
Ce lo spiega Gianluca Zoppi, il trainer che ormai da anni segue la preparazione atletica di diversi calciatori di Serie A, tra cui l’ex conoscenza Keita Balde. L’allenatore è, prima di tutto, un tecnico della Federazione Pugilistica Italiana e il suo metodo aiuta i calciatori a ritrovare la migliore condizione. In che modo? Con l’ausilio della Boxe: così, nell’allenamento di Gianluca, calcio e pugilato si incontrano dando vita ad una straordinaria ricetta di crescita sportiva ma anche personale.
Metodo di allenamento incentrato sul calcio e pugilato
Gianluca staziona a Genova, presso la ‘CelanoBoxe’, una palestra molto nota nel territorio ligure: è lì che allena gli atleti. Il tecnico ha messo a punto una metodologia di allenamento che affonda le radici sia nel calcio che nel pugilato: “Il calcio è uno sport situazionale. Richiede esecuzione di spostamenti rapidi eseguiti in velocità e ripetuti più volte. In quest’ottica il pugilato aiuta molto, consente di prevenire le durate dei periodi di sforzo. E’ uno sport che richiede un allenamento completo: tonicità muscolare, resistenza, fiato e mente. Su questi aspetti in comune vado poi a lavorare con l’atleta che seguo, a seconda delle sue esigenze”.
Non solo il corpo, anche la mente ha bisogno di allenamento. E proprio nella componente mentale l’allenamento di Gianluca trova ampio spazio. Ma non è sempre facile incidere sul lato psicologico di un atleta, e lui lo sa bene: “E’ difficile. Ogni caso poi è a sé. Io alleno l’atleta in funzione del suo obiettivo, tenendo in considerazione la sua situazione. Dal punto di vista mentale esistono degli esercizi propedeutici. Io faccio l’esempio dei bambini bullizzati - perché sono molti quelli che si allenano da noi - : quando prendono lezioni, prima di tutto si calmano e poi prendono sicurezza nei propri mezzi. E così funziona per l’atleta. La sicurezza è il primo tratto di un carattere con forte autostima. Prendi Ibrahimovic: perché tutti lo rispettano? Sì è grosso fisicamente e pratica le arti marziali, ma davvero è solo questo? Secondo me la sua caratteristica principale è proprio l’autostima”.
La Boxe come sport dei violenti? Sfatiamo gli stereotipi
Tuttavia, sono molti i pregiudizi e gli stereotipi che ruotano attorno alla Boxe, ritenuto uno sport per persone violente. E’ davvero così? E cosa potrebbe invece insegnare ai ragazzi? “Dal punto di vista tecnico e mentale, il pugilato è altamente formativo ed educativo, sia per la disciplina che per lo sviluppo dell’autostima. E’ uno sport che crea sicurezza interiore, perché individuale. Quando affronti un avversario sul ring sei solo, è una sfida tra te e l’avversario. Così impari a vivere la vita in modo più sicuro e ad affrontare le sfide di tutti i giorni. L’atleta beneficia sul campo e in altre situazioni dei vantaggi di praticare questo sport. Io dico: provare per credere. La ‘boxe therapy’. Noi abbiamo molte case-famiglia che ci portano i loro ragazzi: giovani arrabbiati a cui lo sport non può che fare bene per trovare il loro posto nel mondo” ci spiega Gianluca.
Affrontare una verifica come un incontro di pugilato
Calcio e Boxe sono sport “situazionali” e ogni gara è un match a sé: un po’ come le verifiche scolastiche. Ma c’è un lato che accomuna sport e studio? Ad esempio, quali accorgimenti potrebbe adottare uno studente in vista di un compito in classe? Gianluca - lavorando a stretto contatto con i giovani - individua più di un dettaglio: “E’ un tema molto importante. L’atleta affronta cinque fasi: panico, lotta, inerzia, adattamento e padronanza. Lo sport aiuta a superare queste fasi, specialmente quello individuale: sei tu da solo con i tuoi problemi. Seguo molti studenti timidi ed introversi, ma praticando il pugilato riescono pian piano ad emergere e ‘venire fuori’. Durante un compito in classe può capitare di farsi assalire da ansia e panico ma niente paura: fare un bel respiro, focalizzarsi sull’obiettivo e affrontare la verifica. Nessuno svolgerà il compito al vostro posto: impariamo a guardare in faccia quello che ci spaventa”.
Boxando (a scuola) s’impara
Approfondendo il capitolo sullo sport e la scuola, Gianluca ci spiega come lo sport sia un ambito davvero sottovalutato sul versante educational, e come le scuole dovrebbero fare più affidamento sui valori che trasmettono sport come la Boxe. ”Noi entreremo nelle scuole con la Federazione Pugilistica Italiana, spiegheremo la nobile arte anche con lezioni di base. Direi che oggi c’è la necessità di estendere l’insegnamento, e non ridurlo più alla classica ora di educazione fisica a scuola. Lo sport è importante, è benessere: uno studente che pratica sport è avvantaggiato anche nello studio. Perché chi pratica sport in modo continuativo ha un diverso approccio allo studio e un’attitudine molto forte.”
Dalle parole ai fatti: proprio per sopperire a queste carenze, Gianluca ci ha parlato di un’iniziativa che ha debuttato da poco nelle scuole. Il progetto “Boxando s’impara” di cui fa parte la “Celano Boxe” di Genova ha infatti lo scopo di favorire l’approccio tra i banchi dei giovani studenti, attraverso allenamenti studiati su misura.
Cosa fare per diventare Istruttore della Federazione Pugilistica Italiana
Lo sport non è solo un mezzo per raggiungere il compimento personale, ma anche professionale. D’altronde cosa c’è di meglio di trasformare una passione in un lavoro? Ecco perché abbiamo chiesto a Gianluca come fare per diventare professionisti di livello: ”La cosa più importante è la passione. Cominciare avvicinandosi allo sport, e piano piano facendo tanta pratica. Oggi magari ci sono tanti ragazzi con un bagaglio teorico molto ampio, ma con lacune pratiche altrettanto grandi. Anche qui l’aspetto mentale è molto importante: un coach in fondo è un motivatore, quindi deve saper trasmettere una mentalità di un certo tipo. Ma, in generale, direi che ci vogliono umiltà e autorità”.Una carriera da intraprendere anche in concomitanza a quella agonistica: ”Una non esclude l’altra. Uno può anche intraprendere l’agonismo e poi dedicarsi al coaching. Ma non è detto che un campione sul campo, lo sia anche ad allenare. E qui torna forte il parallelismo con il calcio. Prendiamo come esempio Mourinho, uno degli allenatori più vincenti degli ultimi 20 anni: hai mai calcato un campo da gioco? No. Eppure esistono pochi al mondo come lui, secondo me è il numero uno come comunicatore”.