ImmaFer
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Semestre aperto medicina

Aule sovraffollate, incertezza sul futuro e una competizione che sfiora l’assurdo. È il quadro che emerge dal racconto di Laura (nome di fantasia), studentessa al primo anno di Medicina all’Università Statale di Milano, una delle migliaia di matricole coinvolte nel nuovo modello di “semestre aperto”, introdotto dal Ministero dell’Università e della Ricerca al posto del test d'ingresso.

Più di 5.000 studenti, nel suo ateneo, hanno iniziato a seguire le lezioni, pur sapendo che i posti effettivi disponibili per accedere al secondo semestre sono soltanto 562.

Trasformando di fatto un sistema che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto facilitare l’accesso al corso di laurea in Medicina in una specie di boomerang.

Indice

  1. Inizio anticipato e lezioni a distanza per mancanza di spazi
  2. Un rapporto 1 a 450: “Non siamo persone, ma numeri”
  3. Prove finali e clima di tensione
  4. Dopo la selezione, l’incognita della ricollocazione

Inizio anticipato e lezioni a distanza per mancanza di spazi

Le lezioni sono cominciate l’1 settembre, con diverse settimane di anticipo rispetto al normale calendario accademico. Un’accelerazione resa necessaria da un dato sostanziale: l’università non ha abbastanza aule per accogliere tutti.

“Abbiamo iniziato prima perché altrimenti non ci sarebbero state abbastanza aule per accogliere tutti gli studenti, che sono molti più di quelli che effettivamente la facoltà potrebbe ospitare”, ha spiegato Laura a 'Fanpage.it'. “In più, proprio perché non ci sono posti per tutti, è stata introdotta la modalità di lezione a distanza per metà degli studenti”.

Il programma prevede, poi, anche un lungo periodo di lezioni asincrone, dal 26 settembre al 10 novembre, durante le quali i contenuti verranno erogati tramite video registrati, senza alcuna interazione tra studenti e docenti.

Un rapporto 1 a 450: “Non siamo persone, ma numeri”

Secondo Laura, proprio la gestione dei numeri del semestre aperto è una delle criticità maggiori. Gli studenti sono stati suddivisi in dieci gruppi da circa 450 persone ciascuno, con un singolo docente assegnato a ogni gruppo.

Il rapporto professore-studente è 1 a 450”, ha raccontato e “non è difficile immaginare che in questa situazione i rapporti umani si annullino completamente. Gli studenti smettono di essere persone, esseri umani, e sono ridotti a meri numeri di matricola. Studiare così è davvero invalidante e destabilizzante”.

Le difficoltà, però, non si fermano alla dimensione relazionale. Le criticità riguardano anche l’aspetto tecnico e logistico della didattica.

Ascoltare le lezioni a distanza - dice Laura - è difficilissimo: non si sente l’audio, c’è rumore, difficilmente si riesce a intervenire nonostante la buona volontà dei professori perché siamo troppi. Per non parlare della richiesta di colloqui che non è minimamente sostenibile per i professori”.

Prove finali e clima di tensione

Alla fine del semestre, in ogni caso, tutti gli iscritti dovranno affrontare tre esami nazionali. I risultati determineranno chi potrà proseguire il percorso in Medicina, Odontoiatria o Veterinaria. Solo chi entrerà in graduatoria in posizione utile potrà continuare, mentre gli altri saranno costretti a cambiare strada.

“Questo non ci permette di frequentare le lezioni serenamente, perché sappiamo che tra qualche mese potremmo dover dire addio a tutto questo”, ha sottolineato la giovane matricola. “In più, si è creato un clima di competizione tra gli studenti che non è sano. Il risultato sono classi che non diventeranno mai tali perché se non si è tra i più bravi non ci sarà posto. C’è chi vende appunti di una lezione a 70 euro e chi si volta dall’altra parte pur di non darti una mano”.

Un sistema che, secondo molti studenti, non solo non ha risolto i problemi legati al test di ingresso, ma ha peggiorato l’esperienza complessiva del primo anno: “Questa riforma non ha senso, il sistema è cambiato in peggio”, è anche il parere di Laura.

Dopo la selezione, l’incognita della ricollocazione

Anche chi supererà le prove di selezione, però, non è al riparo dalle difficoltà. Il meccanismo del semestre aperto prevede, infatti, la possibilità di essere ricollocati in altri atenei, spesso lontani da quello in cui si è iniziato a studiare.

“Dopo il test, se si passa, si viene ricollocati ipoteticamente in qualsiasi ateneo d’Italia e lì inizia una nuova agonia fatta di incertezze e difficoltà”, ha aggiunto Laura. “Tutto questo soltanto per voler studiare per diventare medici. Non mi stupisce che in Italia manchino figure professionali di questo tipo se diventarlo è una tale sofferenza”.

Il desiderio degli studenti, racconta ancora la studentessa, era molto più semplice: poter frequentare i corsi in modo regolare, umano. “Avremmo soltanto voluto iniziare il nostro percorso universitario come tutti gli altri: in aule dove tutto funziona, con lezioni in presenza che iniziano in orario, nella sede di Medicina dove poter incontrare e conoscere studenti degli anni più grandi". "Invece - conclude - siamo stati ghettizzati e trattati come cavie di un sistema che non fa altro che penalizzarci”.

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