
Un po’ come Mattia Pascal che fugge sperando in una nuova vita e finisce per rimpiangere proprio quella che voleva lasciarsi alle spalle. Così sembra essere andata anche con il semestre “aperto” di Medicina: gli aspiranti camici bianchi, al momento attuale, sembrano infatti preferire altri sistemi. A rivelarlo è un sondaggio di Skuola.net condotto, poco prima della chiusura delle iscrizioni, su 500 studenti intenzionati a partecipare al semestre aperto di Medicina e Chirurgia.
Fra i sistemi a numero chiuso possibili sperimentati negli ultimi tre anni, solo il 23% ritiene che il migliore sia il nuovo ‘format’ a tre esami con doppio tentativo, mentre un buon 15% guarda ancora con favore al modello dello scorso anno, ovvero test a crocette, con doppia chance, su domande estratte da un database pubblico. Solo uno su tre non si è fatto ancora un’idea precisa, forse non avendo ben compreso la novità in tutte le sue implicazioni.
Alla fine, la sensazione condivisa è che il vecchio sistema non fosse poi così male: a pensarlo è quasi un terzo degli studenti (31%), che indica nel TOLC - un test già sperimentato per altre facoltà a numero chiuso “di ateneo”, quindi ben noto, con 4 tentativi a disposizione e la possibilità di iniziare dal quarto anno - la soluzione preferita ma ‘affondata’ dopo un solo anno dagli immancabili ricorsi al TAR.
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Il semestre aperto in numeri
Forse perché frequentare un semestre universitario - in termini di impegno - non è paragonabile a sostenere un paio di prove. Non a caso, i numeri indicano una certa differenza tra gli iscritti dichiarati dalle note ufficiali ai test di Medicina e Odontoiatria dello scorso anno (circa 67 mila) e quelli (ancora provvisori) al nuovo sistema (54.313 unità per Medicina e Chirurgia e 4.473 per Odotontoiatria).
Ancora non sono noti i posti disponibili, ma il Ministro Anna Maria Bernini ha promesso che sarebbero aumentati insieme al nuovo sistema di accesso programmato: i 20.867 posti del 2024 sono destinati a crescere configurando un favorevole rapporto posti/candidati forse mai visto, almeno in tempi recenti.
Ma, dagli organismi di categoria, già paventano che “solo un ragazzo su due potrà effettivamente entrare a Medicina - come dichiarato dal presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, all’Adnkronos - e questo sicuramente può creare problemi. Molti ragazzi saranno costretti a scegliere una professione diversa, a continuare il percorso di studi nelle altre facoltà, oppure dovranno ripetere il semestre, pur avendo superato gli esami. E' un cambio di prospettiva notevole”.
Il “rischio di perdere mesi per nulla”
Un cambiamento che, anche lato studenti, non convince il 49% dei diretti interessati, che avrebbe preferito il test “classico”, da preparare con più anticipo e con meno incertezza. Solo il 26% promuove pienamente il nuovo sistema di reclutamento, mentre per il restante 25% si equivale al precedente.
La motivazione principale dei meno convinti? Il rischio concreto di perdere mesi preziosi per nulla, anche se lo spirito della riforma aveva esattamente l’obiettivo opposto: lo sottolinea il 59% degli aspiranti camici bianchi contrari al nuovo modello.
Con il vecchio sistema, invece, tutto si decideva in estate con il test: dentro o fuori, e lo sapevi (più o meno) subito. Oggi, invece, bisogna attendere l’anno accademico inoltrato, dopo aver frequentato corsi, sostenuto esami e investito tempo ed energie.
Risultati degli esami rigiocabili altrove? Sì, ma non sempre
Sforzi che, peraltro, rischiano di essere paradossalmente vani: il risultati degli esami finali del semestre filtro possono essere riconosciuti, in caso di insuccesso nell’ingresso a Medicina, solo a certe condizioni in uno dei corsi “affini” selezionati fin dall’iscrizione come possibile piano B.
In questo modo, sulla carta lo studente che non accede a Medicina non avrebbe perso tempo, ma avrebbe incamerato già degli esami universitari nello statino e un percorso accademico alternativo in cui proseguire.
Tuttavia, il riconoscimento del risultato degli esami di fine semestre di Medicina è possibile solo se lo studente ha raggiunto la sufficienza in tutte e tre le materie, ovvero Matematica, Fisica e Chimica. In un semestre “ordinario”, invece, ogni esame ha la sua valutazione individuale.
A far paura anche i problemi logistici
Ma non è tutto. Pesano anche i problemi logistici: le aule sovraffollate preoccupano il 17% degli studenti, mentre un 10% teme il caos legato agli spostamenti tra sedi universitarie e tra corsi ad anno accademico inoltrato, con l’eventuale passaggio a un altro ateneo o con la trasmigrazione dal corso principale ai cosiddetti corsi “afferenti”, già individuati come alternativi e con il riconoscimento dei crediti accumulati nel semestre aperto.
Intanto, meglio tutelarsi: quasi tutti hanno un piano B
In questo clima di incertezza, quasi tutti gli studenti hanno comunque già un piano B in mente, in caso di insuccesso. Il 40% si iscriverà proprio a un corso “affine”, magari per riprovare l’anno prossimo con la via maestra: sono disponibili infatti fino a tre tentativi.
Circa uno su quattro ha, invece, un’alternativa completamente diversa. Ma c’è anche un non trascurabile 30% che ammette di non averci ancora pensato, mentre per il 5% l’alternativa, di fatto, non esiste: o Medicina o niente.
Percorso a ostacoli o passo in avanti?
Nel frattempo, a riassumere le istanze degli studenti ci ha pensato l’associazione Giovani Medici per l’Italia, che per il tramite del suo presidente Antonio Cucinella ha criticato duramente l’impianto del nuovo sistema, che rischia di tramutarsi in un “percorso a ostacoli”.
Secondo Cucinella, “l’università non è affatto pronta ad accogliere migliaia di nuovi studenti: aule e corsi servono già oggi, non domani”. Non solo: “Il semestre filtro - sostiene - non è altro che un ‘test allungato’, simile a quello francese, noto per i suoi effetti negativi sulla salute psicologica degli studenti”.
“Come tutte le novità, anche il semestre aperto può spaventare oppure possono emergere criticità magari imprevedibili in fase di progettazione della norma. È normale che ci sia ancora un po’ di scetticismo da parte degli studenti, che probabilmente avrebbero accolto in forma plebiscitaria solo una abolizione piena del numero chiuso. Personalmente ritengo che il nuovo sistema sia un passo avanti, a patto che gli insegnamenti dei singoli atenei siano davvero allineati in termini di argomenti con le prove nazionali e pensati per preparare gli studenti non a superare un esame universitario tradizionale - come lo erano fino allo scorso anno - ma bensì un test standardizzato nazionale, con le relative e numerose simulazioni a tempo da svolgere. Altrimenti ci sarà ancora la necessità di ricorrere ai costosi corsi di preparazione privati, continuando ad alimentare questo proficuo quanto iniquo (per la meritocrazia) business”, così Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.