Binario F from Facebook
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istituzioni e genz

giovani hanno scelto. Vogliono un mondo digitale alla portata di tutti, possibilmente con connessioni a banda larga e una scuola aperta alle nuove tecnologie dove si possa imparare l’intelligenza artificiale come anche i segreti dei social media. Ma soprattutto vogliono essere ascoltati da chi siede nella “stanza dei bottoni”.

Così Skuola.net - un progetto nato da un paio di compagni di banco nerd che nel 2000 hanno avuto modo di accedere ad internet grazie alla scuola – ha voluto celebrare i suoi 25 anni di attività organizzando un confronto viso a viso tra la Generazione Zeta e le istituzioni sulla “Carta del Diritto all’Innovazione”. 

Si tratta di un manifesto redatto con il contributo di 2.500 studenti tra i 10 e i 25 anni, che hanno indicato i temi su cui le istituzioni dovrebbero concentrarsi per garantire che l’esperienza digitale sia accessibile a tutti e, soprattutto, sicura.

Il “match” ha visto confrontarsi alcuni rappresentanti della GenZ provenienti dallo Youth Panel di Generazioni Connesse con figure istituzionali di spicco in un luogo, Binario F, che Meta ha introdotto in Italia per promuovere lo sviluppo delle competenze digitali.

Ecco cosa hanno chiesto gli studenti e come hanno reagito le autorità presenti: trovi il confronto completo nel video oppure gli highlights in questo articolo

Indice

  1. Il Diritto alla parità tecnologica: Italia a più velocità 
  2. Diritto alla sicurezza delle piattaforme: tecnologia e umanità cercasi 
  3. Diritto al “vaccino digitale”: i fake si imparano a riconoscere
  4. Diritto alla tecnologia giusta all’età giusta: tutelare i più fragili il primo obiettivo
  5. Diritto all’educazione digitale: un giorno i giovani spiegheranno il mondo agli adulti
  6. Diritto alla partecipazione digitale: ascoltate anche noi 
  7. Il Diritto alla connessione è un diritto umano: lo dice l’ONU!
  8. Diritto alla disconnessione: tutti (giovani e adulti) chiamati in causa

#1 Il Diritto alla parità tecnologica: Italia a più velocità 

Ad aprire il confronto è stato Gabriele Battimelli che la tocca subito piano chiedendosi “Come l'Italia sta cercando di garantire un accesso equo in tutte le sue zone alla tecnologia? In particolar modo per l’uso e l’aggiornamento dell’IA”. 

“In Europa, sulle competenze digitali di base, siamo a metà. C’è chi sta molto meglio“ - esordisce Agostino Ghiglia, Garante per la protezione dei dati personali - "come i piccoli Paesi del Nord Europa. Secondo me dovrebbe diventare una materia di studio obbligatoria almeno da quando il bambino inizia a interagire col telefono, perché gli strumenti vanno benissimo ma non basta saperli usare, bisogna essere pronti. In questo senso, l’educazione civica può essere fondamentale come strumento di accompagnamento alle nuove tecnologie”.

“La vera sfida è portare la tecnologia nelle mani giuste al momento giusto. Chi trasmette l’educazione digitale? I docenti, i primi sui quali agire. Devono essere loro per primi in grado di acquisire le competenze da poter trasferire” aggiunge, invece, Alessandra Gallone, consigliera del Ministro dell’Università e della Ricerca. 

#2 Diritto alla sicurezza delle piattaforme: tecnologia e umanità cercasi 

“Il Diritto si sviscera su più livelli. Prima di tutto quello dell’age verification: come fa l’algoritmo a sapere che un utente ha davvero quell’età? Inoltre, abbiamo dei diritti, ma siamo certi che gli adolescenti ne siano consapevoli? E un altro tema è sicuramente quello della sicurezza dell’utente” riflette Sanya Bonelli, l’unica maggiorenne in un gruppo di minorenni che già sanno il fatto il loro in tema di tecnologia. 

