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taiwan cosa succedeIeri si è svolto a Roma uno degli incontri più importanti delle ultime - tesissime - settimane, quello tra Jake Sullivan e Yang Jiechi. Il primo è il consigliere per la Sicurezza nazionale degli Stati Uniti più giovane degli ultimi 60 anni, l’altro è il nome cinese associato alla gestione delle relazioni di Pechino con gli USA.
Ovviamente il principale argomento del meeting è stata l’invasione russa dell’Ucraina, anche se non è stato di certo l'unico. Curioso quindi che, proprio durante l’incontro in questione, Taiwan abbia denunciato l'incursione di 13 caccia militari cinesi nella sua zona di identificazione aerea. Si tratta dell''iniziativa più grande fatta nell'ultimo mese dall'Esercito di liberazione popolare cinese nei confronti della piccola nazione insulare, a 180 km dalla Cina.

Taiwan e Cina: il complicato rapporto tra le due nazioni

Long story short, direbbero gli inglesi; infatti la storia di Taiwan è lunga e complessa e parte ovviamente diversi secoli fa, ma proviamo a sintetizzare gli avvenimenti più simbolici, condensandone i principali avvenuti nell’ultimo centinaio d’anni.

Nonostante l'isola di Formosa (l'attuale Taiwan) e le isole Pescadores nel 1895 passarono al Giappone come possedimenti perpetui, la Seconda Guerra Mondiale scombinò gli equilibri anche in quella parte del mondo. Quindi il Giappone, sconfitto nel conflitto mondiale, fece tornare l'isola di Taiwan, dopo 50 anni di occupazione, alla Cina. A quel punto il Kuomintang, il partito Nazionalista Cinese vi estese il regime di amministrazione militare.

Successivamente, tra il 1946 e il 1950 Taiwan fu coinvolta nella guerra civile cinese, periodo durante il quale il governo locale, il KMT, si macchiò di gravi colpe e massacri sulla popolazione. Alla fine della guerra civile, conclusasi con la sconfitta del Kuomintang e la vittoria dei comunisti di Mao, il KTM venne obbligo a rigugiarsi a Taiwan e l’8 dicembre 1949 Taipei venne riconosciuta come capitale provvisoria della Repubblica di Cina in esilio.

Entrambe le entità statali sorte dalla fine della guerra civile, quella comunista con Mao alla guida, e quella dichiarata “libera” ed esiliata a Taiwan, continuarono a sostenere specularmente di essere l'unica autorità legittima rappresentante l'intera Cina. A queste prese di posizione, la comunità internazionale, con poche eccezioni, scelse gradualmente la Cina continentale come legittimo rappresentante dell'intera Cina. Non ci fu mai uno strappo netto, ma si trattò di un processo piuttosto lento: solo nel 1971 il Kuomintang perse il proprio seggio di rappresentante della Cina alle Nazioni Unite e nel 1979 gli Stati Uniti, rinnegando la precedente linea di condotta, che vedeva gli statunitensi come principali sostenitori taiwanesi, smisero di riconoscere Taiwan come Stato legittimo.

Nel 1992 venne quindi stabilito il “Consensus”, ovvero un trattato nel quale entrambe le parti concordano di aderire al principio di “una sola Cina”, ma divergendo sul significato comune da attribuirle. Da allora il "Consenso" del 1992 e il principio di “una sola Cina” sono i punti sacri di Pechino per intavolare qualsiasi trattativa per risolvere pacificamente la questione Taiwan, che però è tuttora aperta.

Taiwan e i droni cinesi: cosa succede?

Dunque, tornando però alla vera questione che ha fatto tanto parlare in queste ore, ovvero riguardante l'incursione di 13 caccia militari cinesi nella zona di identificazione aerea taiwanese, potrebbe star per succedere qualcosa tra questi due territori?

Ebbene, indizi su quello che potrebbe accadere nel prossimo futuro sono da ricercarsi proprio nell’incontro diplomatico tra USA e Cina avvenuto poche ore fa a Roma. Infatti, come riportato dal Fatto Quotidiano, a seguito dell’incontro, le autorità statunitensi si sono dette “preoccupate dell’allineamento della Russia con la Cina”, ma non si è parlato solo del conflitto che sta avvenendo in Europa. La discussione romana sarebbe stata “intensa” e piena di argomenti, tra i quali Sullivan e Yang Jiechi avrebbero affrontato anche Corea del Nord e Taiwan.

Le autorità cinesi, sempre a commento dell’incontro nella capitale italiana, hanno a loro volta espresso “profonda preoccupazione” e “ferma opposizione” alle presunte prese di posizione statunitensi. Secondo la Cina, gli Stati Uniti avrebbero esternato “parole e azioni sbagliate” proprio sulla questione di Taiwan e Pechino.

Il capo della diplomazia del Partito comunista Yang Jiechi, nell’incontro di Roma con il consigliere per la Sicurezza nazionale americano Jake Sullivan, avrebbe quindi “chiesto agli Stati Unti di riconoscere l’elevata sensibilità della questione di Taiwan, rispettando il principio della “Unica Cina”, e avrebbe aggiunto un avvertimento: “Qualsiasi tentativo di condonare e sostenere le forze separatiste” dell’isola “non avrà mai successo”.