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Sintesi
Nel 1876 Thomas Edison inventa il fonografo: si hanno le prime registrazioni. Prima di allora se si voleva tenere memoria di un brano lo si trascriveva. Inizialmente, nella maggior parte delle culture musicali del pianeta la musica non si scriveva, invece in occidente è diventata poi una questione quasi fondamentale. C’è una grossa distinzione tra musica scritta e musica orale. La musica scritta è molto più democratica perché in quelle orali spesso c’è una trasmissione da maestro ad allievo. Ma la memoria orale è una memoria potente, che può tenere una quantità di informazione ampia, prima dell’invenzione del fonografo quindi l’unica possibilità per tenerne traccia era trascrivere. All’epoca c’erano molti viaggiatori che ascoltavano concerti girando nei paesi del mondo e attraverso le trascrizioni raccoglievano cosi le canzoni che sentivano in modo tale da poterle riprodurre poi. L’invenzione del fonografo cambia le carte in tavola: è da li che la musica fino ad allora trasmessa oralmente viene letteralmente incisa e si può ascoltare. Iniziano in quel periodo tutta una serie di registrazioni, ci si interessa a registrare le musiche popolari. La musiche popolari oggi non sono scritte, un esempio: i beatles vanno direttamente sul computer o sugli strumenti senza passare per la fase della scrittura. Quindi le musiche popolari contemporanee condividono questa forma di oralità passata. La scuola di Berlino di etnomusicologia dura dal 1900 al 1930 : molti studiosi poi se ne vanno negli USA a causa di Hitler. È proprio poco dopo la guerra che nasce il termine “Etnomusicologia”, cioè le musiche delle altre genti. Un periodo in cui l’etnomusicologia cambia i metodi di lavoro: gli etnomusicologi si mettono in prima persona nella ricerca sul campo. Soprattutto negli USA si utilizzano i sistemi e le tecniche dell’antropologia. Gli etnomusicologi (ma anche i registi) si rendono conto nel 1950 che stava cambiando tutto (es. l’Italia è molto cambiata, è stato registrato il cambiamento “La Dolce Vita - Fellini”), quindi prima che tutto sparisse si registra: es.processioni settimana santa, i canti popolari natalizi, cerimonie nuziali. Nel 1964 nasce un termine “antropologia della musica”: considera la musica come una delle attività della cultura di un gruppo umano. Per cultura si intende qualcosa trasmesso da generazione a generazione. I “popular music studies” nascono intorno al 1980: quella che fino ad allora veniva considerata una musica commerciale, comincia ad essere studiata con un approccio che è dell’antropologia. Da pochi anni si parla sempre di più di una musicologia trasculturale che sia quindi il passaggio da una cultura all’altra.
Estratto del documento

Musiche popolari contemporanee

Nel 1876 Thomas Edison inventa il fonografo: si hanno le prime registrazioni. Prima di allora se si voleva

tenere memoria di un brano lo si trascriveva. Inizialmente, nella maggior parte delle culture musicali del

pianeta la musica non si scriveva, invece in occidente è diventata poi una questione quasi fondamentale. C’è

una grossa distinzione tra musica scritta e musica orale. La musica scritta è molto più democratica perché in

quelle orali spesso c’è una trasmissione da maestro ad allievo. Ma la memoria orale è una memoria potente,

che può tenere una quantità di informazione ampia, prima dell’invenzione del fonografo quindi l’unica

possibilità per tenerne traccia era trascrivere. All’epoca c’erano molti viaggiatori che ascoltavano concerti

girando nei paesi del mondo e attraverso le trascrizioni raccoglievano cosi le canzoni che sentivano in modo

tale da poterle riprodurre poi. L’invenzione del fonografo cambia le carte in tavola: è da li che la musica fino

ad allora trasmessa oralmente viene letteralmente incisa e si può ascoltare. Iniziano in quel periodo tutta una

serie di registrazioni, ci si interessa a registrare le musiche popolari. La musiche popolari oggi non sono

scritte, un esempio: i beatles vanno direttamente sul computer o sugli strumenti senza passare per la fase

della scrittura. Quindi le musiche popolari contemporanee condividono questa forma di oralità passata. La

scuola di Berlino di etnomusicologia dura dal 1900 al 1930 : molti studiosi poi se ne vanno negli USA a

causa di Hitler. È proprio poco dopo la guerra che nasce il termine “Etnomusicologia”, cioè le musiche delle

altre genti. Un periodo in cui l’etnomusicologia cambia i metodi di lavoro: gli etnomusicologi si mettono in

prima persona nella ricerca sul campo. Soprattutto negli USA si utilizzano i sistemi e le tecniche

dell’antropologia. Gli etnomusicologi (ma anche i registi) si rendono conto nel 1950 che stava cambiando

tutto (es. l’Italia è molto cambiata, è stato registrato il cambiamento “La Dolce Vita - Fellini”), quindi prima

che tutto sparisse si registra: es.processioni settimana santa, i canti popolari natalizi, cerimonie nuziali. Nel

1964 nasce un termine “antropologia della musica”: considera la musica come una delle attività della cultura

di un gruppo umano. Per cultura si intende qualcosa trasmesso da generazione a generazione. I “popular

music studies” nascono intorno al 1980: quella che fino ad allora veniva considerata una musica

commerciale, comincia ad essere studiata con un approccio che è dell’antropologia. Da pochi anni si parla

sempre di più di una musicologia trasculturale che sia quindi il passaggio da una cultura all’altra.

