vorrà perdonare, forse la ucciderà, ma in questo caso la sua anima immortale si presenterà davanti a Dio per chiedere perdono e misericordia. Anche in questa riflessione, si ha la prova della profonda onesta di Ginevra: essa sa mantenersi rigorosa e coerente ai propri principi nonostante tante inquietudini e ondeggiamenti interiori.
Dopo l’ultima preghiera, essa sale in camera per pensare in che modo avrebbe confessato tutto al marito. Seduta sul balcone che si affaccia su Barletta, crede che il momento più propizio sia quello attuale in cui tutta la città è in festa, altrimenti le difficoltà sarebbero aumentate. Pertanto, si propone di raggiungere Grajano prima dell’indomani. A questo punto si pone anche il problema di Ettore: se lo lascia, facendogli sapere che comunque lo ama, essa è convinta che in vita il giovane non avrà più un momento di pace; se invece essa se ne va senza fargli conoscere il motivo, egli penserà che Ginevra è un’ingrata, però ben presto ogni suo ricordo, col tempo, scomparirà dal suo cuore, per cui questa sembra essere la soluzione migliore. Nel fare i preparativi per la partenza, Ginevra trova dei ritagli di stoffa e dei fili d’argento che erano serviti per confezionare il mantello che Ettore aveva indossato alla festa in onore di Elvira. La prima reazione della donna e di portarli via, ma poi decide di lasciarli perché il pensiero di Ettore deve essere cancellato per sempre e le è sufficiente che il giovane sia felice per causa sua. Dopo questo, Ginevra scrive una lettera di ringraziamento alla badessa del monastero. Compiuto tale ultimo atto, si mette ad aspettare con pazienza, seduta sul balcone, che la notte arrivi. Dà un ultimo sguardo alla camera, al letto e ai pochi bagagli preparati. Quindi volge lo sguardo fuori del balcone: il braccio di mare che separa il monastero dalla rocca le fa pensare a quanto volte essa abbia scrutato le acque per scorgere l’imbarcazione che portava Ettore verso di lei, mentre ora tocca a lei attraversare tale spazio senza sapere quale sarà la sua meta.
Domande da interrogazione
- Qual è il ruolo di Bajardo nel torneo e come si distingue dagli altri cavalieri?
- Come viene descritto il tradimento di Grajano d'Asti?
- Quali sono le angosce e i conflitti interiori di Ginevra?
- Chi è Pietraccio e quale incontro ha con Ginevra?
- Qual è la decisione finale di Ginevra riguardo al suo futuro?
Bajardo si distingue nel torneo per la sua abilità e rapidità nel prevedere le mosse degli avversari, vincendo contro Luis Correa e successivamente contro Azevedo, ricevendo applausi dal pubblico.
Grajano d'Asti è descritto come un traditore della patria, avendo cambiato schieramento tra Francesi e Spagnoli per convenienza personale, e mostra un carattere spregevole e venale.
Ginevra è tormentata da un conflitto tra amore e onestà, dovere e riconoscenza, e sospetta un tradimento di Ettore con Zoraide, vivendo una lotta morale per mantenere la propria dignità.
Pietraccio è un bandito che, fuggito dalla prigione, incontra Ginevra mentre cerca aiuto. Ginevra, provando pietà, lo aiuta portandogli cibo e curando le sue ferite.
Ginevra decide di affrontare la realtà e confessare tutto al marito Grajano, considerando le sue angosce come espiazione delle proprie colpe, e pianifica di lasciare Ettore per non turbare ulteriormente la sua vita.