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storie dca animentaLa pandemia ha acuito i problemi legati ai Disturbi del comportamento alimentare. Secondo la Società italiana per lo studio dei DCA, infatti, i casi sono aumentati del 30% durante i momenti più oscuri a cui ci ha costretto il Covid-19.
Ed è ciò che è accaduto anche a Francesca, una ragazza di 18 anni che ha iniziato ad avere problemi con il cibo proprio durante il lockdown.

Le costrizioni, l'obbligo di rimanere a casa, spesso soli e in solitudine, sono stati terreno fertile per lo sviluppo dei Disturbi alimentari, soprattutto negli adolescenti. Francesca oggi è volontaria di Animenta, l'associazione creata dai più giovani per raccontare, informare e sensibilizzare sui Disturbi del Comportamento Alimentare. Attraverso l'ente no-profit ha voluto rivivere la sua esperienza, anche e soprattutto per aiutare chi come lei sta soffrendo questa condizione.

"L'assenza di rapporti mi ha portato verso un Disturbo alimentare": la storia di Francesca

Per tutti noi esiste una linea di demarcazione che segna il prima e il dopo pandemia. Dal 2020 le nostre vite sono state scombinate e la nostra quotidianità ha subito talmente tante trasformazioni, fatte di divieti e restrizioni, che a oggi quasi facciamo fatica a ricordare la nostra vita precedente. Situazioni di questo tipo, al cui centro troviamo la solitudine, l'ansia, l'assenza di relazione con gli altri, possono far insorgere problemi legati all'alimentazione. E' ciò che è capitato a Francesca, 18enne, che durante il lockdown ha dovuto fare i conti con il suo Disturbo alimentare.

La sua era una vita apparentemente tranquilla, "normale", fatta di amici, fidanzato, affetto in famiglia e scuola. Tutto sembrava filare liscio, fino alla nuova reclusione in casa data dal secondo lockdown, a ottobre 2020. Da quel momento - racconta Francesca - "Ho iniziato a fare i conti con quei demoni che stavo covando di nascosto. Non c’erano più le mie amiche a distrarmi davanti ad una ciotola di patatine, non c’era più il mio ragazzo a farmi ridere davanti a una pizza. Eravamo solo io e quello che avevo davanti. E sebbene ci fosse la mia famiglia, erano tutti troppi distratti da ciò che c’era fuori per rendersi conto e poter prevenire quello che accadeva nella mia testa".

Chi ha un DCA spesso si chiude in se stesso e rifiuta il dialogo

Più la solitudine si acuiva, più Francesca evitava di rapportarsi verso l'esterno, cioè verso la sua famiglia. "Non volevo aprire bocca: non ne volevo sapere di parlare dei miei problemi, mi sono chiusa in me stessa e ho iniziato a spegnermi. Ho reso impotente chiunque mi volesse bene - racconta oggi la ragazza - impedendogli di aiutarmi in un momento in cui, invece, un conforto e un confronto da chi di più caro avevo poteva farmi solo bene".

"Non mangiavo ed ero sempre nervosa"

Francesca ha quindi deciso di smettere di mangiare e tutto questo ha portato, oltre a una consistente e malsana perdita di peso, anche a un cambiamento radicale nel suo modo di esprimersi e di manifestare se stessa agli altri. "Quando non mangiavo ero irritabile, rispondevo male ai miei familiari, tendevo a isolarmi e a voler stare da sola".

Adesso Francesca sorride e aiuta chi soffre

Oggi, finalmente, grazie anche al nuovo impegno come volontaria di Animenta, Francesca ha deciso di ricostruire la sua vita. "Riprendendo a mangiare, pian piano, ho anche ripreso a sorridere davvero, a essere spensierata e a godermi i momenti di convivialità". E' guarita e ha compreso a pieno anche le difficoltà subite da chi le è stato accanto durante tutto il decorso della malattia. Ora ha deciso di servirsi della sua esperienza per poter aiutare concretamente chi sta cercando di uscire da un Disturbo alimentare, donando la propria storia e sostenendo da vicino chi accusa i segni della malattia.

Maria Zanghì