
Credere in quello che si sta facendo a tal punto da non lasciarsi fermare dai mille ostacoli che si incontrano. Potrà sembrare qualcosa di scontato ma non lo è, soprattutto se il messaggio che si vuol trasmettere è qualcosa che, consapevolmente o inconsapevolmente, ci riguarda tutti come nel caso del film inchiesta "Food For Profit" di Giulia Innocenzi.
Giulia, regista insieme a Pablo D’Ambrosio, è una giornalista che collabora con Report. Nel corso degli anni si è occupata di approfondire ciò che riguarda gli allevamenti intensivi. Diverse le sue inchieste, come quella in cui è riuscita a entrare nell’allevamento grattacielo di maiali in Cina, che sono state riprese da diverse testate internazionali.
Giulia nella nuova puntata del podcast di Skuola.net, #FuoriClasse, ci ha spiegato perché gli allevamenti intensivi ci riguardano tutti.
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Dai banchi di scuola ad Anno Zero di Michele Santoro
Come ci tiene subito a sottolineare, Giulia "fino al secondo liceo studiavo proprio il minimo necessario, una mezz'oretta. Dal terzo liceo, si iniziavano a calcolare i crediti per la maturità e da lì ho capito che studiare mi serviva a qualcosa, così ho iniziato a impegnarmi".
Allo stesso modo, "il giornalismo all'inizio non mi interessava perché non avevo modelli di riferimento. Mi ero dedicata all'attivismo politico; ero all'interno del gruppo dei radicali con Marco Pannella, Marco Cappato e mi battevo per i diritti civili insieme all'associazione Luca Coscioni. A un certo punto iniziarono a invitarmi in televisione. Il primo fu Mentana, poi ci fu Michele Santoro che mi invitò all'ultima puntata di Anno Zero su Rai 2 dove iniziai a discutere con alcuni politici di destra".
"Qualche giorno dopo, mi arrivò una telefonata con una proposta di lavoro proprio da Santoro e da lì è arrivata la conduzione dello "Spazio giovani" di Anno Zero. Da allora ho abbandonato la politica per dedicarmi al giornalismo, avendolo ritenuto uno strumento, nel mio caso, ancora più efficace per riuscire a portare avanti dei cambiamenti concreti all'interno della società".
Food For Profit e gli allevamenti intensivi
Per realizzare il suo documentario "ci sono voluti cinque anni. La prima parte del lavoro è stata abbastanza veloce: con il primo finanziamento ho potuto fare le investigazioni all'interno degli allevamenti e poi il nostro lobbista sotto copertura è riuscito a filmare di nascosto gli eurodeputati. La parte più difficile, oltre che andare in giro per l'Europa, è stata quella "legale", visto il materiale scottante. Alla fine, nonostante tutto, ci siamo rimboccati le maniche, producendo e distribuendo il film da soli".
A fare la differenza è stato il pubblico. "Sono stati loro a decretare il successo del film: è partito un passaparola pazzesco anche da parte di persone famose, che hanno deciso di usare i loro social per diffondere l'uscita. Poi ci sono stati anche alcuni esponenti politici che hanno deciso di diffondere loro stessi il film al Parlamento europeo, al Parlamento italiano e nei consigli regionali".
"Ogni giorno ricevo decine di messaggi di persone che dopo aver visto il film smettono di mangiare carne o diventano vegane. Il fatto che il film sia entrato anche all'interno delle istituzioni fa sì che poi vengano presentate mozioni e ordini del giorno per chiedere di fermare la costruzione di nuovi allevamenti intensivi e di fermare anche i relativi sussidi pubblici".
Paolo Di Falco