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Inglese - Victorian Age, "The Picture of Dorian Gray", "The Strange Case of Dr Jeckyll and Mr Hyde"
Italiano - Luigi Pirandello: poetica, "Umorismo", "Pensaci Giacomino!"
Una visione panoramica.
Il comportamento delle persone è sempre stato analizzato dagli storici, dagli scrittori
e dai filosofi, che hanno descritto ad esempio la relazione affettiva ed economica tra i
pater familias e le loro mogli e figli nelle polis greche dell’antichità, tra i padroni e
gli schiavi, poi il rapporto tra i cavalieri e il loro re nell’età medievale e, nell’età
contemporanea, analizzano il rapporto dei cittadini tra loro o con la forma di governo
del loro paese, dei poeti con la società, e così via…
In particolare, dalla fine del Settecento ai giorni nostri si è reso ben visibile nella
letteratura europea quanto il cittadino, o il poeta-scrittore, si sentisse estraniato
rispetto alla società.
Questo fenomeno è visibile in particolare:
- all’inizio dell’‘800 con il Romanticismo, durante il quale i poeti, con continui dubbi
esistenziali, si rifugiano nella natura e nella religione per evadere dalla società, e con
il filosofo danese Kierkegaard, che possiamo definire come una sorta di precursore
dell’Esistenzialismo;
- a metà del ‘800 con il poeta Charles Baudelaire, che si definisce un “poeta
maledetto” perché escluso dalla società; con Charles Dickens, lo scrittore più famoso
della sua epoca per aver descritto oggettivamente tramite episodi autobiografici la
vita degli operai nell’Inghilterra (Londra) ottocentesca, e infine con il filosofo Karl
Marx, che vede il proletariato come una classe formata da operai alienati nei
confronti del loro lavoro, della merce che producono, della loro esistenza, e
addirittura del prossimo, a causa della società capitalistica;
- nella seconda metà dell’‘800 con gli scrittori Robert Louis Stevenson e Oscar Wilde
in Inghilterra, Pirandello, Svevo, i Futuristi e i Crepuscolari in Italia.
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Søren Kierkegaard: Un’analisi strutturale e un metodo di rivincita
sull’ipocrisia.
La società, a tutti coloro che abbiamo citato appariva malata e ipocrita: perciò si
sentivano inadatti ed esclusi, soprattutto durante l’epoca vittoriana.
Per quanto riguarda l’ipocrisia in sé, è in particolare Søren Kierkegaard
(Copenaghen, 1813-1855) che, nella sua tesi di laurea, pubblicata poi nel 1841 con il
titolo Il concetto d’ironia in costante riferimento a Socrate, ne propone un’originale
analisi.
L’opera comincia con la descrizione dell’ironia, indicando quali sono le
caratteristiche che la differenziano da altri atteggiamenti degli individui.
Per prima cosa, Kierkegaard espone la riflessione secondo cui parlare significa dare
al pensiero un'apparenza sensibile, e ciò è come dire che «mentre parlo, il pensiero è
l'essenza, la parola, l’apparenza».
Nell'atteggiamento ironico, tuttavia, tutto è capovolto: la parola non è più
manifestazione del pensiero, perché ci conduce a un pensiero che apparentemente per
noi è del tutto privo di verità e di sostanza: per esempio, è da capovolgere il
significato della frase “Che bella giornata!” durante una tempesta. Da qui la
convinzione del filosofo secondo cui l'ironia è quella forma di discorso «la cui
caratteristica è di dire l'opposto di quello che si pensa».
Essa sembra essere dunque una particolare forma d’ipocrisia: le cose, però, non
stanno per nulla così, tanto è vero che il filosofo dice:
«L'ipocrisia pertiene, di fatto, all'ambito della morale.
