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Studente di Medicina disperato

Il percorso universitario non è uguale per tutti. C’è chi riesce nell’impresa come se facesse una passeggiata lungomare e chi porta a casa il risultato tra incredibili sforzi e sacrifici. Ma c’è anche chi a un certo punto si arena e getta la spugna, vuoi per mancanza di motivazione o per una perdita generale di stimoli, per cui nulla ha più senso. Di solito si tratta di esperienze sotterranee, che gli studenti si tengono dentro fino alla fine. Alcune volte, però, i demoni emergono sotto forma di testimonianza. 

Come nel caso dello studente 22enne di Medicina, che racconta la sua vicenda sui social senza tanti fronzoli, cercando di dare voce all’inquietudine: “Credo di aver ormai toccato un punto così basso”. E ancora: Non so che farne della mia inutile esistenza, non può andare avanti così, non so chi sono né cosa voglio o posso fare, so solo che sto bruciando importanti anni di vita”. Qui di seguito le sue parole.

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La testimonianza sfogo dello studente: “Ho 22 anni e frequento la facoltà di medicina… si fa per dire”

“È un post sfogo, ma veramente credo di aver ormai toccato un punto così basso per cui anche parlarne con sconosciuti non mi appare più privo di senso. Veniamo al punto, ho 22 anni e frequento la facoltà di medicinasi fa per dire, ma tra un po’ ci arriviamo. Entrato al primo tentativo nel 2020, in una città vicino casa, dopo essermi preparato per mezzo anno da solo, da 18enne ne sono stato particolarmente orgoglioso e credevo che da lì in avanti sarebbe andato tutto bene”.

La scelta della facoltà: il ritorno economico, il mercato del lavoro e la felicità dei genitori

La mia non è stata una scelta presa alla leggera, certo non esattamente una “di cuore” della serie “ho sempre sognato di…” ma comunque ragionata: pur venendo fuori da uno scientifico le mie abilità matematiche sono sempre state quanto di più prossimo allo zero (4 fisso, al più 5, in mate e fisica praticamente tutti gli anni), mentre sono sempre stato bravo nelle materie umanistiche e in biologia”. 

“Al momento della scelta della facoltà su cui puntare ho fatto queste considerazioni: ingegneria e STEM propriamente dette ovviamente no, economia ha della matematica di mezzo quindi no, biologia è tanto studio ma ritorno assente, facoltà umanistiche varie sono prive di effettivo ritorno e comunque non mi interessano particolarmente… rimaneva per l’appunto medicina, che non è propriamente una STEM (zero esami di matematica), ha un buon ritorno economico e zero difficoltà nell’inserirsi nel mercato del lavoro, tra le altre cose gli esami hanno a che fare con la biologia, e lo studio di robe come cellule, genetica etc a me non ha mai annoiato, anzi, mi sono sempre piaciute… se a ciò aggiungiamo che mio padre è medico e la scelta avrebbe reso molto felici i miei beh, di punti a sfavore praticamente non ne vedevo”.

“Tra l’altro, pur avendo un’idea molto parziale su quello che è il lavoro, l’idea che si tratti di qualcosa che consenta un certo grado di autonomia professionale, piuttosto che finire per essere uno schiavetto per un’azienda non mia, l’ho vista come un ulteriore incentivo”. 

L’esperienza a Medicina: i primi esami non dati, l’isolamento e i pensieri negativi

Primo anno scorre relativamente bene, abbastanza rotto di p***e dal fatto che fosse completamente in didattica a distanza causa Covid, ma comunque do gli esami, con buoni voti, salvo anatomia 1 e chimica che rimangono non tentati”. 

Aula universitaria vuota

Inizia il secondo anno e, salvo il primo semestre, dove do due esami parziali di un modulo che ne comprende tre, la situazione inizia ad incrinarsi: frequento, ma sono indietro e quindi di fatto non studio ciò che viene spiegato, non riesco a fare amicizia con i compagni di corso (un po’ perché sono sempre stato estremamente timido/introverso, un po’ perché molti di loro già si conoscevano causa liceo/meeting online a cui non avevo partecipato), sta di fatto che dopo due uscite di gruppo super cringe inizio praticamente ad isolarmi; i miei ex amici della scuola si sono tutti trasferiti al nord per l’uni, quindi l’anno passa con me chiuso in camera - salvo le lezioni - in una città del Sud non mia in cui peraltro non c’è un c***o da fare anche se avessi avuto una vita; inutile dire che con tutti i pensieri negativi che mi passavano per la testa in quel periodo non ho combinato nulla salvo due parziali dati a novembre”. 

