
In tempi recenti, ad esempio, più di 1 studente su 5 (precisamente il 22,3%) tra quelli che frequentano le scuole superiori, è stato vittima di bullismo, almeno una volta, per mano dei compagni. Per quanto riguarda invece il cyberbullismo, questo ha raggiunto ben l’8,4% dei ragazzi, in modo sistematico o occasionale.
E c’è anche chi, ribaltando la prospettiva, si autoaccusa di aver preso parte attivamente a episodi del genere nella vita virtuale o reale: il 18,2% confessa di aver partecipato da protagonista a episodi di bullismo verso un coetaneo, mentre il 7% ha preso parte attivamente a episodi di cyberbullismo.
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Le motivazioni del bullismo? Il pregiudizio
Un’indagine, questa, che diventa ancora più probante considerando la platea di coloro che hanno partecipato al monitoraggio: 314.500 studenti e studentesse delle scuole statali secondarie di secondo grado (nel periodo maggio-giugno 2021) e 46.250 docenti delle scuole statali primarie e secondarie (nel periodo giugno-luglio 2021). Un campione di certo non trascurabile e che ci offre dati interessanti anche sulle motivazioni alla base della violenza tra pari età, che spesso è basata solo su un pregiudizio: il 7% dice di aver subito prepotenze a causa del proprio background etnico; il 6,4% avrebbe subito bullismo di tipo omofobico; il 5,4% è invece stato preso di mira per la propria disabilità.Un quadro che forse in pochi si aspettavano, considerando che l’anno scolastico 2020/2021 - a cui si riferisce il monitoraggio - è stato segnato dalla pandemia e dalla Dad, con gli studenti che hanno passato lunghi periodi a casa, diminuendo teoricamente le occasioni di contatto tra vittime e carnefici. Ma ciò che risulta ancora più inatteso è come agli adulti sfugga la gravità della situazione appena descritta. Perché, la scuola e i docenti per primi, rimangono poco consapevoli di ciò che veramente accade agli alunni. E, di conseguenza, non si attivano adeguatamente per arginare il fenomeno.
La percezione degli insegnanti è lontana da quella degli studenti
Gli insegnanti, infatti, hanno una percezione più bassa rispetto agli studenti riguardo alla presenza di episodi di bullismo e cyberbullismo. Non solo: ritengono di intervenire in maniera più efficace (sia in termini di quantità che di qualità) rispetto a quando emerge dall’opinione dei ragazzi. Eppure il 74% dei professori di scuola superiore (il dato si ferma al 76% tra gli insegnanti della scuola primaria e cresce all’83% tra quelli della scuola secondaria di primo grado) dice che nella propria scuola è stato nominato il docente referente, incaricato di monitorare la situazione. Peccato che gli studenti ne sappiano poco o nulla: solo il 13% di loro dichiara di sapere chi è il docente nominato come referente nella propria scuola.Poco recepite anche le Linee di Orientamento 2021 per la prevenzione e il contrasto del bullismo e cyberbullismo, aggiornate a inizio anno dopo la prima stesura del 2017, conosciute in maniera approfondita solo dall’11,5% dei docenti (il 79,5% afferma di averne sentito parlare ma non le conosce nel dettaglio, mentre il 9% dichiara di non conoscerle affatto). Va leggermente meglio per quanto riguarda l’adozione del protocollo di presa in carico delle situazioni di bullismo e cyberbullismo, processo ancora in fase di attuazione: il 46,1% dei docenti delle scuole medie dichiara che è stato adottato, contro il 38% della scuola primaria e il 40,2% delle superiori.
Alla fine, quello che risulta chiaro è quanto il mondo della scuola, quello delle istituzioni e quello degli studenti viaggino, per quanto riguarda il bullismo e il cyberbullismo, su binari diversi e poco comunicanti tra loro. Non riuscendo così a dare un supporto concreto a tutte quelle giovani vittime che, in un momento già difficile di per sé, si trovano così a dover affrontare un ulteriore, pesante, disagio in solitudine.