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pergamena di laurea

Più è basso il livello d’istruzione in famiglia, più si riducono le possibilità di laurearsi. Questo avviene nel resto del mondo ma in Italia la situazione è peggiore rispetto alla media dei paesi OCSE. 

A rivelarlo è il rapporto OCSE “Education at Glance 2025” sullo stato di salute dell’istruzione dei paesi aderenti all’organizzazione e che ci vede purtroppo nelle retrovie di qualsiasi classifica di profitto presente nel rapporto.  

In Italia, infatti, la laurea sembra essere ancora una questione legata principalmente al background socio-familiare di provenienza. Tradotto: se sei cresciuto in un ambiente in cui sono presenti solo dei diplomati, avrai meno (o zero) possibilità di laurearti. 

Indice

  1. Percorsi altalenanti, occupazioni instabili e guadagni bassi
  2. I “giovani adulti” laureati si fermano al 32%: ben al di sotto della media europea
  3. Il problema dell’accesso all’istruzione
  4. Laureati sì, ma con calma
  5. Meglio sul fronte del divario di genere
  6. Mobilità sociale: quando la laurea non salva dalla disoccupazione
  7. Una laurea che paga poco
  8. E l’(an)alfabetizzazione?

Percorsi altalenanti, occupazioni instabili e guadagni bassi

Ma nemmeno chi arriva da condizioni più favorevoli ha il titolo in tasca. Ce lo rivela un altro dato, che vede (e conferma) il tasso di completamento degli studi dei giovani italiani tra i più irregolari d’Europa: solo 1 su 3 riesce a laurearsi nei tempi previsti, contro una media OCSE che sfiora il 50%.

E anche quando il tanto agognato titolo accademico viene conseguito, il cammino resta in salita. I laureati italiani, infatti, non solo fatica­no a trovare un’occupazione stabile, ma guadagnano in media meno di un diplomato. Quando, invece, negli altri Paesi dell’area di riferimento chi ha la laurea in tasca guadagna fino a una volta e mezza di più.

I “giovani adulti” laureati si fermano al 32%: ben al di sotto della media europea

Ma il dato forse più allarmante del rapporto OCSE è la riprova del fatto che, sebbene il numero di laureati cresca in modo costante di anno in anno, questo continua a mantenersi ben al di sotto della media europea e OCSE del 48%.

I numeri parlano di una percentuale di “giovani adulti” - così come vengono identificati nel rapporto - laureati in Italia ferma al 32%, contro il 40% dei 25-34enni tedeschi e il 53% dei pari età francesi e spagnoli. Altri Paesi europei, poi, sono decisamente più avanti: Irlanda, Cipro, Lussemburgo, solo per citarne alcuni, superano ampiamente questa soglia, con percentuali che sfiorano il 60%.

Il problema dell’accesso all’istruzione

Insiste, più in generale, la forte disuguaglianza in termini di accesso all’istruzione terziaria, che in Italia appare fortemente condizionata dal contesto familiare: non che si tratti di una questione ereditaria, ma una correlazione c’è eccome.

Come anticipato, chi ha genitori laureati ha una probabilità molto più alta di laurearsi a sua volta: il 63% di questi giovani taglia il traguardo del titolo universitario, mentre la cifra scende drasticamente al 15% per chi proviene da famiglie con un livello di istruzione più basso. Un divario, pari al 48%, che nuovamente supera la media OCSE, ferma al 44%. 

Grafico accesso università in base ai genitori

Laureati sì, ma con calma

Chi parte avvantaggiato, però, non ha il cento per cento di riuscita. Molto dipende dalle aspettative degli studenti e anche dal tasso di completamento. Nel 2023, in Italia, solo il 37% delle matricole ha completato il ciclo di studi entro la durata prevista del corso: il dato sale al 51% dopo un anno e al 56% dopo tre anni. 

Quando la media OCSE registra un 43% di completamenti nei tempi previsti, con una crescita al 59% dopo un anno aggiuntivo e al 70% dopo tre anni. 

