
La Tv così come i giornali ne hanno parlato tanto, descrivendolo come un vero e proprio luogo di perdizione, dove giovani e giovanissimi si recano in cerca di droga e sballo low cost. Una delle prime ad accorgersi di questi ragazzi, è stata una giornalista, Micaela Palmieri, volto noto del Tg1. La sua curiosità e la voglia di capire cosa stesse accadendo a quei tanti giovani che vedeva aggirarsi come ‘storditi’ nei pressi della stazione di Rogoredo le hanno permesso di incontrare Carlo, Regina, Silvia e tanti altri che in quel bosco si sono persi. Non si è però limitata ad ascoltare, ha deciso anche di raccogliere le loro storie e trasformarle in un libro, ‘Next Stop Rogoredo’. Arricchito dalla prefazione di Alessandro Rodino Dal Pozzo, Presidente della Comunità San Patrignano, il libro vuole squarciare quel velo di indifferenza e paura che si pone tra noi e chi, a causa di un disagio all’apparenza non visibile, è entrato nel tunnel della droga e non riesce più ad uscirne. Noi di Skuola.net abbiamo voluto incontrare Micaela per capire la genesi del suo libro e comprendere meglio quali sono le circostanze che portano i ragazzi, spesso adolescenti, ad avvicinarsi alla droga. Anche perché gli adolescenti degli anni ‘80 e ‘90 erano bombardati di messaggi che se non altro creavano consapevolezza attorno a droghe pesanti come l’eroina, oggi invece sembra che non esistano più... Ma sappiamo che la realtà è ben diversa.
Com’è nata l’idea di scrivere il libro?
“È stata quasi una cosa casuale in realtà. Io sono di Milano ma lavoro a Roma, quindi sono anni che faccio la spola tra queste due città. Ogni volta che arrivavo presso la stazione di Milano Rogoredo, notavo che c’erano sempre più giovani e giovanissimi che camminavano come fossero ‘storditi’ all’interno della stazione, spesso chiedendo soldi ai passanti. Tutti poi si dirigevano verso il parco che si trova proprio vicino la stazione. Era evidente che fossero tossicodipendenti, tutti li potevano vedere, mi sono quindi iniziata a domandare perché nessuno ne parlava visto che erano davvero tanti”.
Era quindi una cosa visibile, quasi tollerata?
“Secondo me all’inizio hanno sottovalutato la cosa, le persone avevano paura perché questi ragazzi, o comunque molti di loro, erano molesti. Così con un mio amico volontario, due anni e mezzo fa, abbiamo deciso di andare insieme nel parco, meglio conosciuto come il bosco di Rogoredo, e lì mi sono trovata davanti una situazione che io non pensavo potesse esistere in nessuna città, tantomeno a Milano. E dopo quella volta sono ritornata, compresa la notte che descrivo nel libro ‘Next stop Rogoredo’. Sono stata lì diverse volte in due anni e mezzo, ormai conoscevo bene i ragazzi, ci ho parlato molto cercando di capire le loro storie”.
Ti è mai capitato di incontrare adolescenti?
“Tantissimi, soprattutto all’inizio. C’erano ragazzi di 14 anni che mi hanno detto che andavano lì per noia, per trascorrere una serata diversa come se fosse divenuto di moda andare al boschetto. Per pochi euro, parliamo di due o quattro euro, potevano acquistare dosi di eroina quindi tutti avevano la possibilità di procurarsela. E così tornavano. Molti di loro, giovanissimi, avevano delle reazioni fisiche evidenti: ragazzi con la scabbia, oppure che iniziavano a perdere denti”.
Che tipo di sostanze acquistano i ragazzi?
“Soprattutto eroina ma anche altre droghe. Un ragazzo, che poi è il protagonista del libro che ho conosciuto bene, mi ha raccontato che da alcuni esami che aveva fatto, nel suo sangue avevano trovato di tutto: metadone, morfina, cocaina”.
Quali storie tra quelle che hai ascoltato ti hanno più colpita?
“Quella del protagonista del libro, che io ho voluto chiamare Carlo. Lui ha iniziato da ragazzino con la cocaina, poi è passato all’eroina. Lui nonostante fosse un ragazzo sveglio, purtroppo è caduto nel tunnel della droga. Ne era consapevole ma non riusciva ad uscirne. È una cosa che può capitare davvero a chiunque. Anche un’altra ragazza che ho incontrato mi ha confessato in lacrime che lei voleva sì uscirne ma proprio non riusciva”.
Quali sono i motivi che spingono i ragazzi a recarsi in quel posto?
“Ci sono tante motivazioni alla base, ogni storia è a sé. Alcuni iniziano un pò per moda, altri per disperazione o addirittura per noia. Molti infatti mi hanno confessato che non sapevano cosa fare e quindi andavano lì per trascorrere una serata di sballo”.
Quali sono gli effetti che hai constatato su questi ragazzi?
“Ci sono dei denominatori comuni, come ad esempio la solitudine. L’eroina diventa la loro unica ragione di vita, non hanno più amici, fidanzati. Si svegliano la mattina e pensano solo all’eroina, è totalizzante. Arrivano anche ad odiarla ma non ne possono fare a meno, si crea un rapporto conflittuale.”
Cosa ti sentiresti di dire a quei giovani che sono caduti nel tunnel della droga?
“Io ricevo molti messaggi sui social grazie a ‘Next sto Rogoredo’. Un ragazzo mi ha scritto, dicendomi che solo dopo averlo letto si è reso conto di aver bisogno di aiuto e ha deciso di contattare la Comunità San Patrignano”.
Come riconoscere e aiutare un amico che ha problemi di questo tipo?
“Accorgersene è complicato all’inizio ma ci sono dei segnali comuni, come mi ha confermato un papà che ha una figlia con problemi di droga, come ad esempio l’indolenza, la tendenza a isolarsi, oppure improvvisa aggressività”.
Dopo ‘Next Stop Rogoredo’ quali sono i tuoi progetti?
“Appena terminerà l’emergenza sanitaria, vorrei incontrare i ragazzi che si trovano presso la Comunità San Patrignano il cui direttore ha scritto la prefazione del mio libro. Vorrei parlare con loro per capire meglio cosa spinge a fare uso di sostanze stupefacenti e come si può uscire dal tunnel della droga. Io prima pensavo che le comunità fossero molto utili ma non immaginavo l’enorme lavoro che fanno su questi ragazzi e il grande sostegno che danno loro”.
Qual è il messaggio che vuoi mandare con il tuo libro?
“Le persone tendenzialmente guardano questi ragazzi come se fossero dei delinquenti o dei mostri. E questo è sbagliato perché non sono problemi da risolvere, ma delle persone. Non bisogna fermarsi all’apparenza, bisogna capire cosa c’è dietro, quale disagio li ha portati alla droga. E poi c’è bisogno che la società dia delle alternative a questi giovani, ci vorrebbero più luoghi di ascolto come Skuola.net”.