L'ipocrita si sforza in continuazione di sembrare buono,
pur essendo cattivo. L'ironia, per contro, si situa in un
ambito metafisico, e per l'ironista si tratta sempre solo di
sembrare diverso da come veramente è, sicché, come
nasconde il suo scherzo nella serietà, e la sua serietà nello
scherzo [...] così può anche venirgli di passare per cattivo,
pur essendo buono». 4
L'ipocrita, inoltre, non vuole che il suo pensiero sia riconosciuto, e lo dissimula
quindi interamente, mentre chi fa dell'ironia lascia trapelare nel riso la sua vera
opinione. E il riso è appunto una caratteristica peculiare dell’ironia, perché la battuta
ironica nega l'adesione del soggetto a un mondo dato e libera, di fatto, l'io da una
realtà cui non crede, ed è proprio questo senso di liberazione che si esprime nel
sorriso.
Si comprende, dunque, che l'ipocrita non dice ciò che pensa, finge interamente,
perché non vuole essere giudicato: nega se stesso perché non intende confrontarsi con
la realtà che lo circonda, perché non se la sente di contrastare un'opinione che gode di
credito nel mondo. Infatti, la definizione di “ipocrisia” secondo l’enciclopedia
Treccani è: «simulazione di virtù, di qualità o sentimenti per guadagnarsi la simpatia
o i favori di una o più persone, ingannandole. Deriva, infatti, dal greco ‘ipocresìa’ o
‘pocrisìa’ che significa ‘simulazione’, recitare’, ‘fingere’».
Kierkegaard, qualche anno dopo, nel 1847, nell’opera teologica Atti dell’amore,
esprime quanto appunto l'amore sia importante per sfuggire all’ipocrisia:
«La difesa migliore contro l’ipocrisia è l’amore; anzi non è
semplicemente una difesa, ma il porre in mezzo un abisso,
perché esso non ha nulla a che fare con l’ipocrisia, per
tutta l’eternità. Gli ipocriti non potranno coinvolgerlo nella
loro ipocrisia. […] Il suo compito è solo di amare, a
prescindere dal riconoscimento altrui e dallo stesso essere
corrisposto in amore...»
Great Britain: The Victorian Compromise and the English artists' reaction.
We can see an example of hypocritical behaviour in the Victorian Age (so called
because of the reign of Queen Victoria from 1837 until 1901), an era characterized by
a lot of favourable reforms like the Reform Bills, which stipulates the right of vote for
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the greatest part of the English citizens; the Mines act, which forbids, finally, children
and women to work in mines (too much dangerous); the Ten Hours Act, which forbids
workers to work more than ten hours a day; and the Women’s Property Act, which
allows women to inherit the possessions of their relatives, unlike what happened in
the past, where only the male sons or the husbands could inherit.
The period of Victorian Age is also characterized by the way of thinking and the way
of behaving: it is the age of the Victorian Compromise, an age where appearance
takes precedence over substance and where only image matters.
The most meaningful works on the theme of the hypocrisy are "The Strange Case of
Dr Jekyll and Mr Hyde" by Robert Louis Stevenson and "The Picture of Dorian
Gray" by Oscar Wilde, one of the most popular novels.
The fist one is a story narrated by four different characters, Dr Jekyll, Dr Lanyon,
Utterson and Enfield. Here, the author wants to make a psychological study and a
sociological dissection of the important aspect of these Victorian world where just
who you are in public is important. In fact, he uses middle-aged and middle-class
professional men to represent the most powerful social group in Victorian Britain,
investigating the dual nature of man. In the novel, in fact, Jekyll believes that man is
innately good and evil (and not only good) and tries to separate the two in his own
person. In the end, unfortunately, his evil side in the form of Mr Hyde takes over and
drives him to commit suicide. However, the ethics that Stevenson wants to transmit is
that you have not to escape from being Jekyll or from being Hyde, on the contrary
you have to not becoming as Utterson, symbol of a conformist and traditionalist
middle-class, hostile to the "different."
In the second novel the third-person narration is employed. Here, the author sets the
novel in upper-middles class and analyses the physiological situation of the
protagonist, Dorian Gray. In order to be popular among his acquaintances, he makes a
pact with the devil, asking him to make his portrait get old instead of him. So Dorian
is not physically changed, he is still beautiful and young, but the painting becomes
dark, withdrawing a skeleton with diabolic eyes surrounded by worms. The portrait,
in fact, mirrors as Dorian actually is: a liar, a profiteer, a murderer, without any moral
value. In the end, the anguish to live even more forms of excess or non-standard
behaviours in a conservative society like the Victorian society brings Dorian to
commit suicide.
