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Per L’Espresso lorenzo parelli è la persona dell’annoEra il 21 gennaio 2022 quando Lorenzo Parelli, 18enne della provincia di Udine, venne ucciso dalla caduta di una trave d’acciaio, durante l’ultimo giorno di un tirocinio previsto dal suo percorso di studi.
Dopo undici mesi, per "L’Epresso" è lui la persona dell’anno.
La copertina de L'Espresso

A spiegare la scelta è direttamente Lirio Abbate, direttore del settimanale, che all'assurda morte del ragazzo dedica anche l’editoriale di apertura dell'ultimo numero. Che, in copertina, riporta una sua immagine.

L'editoriale di Abbate su Lorenzo Parelli

La persona dell’anno è Lorenzo. Il nome che tutti dovremmo ricordare perché rappresenta il fallimento di una società precaria che non è riuscita a proteggere un giovane. Di una scuola che è costretta a formare gli studenti in luoghi non sempre sicuri. Del mondo del lavoro che continua a mietere vittime”. Questo è l’incipit dal forte impatto dell’editoriale di Lirio Abbate. Al centro di tutto, quella parola, che fa sospirare e scuotere la testa, non senza una certa dose di rammarico e di indignazione: “fallimento”.

Lorenzo Parelli frequentava il quarto anno del Centro di formazione professionale dell’Istituto salesiano Bearzi di Udine. Si trovava in quella azienda, luogo della sua morte, per imparare il mestiere. Questo perché “era entrato nel sistema duale, basato sull’alternarsi di un bimestre di pratica e uno di lezioni”.

Secondo il direttore, “la figura di questo ragazzo ci mostra i fattori sociali, formativi ed economici che hanno connotato il 2022. [...] Ed è guardando a questo ragazzo che vediamo la condizione degli studenti, quella della scuola, e lo stato della sicurezza sui luoghi di lavoro per apprendisti e operai”. Parole dure, è vero. Ma anche significative. Perché, in fondo, dietro c’è pur sempre la morte di un ragazzo di appena 18 anni.

Abbate cita poi il Presidente Sergio Mattarella, che in occasione della sua conferma al Quirinale, a febbraio, aveva ricordato Lorenzo con queste parole: “Il valore del lavoro, per i giovani, e per chiunque, non può essere associato al rischio, alla dimensione della morte. La sicurezza sul lavoro si trova alle fondamenta della sicurezza sociale, cioè del valore fondante di una società contemporanea”.

Ma, purtroppo, Lorenzo non è un caso isolato. Dopo di lui, quest’anno, altri giovanissimi sono stati vittime del lavoro. Come Giuseppe Lenoci, che se ne è andato a 16 anni perché il furgone della sua ditta per cui svolgeva lo stage è andato a schiantarsi contro un albero, in provincia di Ancona. O come Giuliano De Seta, morto ad appena 18 anni dopo essere stato schiacciato da una lastra di acciaio mentre lavorava in una piccola azienda vicino Venezia.

Ricordare affinché “questi studenti non siano morti invano

Storie drammatiche, che non possono e non devono essere dimenticate. A noi - continua Abbate - spetta il compito di stimolare la memoria, di accendere i riflettori mediatici, illuminare i fatti e i volti che il tempo inesorabile conduce ad accantonare. Non possiamo permettere che cali l’oblio.

Un compito di cui si sono fatti carico anche gli studenti, che a migliaia “sono scesi in piazza da Torino a Trieste, da Milano a Roma, e in ogni parte d’Italia hanno sfilato in cortei (pacifici), perché quel nome è diventato un riferimento per un forte impegno sulla sicurezza. Un simbolo per gli studenti. E in nome di Lorenzo il futuro deve puntare ad azzerare le morti bianche. A evitare queste tragedie”.

Lorenzo dunque rappresenta tutto questo. E deve continuare a farlo, indipendentemente dalle bandiere e dai partiti. E tutti noi dobbiamo continuare a ricordarlo, affinché “questi studenti non siano morti invano.