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di Cristina Montini
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In Ministro dell’Istruzione Profumo ha annunciato l’approvazione del decreto che permetterà lo scambio di ricercatori e professori tra università ed enti di ricerca

È arrivato il decreto che permetterà lo scambio di ricercatori e professori tra università ed enti di ricerca. Il Ministro Profumo già lo aveva anticipato a metà novembre sottolineando la necessità di creare “un sistema di ricerca più robusto, in grado di competere a livello europeo”.

Vediamo come cambierà il sistema di reclutamento di ricercatori e professori universitari.

CONVENZIONI PER LO SCAMBIO DI PROF E RICERCATORI - È stato dato il via libera allo scambio di professori universitari di ruolo e ricercatori a tempo pieno tra le università e gli enti di ricerca. Lo scambio si baserà su convenzioni stipulate tra uno o più professori/ricercatori interessati e gli enti di cui fanno parte e tra i quali avviene lo scambio. Il contratto avrà durata minima di un anno e potrà essere rinnovato fino ad un massimo di cinque anni e dovrà contenere l’indicazione di modalità, tempi e retribuzione della collaborazione. Inoltre, il decreto approvato vieta la stipula contemporanea di più convenzioni per uno stesso ricercatore o professore.

I MOTIVI DEL DECRETO - Lo scopo dichiarato di tale provvedimento è quello di arrivare ad un “miglioramento del sistema formativo nazionale”, ha dichiarato il Ministro dell’Istruzione, “e un rafforzamento della capacità della ricerca italiana nella competizione europea, anche in previsione delle sfide e delle possibilità di recuperare risorse investite dal nostro Paese in Europa”. Il Ministro Profumo ha anche aggiunto che si augura che questo sistema di scambio porti a “una maggiore attrattività internazionale e un possibile miglioramento della qualità del nostro sistema universitario”.

CARICHE UNIVERSITARIE - Per capire meglio la portata di questo decreto, riassumiamo come è organizzato il sistema di reclutamento dei ricercatori universitari e quali sono le cariche accademiche previste nelle università italiane. Prima di tutto si distingue il professore ordinario (di prima fascia) dal professore associato (di seconda fascia) e, poi, ci sono i ricercatori che si distinguono in ricercatori universitari (che possono ottenere il titolo di professore aggregato) e ricercatori a tempo determinato. Per quanto riguarda i ricercatori, però, oltre a coloro che lavorano nell’ambito delle università, esistono anche ricercatori che operano presso gli enti di ricerca.

RICERCATORI UNIVERSITARI - Inoltre, ricordiamo la riforma del sistema di reclutamento dei ricercatori universitari del 2010 e le relative proteste che avevano portato numerosi ricercatori al rifiuto di tenere le lezioni per dimostrare quanto fosse importante il loro lavoro all’interno degli atenei.
La figura del ricercatore universitario è stata introdotta nel 1980 con un DpR che prevedeva espressamente lo svolgimento di attività di ricerca scientifica e “compiti didattici integrativi dei corsi di insegnamento ufficiali”. Tuttavia dal 2011 questa figura è in esaurimento ed è stata sostituita dai ricercatori a tempo determinato che possono essere assunti dalle università in due modi:
1) Contratti di durata triennale prorogabili per due anni, per una sola volta;
2) Contratti triennali non rinnovabili, riservati a candidati che hanno già usufruito di contratti di durata triennale rinnovabili (dopo l’abilitazione diventeranno professori associati).
Così, dopo il decreto approvato ieri, nelle università potranno insegnare o fare ricerca anche altri soggetti che finora svolgevano il loro lavoro negli enti di ricerca e, viceversa, professori e ricercatori universitari avranno la possibilità di esercitare la loro professione anche al di fuori del sistema universitario.

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Cristina Montini