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Vuole laurea ad honorem, Università e Tribunale dicono no

Sognava (anzi pretendeva) una laurea honoris causa, ma le cose non sono andate esattamente secondo i suoi piani. 

Succede a Perugia, dove un uomo ha chiesto all’Università il prestigioso riconoscimento accademico in Scienze per l’investigazione e la sicurezza

Non contento del rifiuto ricevuto dall’Ateneo, ha deciso di portare la questione davanti al Tar dell’Umbria, convinto che l’Università avesse agito contro le regole.

Tuttavia, il Tribunale amministrativo non solo ha rigettato il suo ricorso, ma ha anche chiarito un principio fondamentale: non ci si può autocandidare per ricevere una laurea honoris causa.

Indice

  1. Laura ad honorem, autocandidatura? No, grazie
  2. La sentenza del Tar

Laura ad honorem, autocandidatura? No, grazie

Il protagonista di questa vicenda aveva inviato una richiesta formale all’Università degli Studi di Perugia per ottenere la laurea honoris causa, allegando il proprio curriculum vitae. 

Secondo lui, i documenti presentati dimostravano “senza ombra di dubbio i requisiti previsti per il conseguimento” del titolo, come riportato da ‘PerugiaToday’.

Dopo aver inviato la documentazione, non avendo ricevuto risposta dall’Ateneo, il ricorrente si era convinto che si fosse formata la condizione del cosiddetto “silenzio assenso”, ovvero l’approvazione automatica in mancanza di un diniego esplicito. 

Ma l’Università ha prontamente smentito, spiegando che “il relativo procedimento non può essere avviato su istanza dell’interessato” e che il silenzio assenso non è applicabile in questi casi.

Lo Statuto dell’Università di Perugia è molto chiaro: il procedimento per l’assegnazione di una laurea honoris causa deve essere avviato d’ufficio, su proposta dei Consigli di Dipartimento o delle Scuole, e approvato a maggioranza qualificata dal Senato accademico.

Non c’è spazio, quindi, per richieste personali.

La sentenza del Tar

Di fronte al rifiuto, l’uomo ha deciso di rivolgersi al Tar dell’Umbria, chiedendo l’annullamento del provvedimento dell’Ateneo. Ma i giudici si sono schierati dalla parte dell’Università e hanno rigettato il ricorso, definendolo “manifestamente infondato”.

Secondo la sentenza, le università hanno il diritto di conferire lauree ad honorem “a persone che, per opere compiute o per pubblicazioni fatte, siano venute in meritata fama di singolare perizia nelle discipline della Facoltà o Scuola per cui è concessa”.

I magistrati hanno inoltre sottolineato quanto già sostenuto dall’Università, e cioè che tale decisione spetta esclusivamente all’Ateneo, il quale deve agire in autonomia, senza essere condizionato da richieste esterne. Una domanda formale da parte di un interessato, quindi, è in aperta contraddizione con la natura stessa del riconoscimento, che deve essere un’onorificenza e non un premio richiesto.

Il ricorrente non solo ha perso la causa, ma è stato anche condannato al pagamento delle spese processuali, chiudendo così una vicenda che ha messo in luce le regole che disciplinano uno dei titoli più ambiti del mondo accademico.