
Il crime piace e appassiona, non solo per una questione di algoritmi. È una lente con cui leggere le motivazioni dietro ai comportamenti, capire le fragilità, distinguere tra verità e rappresentazione.
Tra i protagonisti del settore, ci sono senza dubbio i criminologi. Gli esperti chiamati a interpretare i casi, provando a entrare nella mente di carnefici e vittime. Ormai diventati volti noti della Tv e dei social. A tal punto da invogliare un numero sempre crescente di persone a intraprendere il percorso verso questo mestiere.
Ma cosa significa fare il criminologo? Abbiamo provato a capirlo nella nuova puntata di CSD - Come si diventa…?, il vodcast YouTube di Skuola.net, assieme Flaminia Bolzan: psicologa e criminologa, dottore di ricerca, consulente clinica e forense, presenza fissa di programmi come Mattino 5, UnoMattina e SkyTG24, autrice di saggi e narrativa di successo.
Chi meglio di lei, dunque, può accompagnarci nel mondo della criminologia, svelando quali competenze servono davvero, quali strade formative hanno senso, come si lavora sul campo e qualsi sono i principali ostacoli (normativi, professionali, emotivi)? Spoiler: servono studio, metodo e una buona "igiene delle emozioni".
Indice
- Che cosa fa davvero un criminologo
- Le motivazioni dietro i reati: emozioni, frustrazione, controllo
- Il percorso di Bolzan: un maestro, casi-chiave, televisione
- Come si diventa criminologi (davvero)
- Ostacoli strutturali: niente albo, tempi della giustizia, libera professione
- Competenze chiave: curiosità, metodo, umiltà (e niente innamoramento delle proprie tesi)
- La regola d'oro della determinazione
- Scene forti e distacco tecnico: si può fare?
- Perché il crime appassiona (e no, non ti rende un serial killer)
- Consigli per iniziare: ampiezza di base, piano B, onestà con se stessi
Che cosa fa davvero un criminologo
“Il mio lavoro presuppone l’analisi psicologica della scena del crimine ai fini dell’identificazione del profilo dell’autore”, spiega Bolzan. Tradotto: si studiano caratteristiche psicologiche e comportamentali per ricostruire motivazioni, dinamiche e compatibilità con un reato, con valenza processuale.
“Ognuno ha la sua competenza: il criminologo non è il criminalista e non è il genetista forense.” Qui la parola d’ordine è perimetro: sapere quando “passare la palla” agli specialisti giusti evita errori che pregiudicano un procedimento.
Le motivazioni dietro i reati: emozioni, frustrazione, controllo
Il fattore ricorrente? “L’incapacità di regolare le emozioni”.
Quando rabbia e paura non vengono pensate ma agite, scattano condotte aggressive – dal litigio stradale alle relazioni sentimentali. Nei femminicidi, osserva Bolzan, l’escalation spesso esplode quando una donna si autodetermina: chi non tollera la frustrazione “pone in essere comportamenti delittuosi”.
La prevenzione non è dunque uno slogan. Si parte infatti dall’educazione emotiva, dalla famiglia, dal contesto (“il contesto conta”, anche in ottica risocializzante), e da un lavoro culturale che separi persona e comportamento: si interviene sulle cause, non si assolve né si demonizza a prescindere.
Il percorso di Bolzan: un maestro, casi-chiave, televisione
La prima svolta ha un nome e cognome: il prof. Francesco Bruno, “la persona più importante nella mia formazione”.
La seconda è una consulenza del 2016 sull’omicidio di Luca Varani. Un’immersione che mostra “lati oscuri della socialità romana”, sostanze, dinamiche borderline tra coetanei, e impone una domanda scomoda: che cosa chiamiamo divertimento?
Da lì, anche la divulgazione televisiva – non come palcoscenico dell’ego, ma come luogo dove rendere comprensibile al grande pubblico che cosa fa un criminologo e perché le motivazioni ci sono sempre, anche quando non sono strumentali.
