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La protesta di Martina contro la cultura dello stupro: "Il problema non è come ti vesti, ma è di chi ti guarda"
Lo scopo del suo abbigliamento casual, forse inusuale per una sfilata di un concorso di bellezza, è stato quello di "dire a voce alta che non esiste un abbigliamento che incoraggia le molestie". Un paio di pantaloni larghi, una giacca mimetica e un paio di sneakers, gli stessi capi che aveva indossato la sera del 29 aprile 2019, giorno in cui ha subito un'aggressione da parte di un uomo più grande di lei. Al Corriere della Sera la ragazza ha spiegato nel dettaglio quel momento: "Mi ha spinta contro un cancello. Ho realizzato che se rimanevo ferma sarei stata ancora di più in pericolo, mio padre mi ha insegnato a difendermi sempre. Così ho cominciato a tirare pugni e a scalciare mentre lui tentava di infilarmi le mani sotto la giacca, che era chiusa. Per fortuna delle auto si sono fermate per chiedere se fosse tutto a posto e lui è scappato". La giovane ha avuto, il giorno seguente, la forza di andare a denunciare il molestatore e da quel momento in poi ha deciso di battersi per non far più prevalere la cultura dello stupro.Anche di recente, racconta, una sua amica l'ha messa in guardia da eventuali "occhi indiscreti", consigliandole di coprirsi un po' di più perché altrimenti se la sarebbe cercata. Un pensiero ancora troppo comune e che Martina ha voluto "combattere" manifestando anche in passerella il proprio dissenso. "Puoi indossare la minigonna o i pantaloni, come nel mio caso: la differenza la fa la mente dell’aggressore, è lui che ha dei problemi, non chi si veste in un modo piuttosto che in un altro" - ha ribadito la ragazza.