The fact that in both novels the two protagonists kill themselves is not by chance: in
these two works the novelists want to underline that living according to what people
desire because of the fear of judgments and prejudices can bring men to desperation
and above all to depression. 6
Italia: una vasta disapprovazione.
Incentrate sul tema dell'ipocrisia non ci sono solamente opere inglesi, ma anche una
vasta produzione italiana, anche se di qualche anno dopo. Le opere di Stevenson e
Wilde, infatti, sono rispettivamente del 1886 e del 1890; l’epoca di Pirandello, Svevo,
dei Futuristi e dei Crepuscolari, ovvero quella di più pungente critica alla società,
invece, risale ai primi anni del ‘900.
Luigi Pirandello: una vita alla scoperta dell'ipocrisia borghese.
Luigi Pirandello nasce nel 1867 in una località di campagna nei pressi di Agrigento,
denominata “Caos”:
« Io son figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta
realtà, perché son nato in una nostra campagna, che
trovasi presso ad un intricato bosco denominato, in forma
dialettale, u Càusu (pantaloni) dagli abitanti di Girgenti,
corruzione dialettale del genuino e antico vocabolo greco
»
"Kaos".
Fu dalla madre, Caterina Ricci-Gramitto, che lo scrittore assimilò un profondo
pessimismo, derivante dal sentimento di delusione per la nuova realtà sociale.
Nel 1887 si trasferisce a Roma per frequentare la facoltà di Lettere e solo due anni
dopo si trasferisce in Germania, a Bonn, dove approfondisce la conoscenza dei
romanzi tedeschi e dove si laurea in filologia romanza.
Nel 1892 torna in Italia e si stabilisce a Roma. Qui, inizia a collaborare con giornali e
rivista tramite la pubblicazione di recensioni, poesie, saggi sul problema della lingua
e la crisi dei valori e la battaglia contro l’estetismo dannunziano.
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Nel 1903 la famiglia di Pirandello subisce un grave dissesto economico a causa di
una frana nelle miniere di zolfo, perde tutti i capitali investiti e la moglie Antonietta
ha un grave crollo nervoso. Per rimediare, oltre che assistere la moglie e continuare a
lavorare per le svariate riviste e giornali, Luigi comincia a impartire lezioni private.
Proprio in questo periodo sono pubblicati “Il fu Mattia Pascal” (1904) e l’importante
saggio “L’umorismo” (1908-1909) e inizia la collaborazione al “Corriere della Sera”,
sul quale continueranno ad apparire sue novelle fino giorno precedente la sua morte
nel 1936.
Nel 1910 vi è il primo contatto di Pirandello con il teatro e già nel 1915-1916 vi è una
grossa produzione di scrittura teatrale, tra cui “Pensaci Giacomino!”.
A seguire mette in scena un altro capolavoro, “Enrico IV” (1922) e la sua opera
comincia a essere conosciuta e rappresentata in tutto il mondo, iniziano i frequenti
viaggi in Europa e in America e intraprende la nuova attività di regista.
Contemporaneamente, incomincia a raccogliere tutta la produzione drammatica sotto
il titolo di “Maschere nude”.
Nel 1923 aderisce al partito fascista.
Muore nove anni dopo in seguito a una polmonite, contratta a Cinecittà mentre
seguiva le riprese di un film tratto dal “Fu Mattia Pascal”.
Luigi Pirandello: la teorizzazione dell'oppressione delle convenzioni sociali .
Pirandello è perciò totalmente consapevole della crisi del mondo moderno e convinto
dell’illusorietà del reale: a suo parere, l’arte ha appunto il compito di scomporre
criticamente la realtà e di esibirla al pubblico.
L’artista sostiene che gli eventi umani non siano più definiti da rapporti di causa ed
effetto, ma dal caso: né la forza del sentimento né quella della ragione è in grado di
determinare un effetto che la volontà di un individuo si è proposta; da una causa non
deriva un’unica logica conseguenza, anzi, possono verificarsi gli esiti più disparati.
Sono le stesse conclusioni cui stava giungendo, nello stesso periodo, Italo Svevo.