“Inizia il “terzo”, che nel mio caso è nuovamente il secondo, nel primo semestre, nonostante i pensieri negativi/overthinking etc siano ancora lì, riesco a prepare la prima parte di anatomia 1 (loco + cardio), e con questo risultato inizio a sperare di poter quantomeno “funzionare”… Inutile dirlo, ma no. Non ho praticamente idea di cosa succeda il secondo semestre, tipo blackout alcolico, sta di fatto che tra il completo isolamento sociale di cui sopra e i ricorrenti pensieri negativi finisce la sessione estiva che non ho praticamente fatto nient’altro”. 

“Arrivo alla sessione, mi iscrivo e… non mi presento”

“Inizia quest’anno, i continui pensieri negativi si sono quantomeno spontaneamente appianati, della serie che non sono più un costante lurker di subreddit quali r/SuicideWatch o improbabili robe blackpillate di quel buco di c**o che è l’America, ma comunque a livello emotivo rimane la sensazione di essere costantemente intorbidito, con occasionali giornate di totale caduta; cerco di chiudere quantomeno il di modulo di anatomia, studio 8/10h al gg con dubbia produttività perché la pace mentale rimane quella che è, arrivo alla sessione, mi iscrivo e… non mi presento”. 

“Non ero riuscito a chiudere il programma e quando ho riprovato a richiamare attivamente le informazioni qualche ora prima di andare mi sono reso conto che ci riuscivo moolto parzialmente, l’idea di presentarmi mezzo secolo dopo rispetto alla prima parte solo per rischiare di beccare una domanda su una roba che non avevo studiato/fare scena muta su robe che avevo letto e riletto un numero nauseante di volte era troppa da reggere”. 

I romanzi come “forma di escapismo” per “dimenticarmi di me stesso”

“Il secondo semestre passa in un flash, come auto medicazione per “sentire” qualcosa e dimenticarmi di me stesso inizio a scaricare e leggere romanzi: disgraziatamente l’attività si rivela essere una forma di escapismo fin troppo efficace, meglio dei videogiochi - che non uso da tempo, richiedono un ruolo fin troppo attivo da parte mia - e “meglio” degli anime, con cui mi ero anestetizzato l’anno precedente, perché l’assenza di una struttura ad episodi ha fatto sì che il binge reading diventasse una certezza piuttosto che una possibilità”. 

Pila di libri da studiare per Medicina

“Risultato? I mesi sono passati in uno stato di procrastinazione cronica, scaricavo un romanzo facente parte di una serie, lo iniziavo e la giornata terminava quando finivo di leggere, quindi via con il prossimo: per rendere l’idea, più di una volta ho fatto robe che consideravo fortemente malate anche mentre le stavo facendo, tipo quando mi ritrovavo con gli ultimi due libri di una serie, il primo lo finivo in giornata, con il secondo facevo notte in bianco per poi addormentarmi alle 9 di mattina; stare mentalmente non occupato in questo modo è ben presto divenuta una impossibilità, e così siamo arrivati ad oggi con 0 cose produttive fatte (ennesimo periodo di vita sospesa) e 110 libri letti: se non altro ho avuto l’“intelligenza” di scaricarli in inglese, se c’è un lato positivo in tutta questa patetica storia è che credo di averlo migliorato di un tot, quantomeno a questo punto mi viene quasi preferibile leggere solo in questo modo, quando all’inizio era un qualcosa di forzato. 

E adesso “non so cosa fare della mia inutile esistenza”

“Rimane il fatto che come da titolo non so che farne della mia inutile esistenza, non può andare avanti così, non so chi sono né cosa voglio o posso fare, so solo che sto bruciando importanti anni di vita senza conseguire alcunché, sia da un punto di vista relazionale che scolastico. Mi sento solo, con un vuoto affettivo che cerco di colmare con ogni possibile forma di surrogato emotivo e zero obiettivi definiti per il mio futuro; non so neanche che dovrei dire a quei poveri cristi dei miei genitori, che mi supportano in ogni modo possibile (pagando affitto e uni, venendo a trovarmi ogni due/tre settimane etc) non è che per loro sia economicamente un peso la cosa, il non arrivare a fine mese decisamente è una delle poche cose di cui la mia famiglia non ha di cui preoccuparsi, ma sto comunque effettivamente parassitando nel mentre rimango al contempo fermo, non sarà attualmente un problema dal punto di vista finanziario ma è una presa per il c**o sia nei miei che nei loro confronti”. 

“D’altro canto, che cavolo dovrei fare? Ho scelto questo percorso perché non vedevo alternative intelligenti su cui puntare, e non riesco a vederle, so solo che qualcosa va fatto prima che la situa degeneri più di quanto non lo sia già, il che è tutto dire. Scusate per il papiro, qualunque messaggio di supporto/altro è apprezzato, ma DOVEVO sfogarmi con qualcuno, fosse anche un muro di cemento”.

Data pubblicazione 12 Giugno 2024, Ore 9:59
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