
Inizia oggi la storica rivoluzione per il numero chiuso a Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Veterinaria. Dopo oltre vent’anni di test di ingresso è in arrivo quello… d’uscita: infatti l’iscrizione sarà libera, ma dopo poco meno di tre mesi di lezione - precisamente il 20 novembre - sarà già tempo del primo esame (nazionale), con una possibile replica il 10 dicembre.
A concorrere, secondo gli ultimi dati riportati da ‘Il Sole 24Ore’, saranno 53.825 iscritti ai vari corsi di laurea di area sanitaria, di cui ben il 70% studentesse: il maggior numero si registra alla Sapienza (4810), alla Federico II di Napoli (3140), a Bologna (2635), a Padova (2629) e a Torino (2321).
Numeri ben diversi da quelli che questi atenei erano abituati ad accogliere, ma in linea con coloro che lo scorso anno hanno effettivamente sostenuto il test, motivo per cui la didattica a distanza per molti è un’opzione se non un obbligo: vedi il caso Padova che ha deciso di affidarsi totalmente alla Dad.
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Come funziona il semestre aperto
Dagli esami - in parte a crocette e in parte a completamento della risposta esatta - scaturirà, poi, una graduatoria nazionale che permetterà nel secondo semestre l’ingresso definitivo a Medicina - anche in altre sedi rispetto a quella dove ci si è iscritti - oppure dirotterà verso uno dei piani B - sotto forma di altri corsi universitari affini o meno - che devono essere già decisi in fase di iscrizione.
La nuova formula, però, non convince pienamente gli studenti: stando a un recente sondaggio di Skuola.net su un campione di 500 matricole interessate a iscriversi al “semestre aperto”, appena 1 su 4 preferisce il nuovo sistema di reclutamento rispetto ai due che lo hanno preceduto nell’ultimo biennio.
Al contrario, quasi un terzo degli intervistati (31%) dichiara di preferire il sistema del test TOLC, che consentiva fino a quattro tentativi da svolgere anche a partire dal quarto anno delle superiori. Non manca nemmeno chi (17%) trovava migliore il sistema introdotto lo scorso anno, con due tentativi basati sui quesiti estratti da una banca dati nazionale pubblica, mentre il restante 28% non riesce ancora a prendere una posizione.
La selezione immediata, infatti, rappresentava per molti una “certezza”: sapevi subito se ce l’avevi fatta o no, senza dover aspettare mesi. Con il nuovo modello, invece, il rischio più temuto è quello di perdere mesi di tempo per nulla.
Il debutto, insomma, non è privo di incognite ma - va detto - è ancora presto per formulare giudizi: nel dubbio, intanto, gli operatori che facevano (ottimi) profitti con la preparazione ai test d’ingresso, si sono organizzati per supportare gli studenti anche in questo nuovo format scatenado le ire del Ministero dell’Università che ha segnalato il tutto all’Antitrust.
Il numero chiuso infatti non sparisce, si sposta al termine del primo semestre e prende la forma di tre esami standardizzati, uguali in tutta Italia. Prima di arrivare alla selezione vera e propria, però, gli studenti dovranno affrontare corsi intensivi di Chimica, Biologia e Fisica: tre programmi, sei crediti formativi ciascuno, e circa due mesi di attività.
Esami: 31 domande in 45 minuti per ogni materia
In ogni caso, praticamente in tutta Italia, il 1° settembre si parte, con le lezioni che possono essere erogate in presenza o in Dad, per concludersi entro il 30 novembre. Poi, come detto, il vero banco di prova, con il via agli esami: 31 domande in 45 minuti per ciascuna materia (15 a scelta multipla, 16 a completamento), suddivise in due appelli - 20 novembre e 10 dicembre - con la possibilità di ripetere ogni prova una sola volta.
Il risultato migliore sarà quello con cui si verrà inseriti in una graduatoria che, come gli scorsi anni, avrà il compito con vari scorrimenti di inserire gli studenti con i punteggi più alti nei posti liberi di loro maggiore gradimento.
Per restare in gara servirà almeno un 18/30 in tutte le materie, criterio necessario anche per farsi convalidare gli esiti dei test d’uscita come esami in un altro percorso universitario.
Crediti “salvagente” per chi resta fuori da Medicina
Se il sogno Medicina dovesse svanire, però, la riforma prevede un salvagente: i crediti ottenuti nel “semestre aperto” potranno essere utilizzati per iscriversi a corsi affini, come Biotecnologie, Scienze Biologiche o Farmacia, senza dover ripartire da zero.
In caso di fallimento, infatti, gli studenti potranno optare per altre lauree “sorelle” - come Biotecnologie (L-2), Scienze Biologiche (L-13), Farmacia (LM-13), Scienze Zootecniche (L-38) - o anche per i corsi meno gettonati delle Professioni Sanitarie perché l’immatricolazione avverrà, in quel caso, senza test.
Un cambiamento che, di nuovo, lato studenti non convince: tra il test d’ingresso che abbiamo conosciuto fino ad oggi e quello di uscita odierna, il 49% dei diretti interessati avrebbe preferito il metodo “classico”, da preparare con più anticipo e con meno incertezza. Anche qui, solo il 26% invece ritiene migliore il nuovo sistema e per il restante 25% le due soluzioni si equivalgono.
I nodi ancora da sciogliere
Pesano, infine, anche i problemi logistici, tra aule sovraffollate e spostamenti tra sedi universitarie e corsi, specie in caso di passaggi ad altri atenei o ad aree affini.
Se questi timori siano fondati o meno lo dirà il tempo. Per ora, il primo riscontro avverrà molto presto, già in questi giorni. Gli atenei saranno in grado di gestire l’impatto logistico e organizzativo delle lezioni?
L’appuntamento vero, però, è tra due mesi, con la prima tranche di esami: lì si vedrà se il “semestre aperto” sarà davvero una rivoluzione o soltanto l’ennesima tappa nella lunga saga del numero chiuso.