Miti e simboli della medicina e del fuoco divino

Il culto di Esculapio a Roma

Esculapio è il nome latino e deriva dal greco dal nome ‘’Asclepio’’, proprio come il dio della medicina e della salute, che il mito vuole figlio di Apollo e di Coronide. Il culto di questa divinità venne introdotto a Roma nel 291 a.C. quando la città era impegnata nella guerra contro i Sanniti (popolazione dell'Italia centrale) e oppressa da una pestilenza.

In base al responso dei Libri Sibillini consultati dal senato, viene inviata una spedizione a Epidauro per portare a Roma la statua di Esculapio. Mentre la nave con la statua costeggia il Tevere, un serpente, simbolo del dio, scende dall'imbarcazione e nuota verso l'Isola Tiberina come se il dio volesse che proprio lì sorgesse il suo tempio. Infatti così accade e la pestilenza cessa.

Simbolismo del serpente nella medicina

Al dio della medicina vengono innalzati templi e statue e gli si sacrificano dei grassi e variopinti galli per ringraziarlo della guarigione, ma l'animale a lui più sacro è il serpente. Il simbolo della medicina è ancor oggi ai nostri tempi il caduceo, un bastone con due serpenti che si incontrano. Questo animale infatti è segno di rinnovamento (perde la pelle che poi ricresce) e di potenza fin dall'antico Egitto, ma anche di vista acuta, fattore molto importante per il medico. Il bastone può rinviare alla bacchetta magica usata presso i popoli antichi dagli stregoni che svolgevano anche azioni terapeutiche. Sopra il bastone ci sono spesso due ali che simboleggiano la conoscenza e l'intelligenza, doti essenziali per curare bene.

Il mito di Prometeo e Pandora

Promèteo, figlio di Giàpeto e di Clìmene, è uno dei Titàni; plasma il primo uomo con il fango donandogli la timidezza della lepre, l'astuzia della volpe, l'ambizione del pavone, la ferocia della tigre, la forza del leone e il fuoco divino, rubato a Zeus. Il padre degli dèi, che vuole distruggere il genere umano, si adira sia per il furto del fuoco, sia perché gli uomini diventano sempre più abili e potenti, così fa creare Pandora, la prima donna dell'universo, strumento di dolore per l'umanità. Promèteo risponde con un inganno: durante un banchetto fa uccidere un toro e cuce la sua pelle in modo da formare due grandi sacche: una è piena di carne, l'altra piena di ossa. Giove, caduto nel tranello, sceglie la seconda. Sempre più infuriato, fa incatenare Promèteo a una vetta del Caucaso, dove un'aquila rapace gli divora il fegato, che poi ricresce, in modo che il tormento non abbia mai fine. Solo dopo tremila anni, Ercole, con il consenso di Giove, trafigge con una freccia l'aquila e libera Prometeo, spezzando le catene. Ma gli uomini non torneranno mai più alla primitiva condizione di benessere. Il supplizio subito da Prometeo toccava spesso a Roma ai condannati a morte durante i giochi del circo .