Il tasso di abbandono? Qui, dopo il primo anno di studi, si attesta al 13%. Stavolta restando più o meno in linea con la media OCSE. 

Grafico tempistiche lauree

Grafico situazione immatricolati università

Meglio sul fronte del divario di genere

Volendo guardare il bicchiere mezzo pieno, però, facciamo meglio degli altri sul fronte del divario di genere: anzi, qui da noi le donne hanno addirittura maggiori probabilità di completare gli studi rispetto agli uomini, con un tasso di completamento del 61%, contro il 51%.

Una differenza di “soli” dieci punti percentuali, con il divario che appare meno marcato rispetto alla media OCSE, dove la differenza tra i sessi è di ventidue punti percentuali. 

Mobilità sociale: quando la laurea non salva dalla disoccupazione

Un altro aspetto cruciale riguarda la mobilità sociale - un tempo garantita dall’accesso all’istruzione - che sembra offrire una prima risposta solida alla disoccupazione. Il legame tra titolo di studio e opportunità occupazionali resta evidente: il 14,8% dei “giovani adulti” italiani senza un titolo di istruzione secondaria di secondo grado è senza lavoro, una percentuale che si riduce all’8,9% per coloro che hanno conseguito almeno il diploma di scuola secondaria di secondo grado o un titolo post-secondario non terziario, e ulteriormente al 6,5% tra i laureati. 

A livello OCSE, la situazione è simile: il 12,9% dei giovani adulti (tra i 25 e i 34 anni) senza un diploma di istruzione secondaria di secondo grado è disoccupato, rispetto al 6,9% di quelli con il diploma di scuola secondaria o post-secondaria non terziaria.

Una laurea che paga poco

Il vero problema, però, sta nel portafoglio. Rispetto ad altri Paesi, infatti, qui da noi la laurea “paga” meno. In media un laureato italiano guadagna solo il 33% in più di un semplice diplomato, rispetto al 54% in più della media OCSE. 

A incidere negativamente su questo aspetto potrebbe essere anche il fatto che da noi più di uno studente su tre si laurea in ambito umanistico o sociale (36% contro il 22% della media Ocse), mentre negli altri Paesi i due ambiti disciplinari più popolari sono le cosiddette Stem (Scienze, Matematica, Ingegneria o Informatica) ed Economia, entrambi con un buon 23% di titoli di laurea erogati. Ovvero quelle che, mediamente, garantiscono stipendi migliori.

E l’(an)alfabetizzazione?

Più in generale, poi, c’è poco da stare allegri anche sul fronte dell’alfabetizzazione. L’OCSE definisce basso un livello di alfabetizzazione con un punteggio pari o inferiore al livello 1, su una scala che va da 0 a 5: le persone che rientrano in questo livello sono in grado di comprendere solo testi brevi con informazioni minime, prive di distrazioni. Ebbene, in Italia, il 37% degli adulti tra i 25 e i 64 anni possiede competenze alfabetiche di livello 1 o inferiore. Un dato che supera di gran lunga la media OCSE, che si attesta al 27%.

Una questione non certo secondaria, visto che la propensione a partecipare all’istruzione e alla formazione dipende anche e soprattutto dal grado di competenze maturate. Gli adulti laureati, infatti, ottengono in media 19 punti in più nelle competenze alfabetiche rispetto a chi ha completato solo un ciclo di istruzione secondaria di secondo grado o post-secondaria non terziaria. 

Ciò è particolarmente evidente nel caso dei livelli avanzati: nel 2023, il 62% degli adulti con un livello di alfabetizzazione pari o superiore al livello 4 ha preso parte a percorsi di formazione formali e informali nell'ultimo anno. Al contrario, solo il 14% di coloro con un livello di alfabetizzazione pari o inferiore al livello 1 ha partecipato a tali attività, evidenziando una forte disuguaglianza nell'accesso a un apprendimento costante e continuo.

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