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Fonte: il Fatto Quotidiano

Si fa sempre più alta la tensione nelle università italiane per le proteste e le mobilitazioni studentesche in sostegno della Palestina. A Genova, in particolare, sta facendo molto discutere quello che è successo dopo l'occupazione del rettorato - nata per chiedere la rescissione degli accordi con l'industria militare - con la denuncia di alcuni studenti e, peggio ancora, con il blocco delle borse di studio per dottorandi e dottorande. Una mossa che l'Assemblea Precaria Genovese definisce un vero e proprio "ricatto".

Indice

  1. L’occupazione a Genova
  2. Le ragion nel rapporto di Francesca Albanese
  3. L'Assemblea Precaria Genovese parla di "ricatto"
  4. Una scelta politica: fondi all'industria bellica anziché all'università

L’occupazione a Genova

La sollevazione a Genova si è ulteriormente acuita dopo lo sciopero generale del 22 settembre, con la decisione di occupare il rettorato di via Balbi. Le richieste sono chiare e dirette: la rescissione degli accordi con l’industria bellica; l’interruzione del bando promosso congiuntamente dal MAECI (Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale) e dal MOST (Ministero dell’Innovazione, Scienza e Tecnologia dello Stato di Israele); il sostegno alla resistenza palestinese e alla Global Sumud Flotilla.

La risposta dell'Ateneo, con l'appoggio del ministro Anna Maria Bernini, è stata appunto la denuncia degli occupanti. Ma non è tutto: è stato anche bloccato l'erogazione delle borse di studio a dottorande e dottorandi, giustificando il tutto con la difficoltà del personale amministrativo di avere accesso ai propri uffici.

Le ragioni nel rapporto di Francesca Albanese

Le proteste studentesche trovano un'ulteriore legittimazione nell’ultimo Rapporto presentato da Francesca Albanese, Relatrice Speciale per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, alla cinquantanovesima sessione del Consiglio per i Diritti Umani.

Il testo, intitolato “From economy of occupation to economy of genocide”, non fa sconti e descrive l’evoluzione dell’occupazione israeliana in Palestina come un progetto coloniale di insediamento

Questo progetto, secondo la Relatrice, è alimentato da un vasto apparato economico-industriale, nel quale rientrano anche le università, sia israeliane che occidentali. Il loro ruolo è duplice: da un lato contribuiscono alla costruzione ideologica del regime, cancellando la storia palestinese e promuovendo narrazioni allineate allo Stato. Dall'altro, partecipano attivamente allo sviluppo tecnologico e militare.

Basta guardare, ad esempio, al programma europeo Horizon Europe, che ha destinato miliardi di euro ad enti e aziende israeliane. E le cose potrebbero peggiorare: la Commissione europea ha infatti confermato che, per il ciclo finanziario 2028-2034, i progetti dual-use – con applicazioni sia civili che militari – saranno ammissibili di default in tutte le componenti del programma.

L'Assemblea Precaria Genovese parla di "ricatto"

Quanto sta succedendo, ovvero il blocco delle borse di studio come conseguenza della protesta, secondo l’Assemblea Precaria Genovese, un collettivo che riunisce precari e precarie del mondo universitario e della ricerca, come riporta ‘il Fatto Quotidiano’, viene definito un inaccettabile "ricatto".

Interruzioni e ritardi nei pagamenti, secondo l'Assemblea, sarebbero uno stratagemma per alzare la tensione e creare contrasto tra gli studenti che occupano e i lavoratori precari. Un attivista ha dichiarato: "È tecnicamente inammissibile che non sia possibile erogare borse da remoto. Se vero, come non crediamo, si tratta di un dato problematico anche per possibili situazioni di emergenza cui dover far fronte".

Ma il punto cruciale è soprattutto politico: "Il ritardo esplicitamente connesso all’occupazione fa sì che si inneschi un’inevitabile guerra tra poveri, una guerra tra precariato e chi occupa. Infatti, alcune colleghe e colleghi si sono arrabbiati con studentesse e studenti anziché opporsi alle imposizioni rettorali".

L'Assemblea ha ribadito la vicinanza alle lotte studentesche: "Le richieste mosse da studentesse e studenti sono affini alle nostre ma, anche stavolta, queste stesse richieste non hanno trovato risposta". E ha concluso denunciando "la presa di posizione del Rettore così come il suo precedente silenzio e la mancata condanna del genocidio in corso, che è sinonimo di complicità".

Una scelta politica: fondi all'industria bellica anziché all'università

L'Assemblea Precaria Genovese mette in luce un legame tra la loro condizione di precarietà e le rivendicazioni degli studenti. Il problema, secondo i promotori, è il costante definanziamento dell’Università e la crescente influenza di investitori privati, spesso legati, anche indirettamente, al settore bellico: "La nostra precarietà è legata strettamente al fatto che l’università viene definanziata", spiegano.

La riduzione dei fondi statali è una scelta politica: i soldi vengono tolti dall’Università e destinati, tra l'altro, alla difesa e all’industria bellica; non è quindi una "mancanza di risorse". Questo si inserisce in scelte ancora più ampie, come la politica di riarmo dell’Unione Europea. L’Università italiana, trovandosi con meno fondi, è costretta a cercarli altrove, accettando accordi con soggetti privati come le aziende del settore bellico, tra cui Leonardo.

Il risultato, così, è che le priorità della ricerca si spostano sempre più verso interessi economici e militari. Per l’Assemblea, oggi, "la lotta per migliori condizioni di lavoro nel campo della ricerca e per una ricerca più libera è anche e soprattutto una lotta per la liberazione del popolo palestinese”.

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