
Sentirsi dare del “vecchio” a 35 anni? Per molti può sembrare assurdo, ma non per la Generazione Z. Secondo un sondaggio condotto da 'EduBirdie' su 2.000 ragazzi tra Gen Z e giovani Millennial, l’idea di “vecchiaia” non ha, infatti, nulla a che vedere con i capelli bianchi o con l’età anagrafica. Si tratta, piuttosto, di codici culturali, linguaggi e comportamenti che, secondo i più giovani, segnano il confine tra “ancora giovane” e “ormai fuori tempo”.
E non basta certo vestirsi in un determinato modo, avere alcuni comportamenti e usare termini "giovanili" per sembrare al passo coi tempi: il rischio, anzi, è di risultare… cringe. Già, perché per molti ragazzi e ragazze ci sono dettagli, spesso sottili, che decretano immediatamente chi appartiene a un’altra generazione.
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Quando l’età è solo una questione di stile
Per il 44% dei Millennials e il 33% della Gen Z, invecchiare non significa automaticamente "essere fuori dai giochi". Qualche ruga o un po’ di capelli bianchi non spaventano affatto. Quello che invece fa storcere il naso sono altri dettagli: usare uno slang ormai superato, vestirsi come un adolescente o fare la “vita spericolata”. In questi casi, il verdetto dei più giovani è uno solo: “It’s not giving”, ovvero non trasmette l’energia giusta, sembra forzato e fuori luogo.
Tradotto: le rughe non spaventano, ma certi atteggiamenti sì. E sono tutti comportamenti che i ragazzi giudicano cringe.
Le “regole non scritte” della Generazione Z
C’è di più. Secondo il sondaggio, per il 46% degli Zedders vivere con i propri genitori dopo i 30 anni è il massimo del 'no' assoluto". In altre parole, secondo quasi metà di loro, continuare a vivere a casa di mamma e papà una volta entrati nella quarta decade di vita è considerato inaccettabile. Ma per i Millennials è anche peggio: qui è il 49% a condannare l'eccessiva permanenza nella casa d'origine.
La Gen Z ha, poi, un altra ragione per "cringiarsi" di un adulto che vuole fingersi un giovincello: per il 47%, non c’è niente di peggio che continuare a fare festa tutti i fine settimana, come se si avessero 20 anni, quando però l’anagrafe dice tutt’altro.
Anche sul lavoro c’è un limite
Infine, c’è un aspetto che riguarda l’ambito professionale. Avere un capo più giovane di sé? Per un terzo degli intervistati mette a disagio, al punto da essere considerata un'altra situazione "cringe".