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Si chiude in bagno e si spara, il 16enne non ce l'ha fattaÈ morto in ospedale il ragazzo di 16 anni che martedì pomeriggio si è chiuso in bagno e si è sparato alla testa.

Il drammatico episodio è avvenuto nella periferia di Roma, a Tor de’ Cenci. La pistola era regolarmente detenuta dal padre, una guardia giurata.

Si cercano di ricostruire, ora, le motivazioni dietro al gesto estremo del ragazzo.

Cosa è successo

L’agonia del ragazzo è durata quasi due giorni. Alla fine i medici del reparto di terapia intensiva hanno comunicato la brutta notizia ai genitori: il loro secondogenito, di appena 16 anni, non ce l’ha fatta.

L’episodio risale al pomeriggio di martedì scorso. Il 16enne si era rinchiuso nel bagno di casa e si era sparato un colpo alla testa con la pistola in dotazione al padre, una guardia giurata. Il minorenne, come riporta il ‘Corriere della Sera’, era andato in coma profondo fin da subito, a seguito dello sparo. Prima di compiere il gesto, il ragazzo avevo bloccato la porta con un mobile. L’allarme era scattato subito, ma i parenti non erano riusciti a entrare per soccorrerlo. A farlo sono stati i poliziotti accorsi sul posto, che hanno fatto irruzione nel bagno abbattendo la porta. Immediatamente il giovane è stato portato in ospedale per poi essere ricoverato in terapia intensiva. Ma le sue condizioni apparivano già gravi.

Le indagini: si cercano le motivazioni del gesto

Sul caso indagano ora gli agenti del commissariato di Spinaceto, che hanno innanzitutto interrogato le persone più vicine al 16enne, ovvero i genitori e il fratello maggiore di diciotto anni. Sono stati ascoltati anche gli insegnanti e alcuni compagni di classe. Non sono ancora chiari i motivi del gesto estremo, ma per ora non si esclude nessuna pista. Da quello che emerge dalle ricostruzioni, fa sapere il ‘Corriere della Sera’, prima della tragedia ci sarebbe stata una lite in famiglia.

La polizia ha anche svolto gli accertamenti riguardo alla pistola utilizzata dal ragazzo. Il padre è stato denunciato per omessa custodia, ma si cerca ora di capire se il 16enne fosse a conoscenza del luogo in cui veniva riposta l’arma da fuoco. Sequestrati poi il cellulare e gli altri dispositivi elettronici del ragazzo, così da ricostruire al meglio i fatti attraverso gli ultimi scambi di messaggi.

I genitori avrebbero acconsentito alla donazione degli organi.