Tre tipi di approccio principali della musicologia trans-culturale:

1. musicologia e storia della musica

La musicologia storica si occupa della tradizione scritta della musica che si sviluppa solo nel mondo

europeo con questa importanza. Adotta una prospettiva sociologica, distinguendo una cultura alta:

aristocratica, ecclesiastica, delle corti; bassa: quella popolare, spesso non scritta, di vari argomenti

es. la fiaba è un repertorio orale molto importante, ma non c’è un autore, ricopriva molti strati della

popolazione ma non abbiamo nomi di autori, a differenza ad es. dei canti gregoriani dove compaiono

già i primi nomi. Successivamente all’ambito della liturgia e dell’intrattenimento aristocratico si

sviluppa la rappresentazione teatrale, non c’è più l’invito ad un palazzo, si comprano i biglietti e di

conseguenza cambia anche il gusto: non è più un gusto raffinato dei trovatori, del madrigale ecc. ora

si va incontro ai gusti del pubblico, si cerca l’applauso, l’effetto. Quando si parla di musica popolare

come ‘poco elegante’ è perché si va incontro ad un certo gusto del pubblico, si cerca l’applauso ed è

centrale l’effetto. Quello che ci rimane della musica scritta è una piccola parte di quella che era la

cultura musicale: i documenti sono scritti su supporti diversi, pergamena, carta, supporti analogici e

digitali. Venezia era la capitale della carta stampata in musica.

2. etnomusicologia

Nell’etnomusicologia ci si occupa di cultura musicale. Documenti sonori: fonogrammi (con il

fonografo), dischi, nastri magnetici, supporti digitali, oggetti e manufatti di interesse musicale. Il

vinile nasce dagli anni 40 e 50. La ricerca della etnomusicologia ha un carattere congetturale, ci si

pone delle domande e si cercano degli indizi.

3. discipline etno-antropologiche

Le Dea sono le discipline etno-antropologiche. Abbiamo a che fare con etnologia, antropologia

religiosa/culturale/sociale/della musica ecc. tutta una serie di scienze con campi di indagine passati e

presenti. Quella che viene detta la dinamica tra l’osservatore esterno(studioso) e gli osservati: si

instaura un dialogo, un confronto, imparare per osmosi la cultura dell’altro. Verso una musicologia

transculturale: es. negli anni 50 occuparsi di musica nera per un bianco (il blues) era qualcosa di

illegale (blues, gospel, spiritual, work-songs). Nelle musiche di matrice popular si studia la

reciprocità, le dinamiche tra musicisti e poi si osservano quei fenomeni di nicchia socio-musicali che

nascono e scompaiono con estrema velocità (indie, underground, grunge, punk). C’è una stretta

relazione di come uno veste si muove, per cui i generi musicali che ascolta.

Intorno alla musica popolare ruotano parole come:

Volk, ci si comincia a interessare in Occidente nella prima metà dell’Ottocento delle tradizioni

• popolari (saghe, leggende, miti) e lo si fa per diversi motivi. Delle tradizioni popolari ci si interessa

soprattutto di quelle nordiche. L’illuminismo è transnazionale e avveniva la distribuzione dei libri.

Verso la fine del 1700 e l’inizio del 1800 inizia una riscoperta verso le saghe e le tradizioni popolari

di matrice nordica, che arriva fino a Harry Potter. Il caso dei fratelli Grimm, tipici della cultura orale

anonima tipici delle fiabe.

Folk, termine che letteralmente significa “popolo”. “Folk” è “gente”.

• Folk-lore, “lore” significa sapere, quindi sapienza popolare.

• Narodnaja Kultura, è la cultura popolare nella tradizione russa. Questo movimento ha un’accensione

• di fiamma con la Rivoluzione Russa, era contro i valori di oligarchia che controllava tutto. C’era un

enorme miseria in Russia. Applicando una serie di concezioni di Marx e Hengel si è realizzato il

“socialismo reale” nel quale i valori del popolo vengono messi in primo piano. Tutto il resto, come

borghesia ecc sono corrotti. Se prima con la scuola dei 5 i russi cercano identità verso una cultura

italiana e francese, da questo punto in poi è rigettato tutto dei valori occidentali e borghesi corrotti e

messi in primo piano i valori del popolo. Ci sono dei grossi problemi di censura anche in musica, chi

voleva usare un linguaggio d’avanguardia doveva o scappare o veniva perseguitato. Il socialismo

d’avanguardia diventa violento e repressivo nei confronti di tutto ciò che non era al canone, come le

Chiese che avevano un potere temporale venivano distrutte. Il clero viene rimandato in Siberia e ad

un certo punto tutti i Paesi di conseguenza fanno lo stessa cosa. Abbiamo la repressione di ogni

attività spirituale (buddhisti, cristiani ortodossi ecc.). Tutto questo è riportato alla luce dopo la

Caduta del Muro di Berlino nel 1991.

