
Non serve certo la pensione per sentirsi dare del “vecchio”. Anzi, basta superare i 35 anni. Altro che rughe, bastoni e acciacchi: per la Generazione Z la soglia della vecchiaia è culturale, non biologica. Insomma, una questione di linguaggi, codici e appartenenza. Lo rivela un sondaggio condotto da EduBirdie su 2.000 ragazzi e ragazze tra GenZ e giovani millennial, che offre un piccolo spaccato sorprendente – e in parte spietato – sul modo in cui i più giovani definiscono l’età che avanza.
E se pensate che basti un look alla moda per farvi sembrare più giovani, preparatevi a scoprire che potreste risultare solo… “cringe”.
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I numeri che sorprendono: per 1 su 5 si è vecchi a 35 anni
“Quando si diventa vecchi?” Una buona parte della Generazione Z non ha dubbi: la soglia si supera già a 35 anni. È questa, per il 22% degli intervistati, l’età in cui si smette di essere giovani e si entra in una fase percepita come distante dal proprio mondo. Per alcuni, addirittura, il passaggio avviene ancora prima: c’è chi indica i 30 o persino i 27 anni come il momento in cui si comincia a invecchiare.
Se a questi si aggiunge il 13% che indica i 35 anni come spartiacque tra giovinezza e maturità, il quadro è piuttosto definito: per una parte significativa della nuova generazione, dai 35 in poi si è “più di là che di qua”. Ma, per fortuna, c’è qualcuno che sposta l’asticella più in avanti: il 26% a 40 anni, il 21% a 50, e il 31% a 60.
Anche se, sommando le risposte, il concetto che emerge è che tra i 35 e i 60 anni si è ufficialmente oltre il crinale, facendo il verso alla formula inglese “over the hill”.
Non capisci i meme? Allora sei vecchio
La GenZ, dunque, non misura l’età anagrafica con il calendario, questo lo abbiamo capito. Piuttosto, sembra mettere mano a una specie di termometro culturale. Secondo i ragazzi, si inizia a invecchiare quando non si parlano più i codici del presente: non si capiscono i trend digitali, non si usano i social nel modo giusto, non si conosce il gergo di TikTok.
Il confine generazionale è dunque segnato, più che da rughe e capelli sfibrati, dalla capacità (o meno) di restare dentro la conversazione contemporanea. In questo senso, la distanza tra giovani e adulti si misura in riferimenti pop, abbreviazioni slang e velocità di reazione ai trend. Chi non tiene il passo, invecchia. “È difficile spiegare, è difficile capire, se non hai capito già”, cantava Guccini. Ma forse non è la citazione giusta.
Imitare i giovani? Errore fatale
E, soprattutto, non basta fingersi giovani per sembrare tali. Anzi, è proprio questo l’errore più grande. Secondo il sondaggio, ciò che davvero infastidisce la GenZ non è tanto l’adulto che si comporta come tale, quanto quello che cerca di forzare il linguaggio aderendo a uno stile di vita che non gli appartiene.
Cosa che è percepita come inautentica, artificiosa e soprattutto "cringe", cioè imbarazzante. Il risultato? Una perdita totale di credibilità.
Le star che per la GenZ sono già da “panchina”
Nel mirino finirebbero, di conseguenza, anche i personaggi pubblici. Per esempio Taylor Swift, Emma Watson, Daniel Radcliffe. Tutti nati tra il 1989 e il 1990, per una buona parte dei più giovani sono già considerati “vecchi”. E se la loro età suscita stupore, figuriamoci cosa pensano di Lady Gaga (nata nel 1986) o di Scarlett Johansson (1984).
Per non parlare dei “boomer” veri e propri come George Clooney o Brad Pitt. Nonostante la popolarità e l’appeal intergenerazionale, per i ragazzi della GenZ non possono che appartere a un’altra era, a un altro immaginario. Il “filtro nostalgia” li ha già inquadrati.
La scienza non è d’accordo: vecchi dopo i 74 anni
Eppure, se ci si affida agli studi accademici, il quadro cambia radicalmente. Secondo una ricerca della Humboldt University di Berlino, la vecchiaia inizia dopo i 74 anni. Un’età che tiene conto del prolungamento dell’aspettativa di vita e del fatto che molte persone restano attive – professionalmente e socialmente – ben oltre i 60.
Come ha spiegato Markus Wettstein, autore dello studio, “le persone che un tempo venivano considerate anziane oggi non lo sono più”. Una visione che si scontra frontalmente con la percezione della GenZ, ma che sottolinea come la realtà biologica e quella culturale seguano traiettorie (molto) diverse.