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dpcm cos'è

E’ cambiato tutto al vertice del Paese dopo l’insediamento del governo Draghi? Non Proprio. Molti Ministri sono rimasti al loro posto e, qualcun altro, ha solo cambiato ‘palazzo’. Neanche la nomina dei Sottosegretari ha dato l’impressione dell’inversione di rotta.

Lo stesso si può dire per i modelli con cui verrà guidato il Paese fuori dall’emergenza sanitari. Perché tra poche dovrebbe tornare uno dei simboli del 2020, lo strumento giuridico più usato: il famosissimo (e temutissimo) Dpcm, con le misure di contenimento del virus (chiusure, divieti, restrizioni, ecc.). Ma di cosa si tratta? E qual è la differenza con il suo parente più ‘famoso’: il decreto legge? Scopriamolo insieme.

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    Come detto, è stato indubbiamente uno dei termini più usati degli ultimi dodici mesi. Soprattutto a ridosso di cambiamenti per il nostro tenore di vita. Ma cosa significa letteralmente Dpcm? Non è altro che un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, cioè un atto normativo emanato direttamente dal Capo del Governo, la cui validità - al pari di un Decreto Legge - è immediata (entrando in vigore nella data in esso indicata). Questo nonostante abbia meno formalmente meno peso di altre fonti normative.

    Il Dpcm si identifica, infatti, come un provvedimento di secondo grado. Che vuol dire? Che è meno importante rispetto alla legge, ai decreti-legge e ai decreti legislativi. Naturalmente, in punto di diritto non esiste il concetto di importanza, ma tutte le fonti legislative hanno una loro gerarchia. Il principio della gerarchia delle fonti è semplice: una norma contenuta in una fonte di grado inferiore non può essere di contrasto ad una fonte di rango superiore. Con l’apparato normativo italiano che è caratterizzato dalla pluralità delle fonti, articolato in fonti costituzionali (la Costituzione Italiana è al vertice della piramide), primarie (come le leggi e i decreti-legge), secondarie (ad esempio i regolamenti ministeriali) e terziarie (i cosiddetti usi e consuetudini).

    Il fatto che, fino all’avvento del Covid il termine Dpcm fosse sconosciuto ai più, è dipeso dal fatto che questo tipo di formula solitamente si usava solo in occasione di provvedimenti tecnici. Ne sono un esempio le nomine dirigenziali, che quasi sempre sono state formalizzate con decreti rapidi del Presidente del Consiglio.

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    Dpcm e decreto-legge, le differenze: vantaggi e svantaggi

    Lo strumento che, invece, sin dall’inizio in tanti hanno richiesto si utilizzasse per disciplinare le norme di contenimento del virus è invece il ben più noto Decreto-legge. Norma di rango superiore, più concertata a livello governativo e con una forza maggiore.

    Il motivo per cui, invece, soprattutto nella fase più critica del Covid si è deciso di affidarsi al Dpcm è stato di carattere pratico: era un atto che permetteva al Premier di prendere decisioni immediatamente operative, senza troppi passaggi formali che ne potevano rallentare l’entrata in vigore. Il decreto-legge, al contrario, è un atto che oltre al benestare del Presidente del Consiglio, prevedere il coinvolgimento del Consiglio dei Ministri. Dunque, in sostanza, la rappresentanza dei partiti è esclusa dai Dpcm mentre è fondamentale per l’approvazione dei decreti-legge. Forse per questo, nei mesi, sono stati più volte sollevati dubbi sulla legalità di provvedimenti del genere per gestire una tematica così importante. Ma, giuridicamente, non si può delineare nessuna violazione della riserva di legge (ovvero da stabilire solo con una legge ordinaria o con un atto avente forza di legge, come ad esempio il decreto legge) prevista per incidere sulle libertà fondamentali.

    Quello che potrebbe stonare, semmai, è il perché questo avvenga. E’ vero che i ritmi della crisi sono stati incalzanti, è però inspiegabile come non sia stato possibile poter contare costantemente sul Consiglio dei Ministri, lasciando ampia autonomia al presidente del Consiglio. Soprattutto dopo le prime settimane, di comprensibile impreparazione. Va però detto che, per la sua attuazione, anche il Dpcm è inevitabilmente soggetto a una valutazione delle fonti di rango superiore. Nel caso di specie, il decreto-legge che deve in qualche modo ‘autorizzare’ la prerogativa del Premier.

    Dpcm: perché tante critiche?

    Sul tema del Dpcm si è lungamente dibattuto. L’utilizzo di questo strumento di indirizzo della vita pubblica alla lunga ha logorato il rapporto di fiducia che si era creato tra le parti nel corso della prima fase dell’emergenza. Diciamo pure che le forze parlamentari, lì dove non hanno più visto l’opportunità di questa misura, sono insorte. Ed eccoci dunque al capitolo due della storia. Il nuovo governo, quello di Mario Draghi.

    Una delle tante critiche di questi mesi, che portava talvolta all’approvazione di un decreto-legge, era dovuta alla necessità - manifestata da alcune forze politiche - di parlamentarizzare il dibattito sul Covid. Visto che, poi, il Dl deve essere convertito in Legge dalle Camere. A loro si sarebbe potuto aggiungere anche il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, che però non ha mai voluto sfruttare il suo potere di veto sulle misure emergenziali. Il perché, ora che il sistema è rodato, il Dpcm sia ancora utilizzato, anche dal nuovo Esecutivo, resta dunque un rebus. Sarebbe interessante parlarne con Draghi, che purtroppo ha sposato la via del silenzio.

    Enrico Filotico, La Politica Del Popolo

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