
La miniserie è composta da 6 episodi di 45/50 minuti l’uno, ed è basata sull’omonimo romanzo "Liebes Kind" scritto dalla scrittrice tedesca Romy Hausmann.
La storia, che da quanto affermato dall’autrice si ispira e mette insieme molti diversi fatti di cronaca realmente accaduti, parla di un rapimento molto particolare. Ma vale la pena di essere visto?
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Di cosa parla “La mia prediletta” la nuova serie Netflix
La serie si apre con la fuga di una ragazza e una bambina dal posto in cui sono tenute segregate. Improvvisamente però la giovane viene investita da una macchina e viene portata quindi in ospedale. All’inizio sembra possa trattarsi di Lena, una ragazza scomparsa tredici anni prima e della quale si sono del tutto perse le tracce per anni e anni.Sono però i genitori di Lena, convocati immediatamente, a sfatare ogni dubbio: quella non è loro figlia, ma la bambina che era con lei è certamente la figlia di Lena. Iniziano quindi a emergere una serie di domande sulla strana situazione che si sta delineando: chi è la ragazza? Perché viveva con la figlia di Lena? E, soprattutto, che fine ha fatto Lena?
In aggiunta a queste, la bambina, che dice di chiamarsi Hannah, inizia a raccontare la sua quotidianità nella casa dove è segregata fin da quando è nata, rivelando anche la presenza di un altro bambino, suo fratello minore. Ma quanto di quello che racconta Hannah è affidabile e quanto invece è una menzogna?
“La mia prediletta”: consigliato oppure no?
Tutti i quesiti che nascono nel giro di pochi minuti dall’inizio della serie, e quelli che invece affiorano man mano che le puntate avanzano, saranno svelati del tutto soltanto nel finale, ma contribuiscono a conferire un ritmo incalzante all’intera vicenda, tanto da far rimanere lo spettatore con il fiato sospeso per l’intera durata della stagione.Complice anche la durata perfetta di sei episodi, questo thriller è studiato al centesimo per non annoiare, ma bensì per far mantenere alta l’attenzione, invitando lo spettatore a nutrire sospetti su molti dei personaggi che si alternano sullo schermo, senza mai però finire nel banale o sbilanciarsi verso una pista piuttosto che un'altra. Il racconto della segregazione della ragazza e dei due bambini, attraverso diversi flashback molto evocativi, aiuta ad aumentare l’ansia e la scomodità in chi sta guardando, rendendo facile empatizzare con tutti i protagonisti, vittime e carnefici delle proprie vite, chi più, chi meno.
“La mia prediletta” è dunque la serie perfetta per una giornata di bingewatching, o per un weekend o una settimana nella quale si vuole vedere un prodotto non troppo lungo e conclusivo. Il ritmo, il ritratto accurato dei personaggi e la storia ansiogena al punto giusto e travolgente, sapranno intrattenere anche lo spettatore più scettico.