Marcello G.
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In Italia l’ascensore sociale è bloccato: i figli dei laureati non abbandonano (quasi) mai la scuola e (quasi) tutti si laureano

Altro che ascensore sociale. Il destino di un giovane, in Italia, sembra quasi già segnato al momento della nascita. Soprattutto riguardo alle prospettive di studio e, di conseguenza, lavorative. Chi è in alto, ci resta. Chi è ai piani bassi, difficilmente può aspirare a elevarsi. Se, ad esempio, i genitori hanno uno scarso livello di istruzione (uno o entrambi con al massimo la terza media), in un caso su quattro si tende ad abbandonare precocemente gli studi, ancora prima del diploma, e solamente poco più di 1 su 10 arriva al titolo di studio di livello terziario (laurea o similari).

Al contrario, se almeno un genitore è laureato, l’abbandono scolastico crolla al 2%, mentre il tasso di laureati e affini schizza quasi al 70%. A mostrare questi divari pazzeschi è l’ultimo rapporto ISTAT su “livelli di istruzione e ritorni occupazionali”, relativo all’anno 2023. Che il portale specializzato Skuola.net, in vista dell’avvio delle attività scolastiche e universitarie ha approfondito ulteriormente, facendo emergere ulteriori interessanti evidenze.

Il contesto famigliare fa la differenza: i figli dei laureati vanno più avanti

Rimanendo sul legame tra contesto sociale d’origine e formazione, come detto, la quota maggiore di ragazze e ragazzi che proseguono con successo gli studi dopo la Maturità si registra laddove già ci sono laureati in casa: qui i 25-34enni con un titolo “terziario” è pari al 67,1%. Queste famiglie felici, accademicamente parlando, si piazzano sopra la media europea generale, ferma, si fa per dire, al 43,1%. Peccato che scendendo in basso nella scala dei titoli accademici in famiglia, la situazione non sia così rosea.

Se i genitori non superano il diploma di Maturità, il dato già cala al 40,3%, per precipitare al 12,8% quando i genitori possiedono al più la licenza media. Così, la media italiana complessiva si ferma al 30,6%, garantendoci una posizione nei bassifondi della classifica. Le uniche che sembrano volersi svincolare da questa dinamica sono le giovani donne: la quota delle figlie con titolo terziario nelle famiglie con bassi livelli di istruzione è “solo” quattro volte inferiore rispetto a quella registrata nelle famiglie di alto livello; differenza, questa, che tra i coetanei maschi sale a circa sette volte.

La piaga dell'abbandono scolastico 

Di contro, parallelismo non scontato ma alla luce di questi dati abbastanza intuibile, uno scarso livello di studi e formazione dei genitori, come già accennato, espone più frequentemente alla piaga dell’abbandono scolastico: gli ultimi dati ISTAT dicono che il 23,9% dei giovani tra 18 e 24 anni con genitori aventi al massimo la licenza media ha abbandonato gli studi prima del diploma; tale quota scende al 5,0% se almeno un genitore ha un titolo di scuola superiore e a un quasi impercettibile 1,6% in presenza di almeno un genitore laureato.

L'istruzione paga in termini lavorativi: tasso di disoccupazione al minimo tra i laureati

In un’analisi di sistema, tutto ciò è un vero problema, visto che poi molto spesso a un curriculum più “povero” alla voce formazione corrispondono opportunità lavorative meno appaganti. Perché proseguire dopo la Maturità dà un sicuro vantaggio, specie in tempi più recenti. In generale, infatti, tra i 25-64enni, il tasso di occupazione dei laureati è di 11 punti percentuali più alto di quello dei diplomati (84,3% vs 73,3%). Ma tra gli under 35 di oggi che hanno conseguito il titolo da uno a tre anni prima il gap sale a 15,7 punti. Per non parlare del fatto che, rispetto a chi si è fermato prima, non oltre la terza media, la distanza arriva a toccare i 30 punti percentuali (84,3% vs 54,1%).

Di conseguenza, volendo analizzare il dato dalla prospettiva opposta, il tasso di disoccupazione dei laureati italiani - pari al 3,6% - è significativamente più basso rispetto a quello dei diplomati (6,2%) e a quello di coloro con basso titolo di studio (10,7%). Si conferma, dunque, l’evidente “premio” occupazionale dell’istruzione, in termini di aumento della quota di occupati al crescere del titolo di studio conseguito.

Data pubblicazione 27 Agosto 2024, Ore 16:16
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