
Lo scorso 23 gennaio si è consumato il primo atto della lunga battaglia sulle autonomie differenziate. Il Ddl Calderoli, promosso dall'omonimo Ministro per gli Affari Regionali, è passato in Senato, incassando 110 voti favorevoli, 64 contrari e 30 astenuti.
fonte foto: via Senato.it
Adesso la palla passa alla Camera, che il prossimo 16 marzo sarà chiamata ad esaminare – e votare – il provvedimento. Spiegato in modo semplice, il disegno di legge definisce i criteri e le modalità con cui le Regioni potranno ottenere piena autonomia in alcune materie di interesse pubblico. Parliamo ad esempio di sanità, istruzione, ma anche di ambiente e lavoro. Il Ddl proposto dal Ministro Roberto Calderoli si pone lo scopo di responsabilizzare
gli enti locali rispetto a materie di primario interesse per la collettività. Cos'è l'autonomia differenziata e cosa cambia per la scuola?
Sanità, istruzione, università, ricerca, lavoro, previdenza, beni culturali, paesaggio, ambiente, governo del territorio, infrastrutture, protezione civile, rapporti con l'Unione Europea. Sono solo alcune delle materie per cui oggi Stato e Regioni concorrono. Il ddl sulle autonomie differenziate
mira invece a riconoscere alle Regioni autonomia legislativa su queste e molte altre materie. La misura, per come è oggi, spoglierebbe lo Stato centrale dei propri poteri, con perdita di ruolo decisionale. Tradotto, vorrebbe dire che in futuro potremmo avere Regioni che gestiscono in piena autonomia, per esempio, le relazioni internazionali, o, ancora, il rispettivo piano sanitario. Uno spacchettamento che per forza di cose potrebbe investire anche la scuola,
dal momento che le Regioni avrebbero piena autonomia anche in questa materia. Dai programmi scolastici all'assunzione del personale docente e tecnico-amministrativo: l'ipotesi, riportata da diverse fonti – tra cui
'La Stampa' - nelle ultime ore, è quella che si vengano a creare 20 sistemi scolastici, tutti differenti tra loro. Maurizio Landini, segretario CGIL, è dell'idea che il ddl non porterà alcun beneficio.
La critica al ddl da parte della CGIL
Sul portale 'TuttoScuola' infatti leggiamo:
”Il danno sarà prodotto all’intero Paese: aumenteranno i divari tra Nord e Sud; alla competizione sociale si aggiungerà quella territoriale; cresceranno ulteriormente le diseguaglianze, verrà meno la stessa possibilità di una politica industriale e di coesione nazionale. È questa la naturale conseguenza, da una parte del cosiddetto residuo fiscale che le Regioni più ricche potranno trattenere per sé, dall’altra della frammentazione delle politiche pubbliche su materie di straordinaria rilevanza strategica come ambiente, energia, infrastrutture, ricerca e molte altre ancora. Pensare che sfide cruciali come la conversione ecologica del nostro sistema produttivo e la transizione digitale possano essere affrontate con scelte diverse per ciascuna Regione vuol dire non avere la consapevolezza della fase storica che stiamo attraversando. Per non parlare della regionalizzazione della scuola, che tra tutti i difetti di questo Disegno di legge rappresenta, a nostro avviso, il più pericoloso per l’unità e l’identità culturale dell’Italia” ha detto il leader della CGIL. Cosa sono i LEP
Va però specificato che
l’eventuale approvazione del disegno di legge non determinerà l’effettivo trasferimento di competenze alle Regioni. Il disegno di legge Calderoli infatti stabilisce solo l'iter che Stato e Regioni dovranno seguire nella trattativa sul trasferimento delle competenze. L'accordo potrà nascere solo una volta che la Presidenza del Consiglio avrà stabilito i cosiddetti LEP (Livelli Essenziali delle Prestazioni). Parliamo dei servizi minimi che lo Stato deve garantire in alcune materie su settori fondamentali: secondo quanto previsto dalla legge, le Regioni dovranno fare in modo che gli standard minimi dei servizi essenziali vengano rispettati.