Folk-revival, Bob Dylan si scontra con il folk-revival perché a un festival si presenta con un gruppo

• elettrico, non con l’armonica e la chitarra acustica, e i suoi “colleghi” gli urlano “giuda”.

Popular, il popolo era la somma di tutti i valori positivi, legato al comunismo. Quindi c’era una

• visione delle cose dove il popolare era positivo. In musica c’è sempre stata l’opposizione tra

popolare e popolaresco. Abbiamo repertori popolari anonimi di tradizione orale, come La Villanella

che imita il linguaggio popolare. C’è pure l’opposizione tra alto e basso e tra colto e popolare. È

molto chic giocare a fare i popolari e poi tornarsene a palazzo. La tradizione musicale veneziana e

napoletana sono molto colorate, c’è un osmosi tra colto e popolare. La logica “serva padrona”, cioè il

servo con il passare del tempo diventa padrone, c’è un gioco tra livelli. Dopo la seconda Guerra

mondiale nascono negli Usa intorno agli anni 30-40-50 diversi movimenti anarchici o velatamente

comunisti. Si ha la corrente degli “Hoboes”, ovvero lavoratori stagionali che si spostavano da un

punto a un altro dell’America, viaggiavano su treni e amavano lo spirito libero. Fuori dalla

dimensione tradizionale nasce una corrente “folk singers”, cioè cantori di tradizione popolare. Nasce

nel periodo degli anni 50-60 con ispirazione di sinistra. Molti scrivono blues, oppure improvvisano,

una sorta di recitar cantando. Guardando i cantautori di oggi Fabrizio de Andrè fa diverse cose con la

melodia oltre che valorizzare il testo, altri come De Gregori danno più importanza al testo e vogliono

far arrivare un messaggio. Nasce il “music business”, gli impresari si rendono conto che questa cosa

funziona (nelle comunità afro americane nascono i race record) e cominciano a organizzare concerti,

registrare dischi, i quali vengono venduti, si aprono i teatri, vengono fatti i primi video musicali, la tv

e la radio aiuteranno molto questa evoluzione della musica. I Beatles avevano rapporti con i

compositori di punta della propria epoca e fecero subito un disco, video musicale e un film perché

non sapevano se fossero “durati” o meno. L’abbigliamento va di pari passo con la musica. C’è un

osmosi tra arte e musica, es. Andy Wahrol con la popheart, ma all’epoca non veniva considerata

perché c’erano i disegnatori di pubblicità, Andy disegnava fumetti e all’epoca era scandaloso

considerarli arte.

Pop, linguaggio accessibile. Al cinema c’erano i “musicarelli”, ovvero storielle con musica che

• raccontavano delle storie, come oggi i video musicali spesso raccontano la storia della canzone. Il

cinema diventa un potente mezzo della musica pop. Non tutte le famiglie avevano il giradischi, la

radio e la musica ha dato un linguaggio musicale comune, cioè un sistema hi-fi. Si crea quindi un

linguaggio comune condiviso.

Etic/emic

Il pensiero e il comportamento di coloro c’è condividono una data cultura possono essere considerati sotto

due punti di vista: quello degli stessi membri della cultura presa in esame (emico) e quello degli osservatori

esterni. Nel condurre ricerche emiche i ricercatori cercano di acquisire una conoscenza delle categorie e delle

regole che bisogna sapere per agire come un indigeno. In musica una definizione etica è propria degli

studiosi. Una definizione emica è propria degli attori sociali impegnati localmente.

Cultura (musicale): tradizioni socialmente apprese ed acquisite ed i modi di vivere dei membri di una società

(the Antropology of Music).

Funzioni della musica:

1. Espressione delle emozioni

2. Godimento estetico

3. Comunicativa

4. Intrattenimento

5. Rappresentazione simbolica

6. Risposta fisica

7. Potenziamento del conformismo e del rispetto delle norme sociali

8. Supporto delle istituzioni sociali e dei riti religiosi

9. Contributo alla continuità ed alla stabilità della cultura

10. Contributo all’integrazione sociale.

Si possono ridurre a 3 funzioni:

(1, 2, 4 e 5) capacità di veicolare segni e significati

• Organizzazione e supporto delle attività sociali (3, 7, 8, 9 e 10)

• (6) induzione e coordinamento delle reazioni sensori motorie: rinviano agli specifici schemi cinetici

• connessi all’evento musicale, all’esecuzione strumentale (rapporto musicista e strumento, che

implica non solo la tecnica come in uno sport, ma anche una certa sensibilità e passione), all’ascolto

partecipante (espressive e dinamiche di gruppo, come il ballo o il lancio dei reggiseni o fare luce con

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