“Le piattaforme possono fare molto meglio sul tema dell’IA applicata alla sicurezza. Mi riferisco, per esempio, a Telegram che non fornisce informazioni su chi pubblica alcuni contenuti. Questo è un qualcosa in continuo divenire, su cui stiamo lavorando da tempo. Per le altre tematiche c’è invece una componente umana da non sottovalutare

Gli adulti devono conoscere bene i rischi che i giovani possono correre. Per esempio, il primo accesso allo smartphone avviene, in genere, troppo presto, con il device che viene regalato per la prima Comunione. Bisognerebbe, invece, rimandare fino almeno ai 13 anni” spiega la dottoressa Barbara Strappato, Direttore della I Divisione del Servizio Polizia Postale e per la Sicurezza Cibernetica

#3 Diritto al “vaccino digitale”: i fake si imparano a riconoscere

“Saper riconoscere una bufala non è un talento, ma è una competenza che noi possiamo insegnare anche ai bambini, aiutando a sviluppare quella che poi possiamo definire  immunità digitale riflette Gerarda Mirra.

Pronta la risposta di Massimo Capitano, Commissario Agcom: “Proprio di recente Agcom ha introdotto il patentino digitale siglando un accordo con il Ministero dell'Istruzione. 

Si tratta di uno strumento attivabile come educazione civica, quindi come momento curriculare ha proprio quell'obiettivo: aiutare tramite dei formatori gli studenti a sviluppare consapevolezza, senso critico, e quindi la capacità di distinguere le fake news”. 

#4 Diritto alla tecnologia giusta all’età giusta: tutelare i più fragili il primo obiettivo

La quindicenne Rosa Ruggia usa da anni le piattaforme digitali e ritiene che l’età non sia la sola discriminante per potervi accedere: “Si parla molto di privarci della nostra libertà nell'ambito tecnologico: la cosa che mi dà più fastidio è il fatto che viene considerata molto di più l'età anagrafica che non la competenza nell'ambito tecnologico.

Quindi volevo chiedere perché si guarda solo l'età anagrafica e non, magari, la maturità nell'utilizzo di queste piattaforme?” 

Secondo Lavinia Mennuni, Senatrice della Repubblica per Fratelli d’Italia, la questione è legata ad una scelta di valore: “Il problema è che noi dobbiamo contemperare in un'epoca in cui c'è stata questa rivoluzione della tecnologia dell'intelligenza artificiale. In quest'epoca di grande velocità, puntiamo a difendere i più fragili, e quindi le persone che sono una fase di evoluzione, cioè le menti giovani dei ragazzi, degli adolescenti e dei preadolescenti

Abbiamo visto i tanti casi di ragazzi che sono arrivati a togliersi la vita per fenomeni di cyberbullismo. Penso, poi, alla crescita di patologie come i disturbi alimentari: sono tutti segnali, dicono gli esperti, correlati a un utilizzo spasmodico delle piattaforme che, a volte, offrono contenuti negativi ai ragazzi

#5 Diritto all’educazione digitale: un giorno i giovani spiegheranno il mondo agli adulti

Ma i divieti possono funzionare - in maniera più o meno efficace - fino all’età in cui sono stabiliti. Poi, la formazione farà la differenza, come fa notare Giulia Cicatelli, “noi ragazzi siamo il futuro e meritiamo di essere formati come si deve anche per quanto riguarda la tecnologia”. 

Secondo Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali: “La sfida di questo tempo è governare il progresso. Il nostro futuro, ma anche il nostro presente, passa da qui: tutti dobbiamo esserne estremamente consapevoli”.

E quando si dice tutti, vuol dire inclusi i giovani: “Il vostro cervello cambia fino a 25 anni e, rispetto alle esperienze che fate e che farete, il mondo digitale è qualcosa che lo cambierà in modo diverso da come si è costituito il nostro. E allora questo significa che alcuni cambiamenti della rivoluzione tecnologica noi li potremo capire soltanto attraverso voi”.

Un’alleanza boomer-zoomer che tuttavia passa anche per l’educazione alle nuove tecnologie: “Come bisogna educare all'intelligenza emotiva, nello stesso modo noi dobbiamo educare le persone a l'intelligenza artificiale.

E qualcosa si sta già muovendo, specie tra i banchi delle scuole. Come fa notare Giuseppe Pierro, Direttore per la comunicazione e le relazioni istituzionali del MIM: “Adesso si sta parlando di proibizionismo (in relazione alla stretta su smartphone e device digitali nelle scuole, ndr), ma non è fine a se stesso”. 

La scelta generale di non usare lo smartphone a scuola - lasciando tuttavia spazio ad altri device digitali - è perché “noi vogliamo che a scuola voi utilizzate gli spazi di apprendimento per capire che avete bisogno di acquisire tante competenze, non solo quelle digitali. Avete bisogno di acquisire le competenze relazionali; avete bisogno di sperimentare le capacità di confrontarvi; avete bisogno di sapere che è la vostra capacità critica quella che fa la differenza, che le risposte non sono necessariamente quelle che trovate nella rete e che le relazioni vanno sostanzialmente vissute”.  