Come si diventa criminologi (davvero)
Nessuna scorciatoia, ma tre porte d’ingresso: Giurisprudenza (poi master in criminologia), Medicina (specializzazione in psichiatria o medicina legale + master), Psicologia (con possibilità del nuovo corso magistrale in psicologia criminologica e forense alla Sapienza, presieduto da Annamaria Giannini).
C’è anche Scienze dell’Investigazione (L’Aquila), oggi afferente a classi sociologiche, da valutare piano di studi alla mano. Il perno del discorso rimane uno: “La criminologia è una specializzazione di una base giuridica, psicologica o medica”. Prima si costruisce il fondamentale, poi si affina l’indirizzo.
Ostacoli strutturali: niente albo, tempi della giustizia, libera professione
“Non esiste un albo dei criminologi”. Sul piano procedurale, la perizia criminologica è prevista ex art. 80 solo in fase esecutiva (dopo la condanna definitiva).
In fase investigativa si lavora come consulenti di parte, coordinandosi con gli avvocati su quesiti specifici. Ne deriva una carriera a domanda variabile, con la necessità di farsi conoscere professionalmente e dimostrare utilità processuale. In altre parole parliamo della libera professione: più autonomia, ma anche incertezza.
Si guadagna? “Io sono soddisfatta,” dice Bolzan, ma tra studio, ricerca, spese di studio professionale e tempi della giustizia, l’equilibrio è da costruire. Dubai può attendere: “Forse Torvaianica”, scherza.
Competenze chiave: curiosità, metodo, umiltà (e niente innamoramento delle proprie tesi)
L’identikit per eccellere prevede alcuni ingredienti chiave. Tra questi sicuramente la curiosità che non si esaurisce, intuizione allenata, studio costante, capacità di “notare la nota stonata” e accogliere punti di vista divergenti.
Tutto questo perché parliamo di un lavoro in cui serve cautela e dove è fondamentale “fare un passo indietro rispetto all’innamoramento per le proprie tesi”.
Senza tralasciare una certa regolazione emotiva e la sempre importante gestione dello stress, che diventano veri e propri strumenti professionali, non optional caratteriali.
La regola d'oro della determinazione
Gli inizi, come spesso accade, sono in salita. Una strada concreta è combinare dottorato/borse e progetti di ricerca con i primi incarichi. “Non scoraggiatevi”, insiste Bolzan: il punto è posizionarsi, portare valore e credibilità ai tavoli che contano.
La regola d’oro è quella della determinazione. Perché la realtà, dietro ai sogni, esige tempi lunghi e tanto lavoro di rete.
Scene forti e distacco tecnico: si può fare?
Quello del criminologo non è un lavoro da svolgere nel chiuso di una stanza. Capita di visionare foto di sopralluogo, esami autoptici, talvolta di presenziare all’autopsia come consulente (con il medico legale presente). “Nel ruolo tecnico ti distacchi emotivamente”. Non è insensibilità, è "igiene professionale".
Quindi sì, chi ha una ipersensibilità al sangue farà fatica; chi invece sa mettere tra parentesi l’emozione può trovarsi più a suo agio.
Perché il crime appassiona (e no, non ti rende un serial killer)
Nessuna demonizzazione dei fan del crime, che secondo l’ospite “permette di allontanare da sé alcune paure” proiettandole sui protagonisti, oltre a soddisfare il desiderio di “giocare a fare gli investigatori”.
Insomma, se la passione per il crime fosse indice di instabilità psicologica, ironizza Bolzan, “avremmo troppi serial killer in giro”. Il punto sta nel pensare le emozioni, non nel censurare i racconti.
Consigli per iniziare: ampiezza di base, piano B, onestà con se stessi
Prima regola: scegliere una base ampia (Psicologia, Medicina, Giurisprudenza) che abiliti a professioni ordinistiche e lasci un piano B.
Seconda: chiedersi se si desidera un lavoro stimolante ma incerto - e lavorare psicologicamente su quella incertezza.
Terza: diventare la migliore versione di sé nella regolazione emotiva.
L’ultima dritta arriva citando il suo maestro: “Per fare il criminologo ci vuole il fisico”. Ma il fisico, in questo caso, vuol dire tenuta mentale. E allenamento quotidiano.