3' di lettura 3' di lettura
"Le Università non sono zone franche per reati", le parole di Bernini articolo

Le Università non sono zone franche dove si fanno passare i reati per libera manifestazione del pensiero”. Non usa giri di parole Anna Maria Bernini, Ministra dell'Università e della Ricerca in carica.

La numero uno del mondo accademico ha sottolineato il clima di intolleranza che in questo momento imperversa nelle università.

Dalla messa al bando dei progetti di collaborazione con le università israeliane, ai tentativi – sempre più frequenti – da parte degli studenti di impedire convegni, manifestazioni e qualsiasi altro evento che giudicano illeggittimo. Bernini ha chiarito che le università non possono essere terra di nessuno e quando un reato viene perpetrato tra le mura dell'ateneo, questo deve essere perseguito allo stesso modo di quanto si fa nel mondo al di fuori.

Leggi anche:

L'università dal ventre molle

Non si possono far passare reati per manifestazione di pensiero, ha specificato Anna Maria Bernini in un'intervista a 'Radio24': “Questo non è consentito a nessuno e sono certa che i rettori che sono i custodi dell'ordine e della sicurezza all'interno delle loro Università, non possono non essere d'accordo con me. Sfondare una vetrata, impedire alle persone di parlare è reato dentro e fuori l'Università e come tale deve essere trattato".

La ministra dell'Università e della Ricerca ha poi aggiunto: "Non voglio sottovalutare né drammatizzare, ma non intendo dare l'idea di Università lassista o con il ventre molle". Nei mesi scorsi gli studenti si sono resi protagonisti di diverse proteste come quella, per esempio, andata in scena a 'La Sapienza' di Roma. Lì, un nutrito gruppo di studenti si era opposto al convegno del direttore de 'La Repubblica', Maurizio Molinari, tacciato di seguire una linea apertamente filo-sionista. Proprio la questione israeliana è stata al centro del dibattito pubblico nel mondo accademico: ha fatto molto discutere la decisione dell'università di Torino di eliminare i bandi di collaborazione con gli atenei di Israele. Alla base della scelta, il possibile impiego delle tecnologie studiate per scopi militari.

Bernini ha però osservato: "Il tema del dual use è un concetto talmente vago che si può applicare a tutto e molto spesso viene utilizzato come contestazione della politica di Netanyahu" . Si può contestare il premier israeliano ma questo, ha proseguito, "non legittima l'attacco allo Stato e al popolo di Israele”.