#6 Diritto alla partecipazione digitale: ascoltate anche noi 

“Su questi temi che riguardano soprattutto noi bisognerebbe creare dei veri e propri organi per ascoltare i giovani di ogni territorio, per far sì che possano anche dare delle idee alla politica” fa notare Carmine Vece. 

Qualcosa del genere già esiste, fa notare Simona Malpezzi, Senatrice del PD:“Un legislatore, se vuole fare una legge buona, ha bisogno sempre di consultarsi proprio con quelli su cui poi essa può ricadere. Nel caso dei più giovani, per esempio, l'anno scorso io sono stata proprio chiamata da una serie di vostri coetanei che sono rappresentanti nelle consulte studentesche che avevano l'idea di voler modificare la rappresentanza studentesca. 

Quindi, con loro, abbiamo scritto un disegno di legge che abbiamo presentato sia alla Camera che al Senato. Il tutto, senza però averci messo del nostro, cioè li abbiamo aiutati tecnicamente: oggi il disegno di legge c’è”. 

Quindi il consiglio per tutti i giovani che concretamente vogliono dire la loro è quello di “far ricorso alle rappresentanze che sono già indicate dal Ministero dell'Istruzione, perché se c'è una cosa brutta,  che io non sopportavo quando avevo la vostra età che non sopportano le mie figlie che hanno la vostra età, è quando siamo noi a parlare di cose che riguardano voi”. 

#7 Il Diritto alla connessione è un diritto umano: lo dice l’ONU!

“Oggi siamo qui anche grazie alla connessione. Chi di dovere dovrebbe assicurarsi che tutti i ragazzi abbiano l’accesso a questa tecnologia, sfruttandola a pieno”  spiega la tredicenne Giulia Cicatelli

Infatti, il diritto alla connessione viene addirittura sancito dall’ONU, ma nella pratica trova ancora pochi sbocchi. 

Senza girarci troppo intorno, Giulia Pastorella, Deputata alla Camera per Azione, ammette che “la cosa paradossale è che quello che tu hai detto credo trovi d'accordo tutte le forze politiche. Eppure non ci siamo ancora, in particolare in alcune zone, quelle più remote”.

A contribuire a questo digital divide non è tanto la mancanza di investimenti, ma anche svarioni che a scuola porterebbero all’insufficienza ogni studente: “abbiamo delle mappature sbagliate: ossia questi operatori che dovrebbero portare la fibra arrivano sul posto e invece che esserci una casa non c'è niente. Cose del genere rallentano l’estensione della connettività”. 

E aggiunge: “Sappiamo bene che, di quel 25% del totale del PNRR che è dedicato alla digitalizzazione, tanti fondi ancora non sono stati spesi. Quindi hai perfettamente ragione non è solo un tema tecnico, ma anche di risorse che talvolta non riusciamo a spendere: ed è anche da qui che origina la disparità sociale”.

#8 Diritto alla disconnessione: tutti (giovani e adulti) chiamati in causa

C’è un tempo per stare connessi e un tempo per spegnere tutto. Peccato, però, che per molti giovani questa sia un'utopia non solo perché amano stare tanto tempo online ma anche perché a volte sono richiamati all’attenzionedalla scuola anche quando non sono a scuola

“Vorrei riportare un esempio di vita quotidiana - esordisce Andrea Angelo Vertullo -  ogni sera arriva una notifica del registro elettronico, o un messaggio da un prof: per cui noi siamo, in pratica, costantemente connessi e bombardati di messaggi. Per i lavoratori sono state varate delle leggi che li tutela a non dover rispondere ai messaggi fuori dall’orario di lavoro, per gli studenti cosa si può fare?”

“Per gli studenti non c’è nulla del genere perché servirebbe semplicemente un po’ di buon senso” spiega la Senatrice Simona Malpezzi. Da prof e da mamma ho disinstallato il registro elettronico della mia seconda figlia: non è pensabile, da parte degli insegnanti, che si comunichi entro un certo orario”. 

Insomma alle volte per usare bene il digitale non servono nuove leggi o norme, ma semplicemente buon senso e formazione:  “Il punto è accompagnare tutti, non solo voi studenti, anche gli adulti, a un utilizzo consapevole delle strumentazioni”.

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