
Esistono due corsi molto simili all’Università Roma Tre: uno, presso la Facoltà di Medicina, assicura una laurea come Educatore professionale, l’altro, presso la Facoltà di Scienze della Formazione, come Educatore professionale di comunità.
Solo il primo, però, riconosce ai suoi laureati il diritto di operare in strutture sanitarie, sia nel settore pubblico che in quello privato. Il problema è che agli studenti di Scienze della Formazione, al momento dell’iscrizione, era stato detto il contrario.ATENEO, NON MI INGANNI - Ci troviamo di fronte ad un caso di “pubblicità ingannevole” dell’ateneo. A segnalarlo sono stati l'Unione degli universitari e i rappresentanti degli studenti di Roma Tre. Infatti, i ragazzi sono riusciti ad accertare, grazie ad un legale, l’infondatezza degli sbocchi professionali in ambito sanitario del corso in Educatore professionale di comunità, di Scienze della Formazione.
LA RABBIA DEGLI STUDENTI – Giulia Mandara, rappresentante di “Ricomincio dagli studenti”, ha dichiarato di volere chiedere all’Antitrust “di verificare se da parte dell’Università di Roma Tre è stata posta in essere della pubblicità ingannevole. Abbiamo dato incarico all’avvocato Michele Bonetti di adoperarsi per capire se ci sono gli estremi per un ricorso di pubblicità ingannevole, in quanto gli studenti denunciano una scarsa chiarezza dell’informazione rispetto alle effettive possibilità lavorative della Laurea cui aspirano”. Si fa sentire anche Michele Orezzi, coordinatore dell’Udu: “Presenteremo ricorso per pubblicità ingannevole all’Antitrust e valuteremo insieme agli studenti coinvolti se procedere anche con un ricorso collettivo al TAR con domanda risarcitoria, diretto a parificare i due corsi di Laurea anche a fini abilitativi”.
LO DICE ANCHE IL MIUR – Anche il Ministero dell’Istruzione ha pensato di scrivere una circolare in cui ha invitato le università a “non trarre in errore gli studenti che si iscrivono pensando di poter poi accedere a sbocchi occupazionali nel servizio sanitario nazionale che sono loro invece preclusi”. Nel momento in cui si trovassero di fronte a questi casi, gli studenti farebbero bene a denunciare gli eventuali casi di pubblicità ingannevole.
Serena Rosticci