
Si trattò di un attacco nucleare a tutti gli effetti e che – per ferocia e conseguenze – ancora oggi viene ricordato. Nell'esplosione dell'ordigno morirono infatti tra le 150.000 e le 220.000 persone, quasi esclusivamente civili: viste le proporzioni dei danni causati, si è trattato del primo e unico utilizzo di questo dispositivo in un conflitto.
La Dichiarazione di Potsdam, l'attacco nucleare e la resa dei giapponesi
Come è noto l'Impero Giapponese fu parte attiva nella seconda guerra mondiale, affiancando Germania e Italia contro l'esercito degli alleati. Dal bombardamento della base americana nel Pacifico “Pearl Harbor” - avvenuto nel 1941 - ad opera dei giapponesi, il Sol Levante attirò ancora di più le attenzioni degli USA. Il 26 luglio 1945 l'amministrazione Truman, insieme agli altri Capo di Stato alleati, vararono la Dichiarazione di Potsdam in cui venivano stabiliti i termini della resa giapponese.Il documento fu diffuso anche in Giappone ma l'Impero rifiutò categoricamente di arrendersi. Per accelerare la fine del conflitto e ottenere la resa dei giapponesi, l'amministrazione Truman decise di passare ai fatti: lo sgancio dell'ordigno era al tempo stesso un modo per piegare lo spirito dell'Impero del Sol Levante e una chiara intimidazione al resto del mondo. Alle ore 8.15 del 6 agosto 1945 il Boeing 29 Superfortress “Enola Gay” sganciò sulla città giapponese l'ordigno: una forza distruttiva senza precedenti avrebbe cambiato per sempre le sorti della guerra e del mondo.
La scelta dell'obiettivo: perché proprio Hiroshima?
Nel 1945 Hiroshima era una città di grande importanza militare e industriale e nei suoi pressi erano presenti alcune basi militari. Tuttavia si trattava di una base minore, dedita al rifornimento e all'appoggio per le forze armate: la città era soprattutto un centro per le comunicazioni, per lo stoccaggio delle merci e un punto di smistamento delle truppe. La più recente storiografia concorda quasi all'unanimità nell'affermare che i bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki furono dei veri e propri test da parte degli americani per mettere alla prova la potenza distruttiva dell'ordigno nucleare.Infatti sono molti gli storici che considerano tale atto come una rivendicazione di forza: il Giappone era ormai sul punto di cedere e ”tutti sapevano che non c'era alcun bisogno di ricorrere ad una simile arma” dirà qualche anno più tardi il Capo di Stato maggiore del presidente Truman, l'Ammiraglio William Leahy. Hiroshima era, tra le altre cose, l'unico tra gli obiettivi americani che non avesse al suo interno campi di prigionieri di guerra. Inoltre, il centro della città, ospitante una grande quantità di edifici in cemento armato appariva come un test ideale per capire l'effettiva potenza della bomba. ”La bomba atomica fu un esperimento inutile. Gli scienziati possedevano questo giocattolo e volevano provarlo” dichiarò poi l’ammiraglio William F. Halsey.