Ithaca
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Concetti Chiave

  • Diomede e Glauco, due eroi di schieramenti opposti, si incontrano sul campo di battaglia e si interrogano sulla loro discendenza.
  • Diomede teme di affrontare un dio e racconta la storia di Licurgo, punito dagli dei per averli sfidati.
  • Glauco narra la storia della sua famiglia, discendendo da Bellerofonte, un eroe famoso per la sua bellezza e il suo coraggio.
  • Bellerofonte affrontò con successo diverse imprese, tra cui la sconfitta della Chimera e delle Amazzoni, ma finì per essere odiato dagli dei.
  • Diomede e Glauco scoprono di essere legati da un'antica ospitalità familiare e decidono di non combattere tra loro, scambiandosi le armi in segno di amicizia.

Indice

  1. Incontro tra Glauco e Diomede
  2. La discendenza di Glauco
  3. La storia di Bellerofonte
  4. L'ospitalità tra Glauco e Diomede

Incontro tra Glauco e Diomede

Di duellar bramosi allor nel mezzo

Dell’un campo e dell’altro appresentârsi

Glauco, prole d’Ippoloco, e il Tidíde.

Come al tratto dell’armi ambo fur giunti,

Primo il Tidíde favellò: Guerriero,

Chi se’ tu? Non ti vidi unqua ne’ campi

Della gloria finor. Ma tu d’ardire

Ogni altro avanzi se aspettar non temi

La mia lancia.

È figliuol d’un infelice

Chi fassi incontro al mio valor. Se poi

Tu se’ qualche Immortal, non io per certo

Co’ numi pugnerò; chè lunghi giorni

Nè pur non visse di Drïante il forte

Figlio Licurgo che agli Dei fe’ guerra.

Su pel sacro Nisseio egli di Bacco

Le nudrici inseguía. Dal rio percosse

Con pungolo crudel gittaro i tirsi

Tutte insieme, e fuggîr: fuggì lo stesso

Bacco, e nel mar s’ascose, ove del fero

Minacciar di Licurgo paventoso

Teti l’accolse. Ma sdegnârsi i numi

Con quel superbo. Della luce il caro

Raggio gli tolse di Saturno il figlio,

E detestato dagli Eterni tutti

Breve vita egli visse. All’armi io dunque

Non verrò con gli Dei. Ma se terreno

Cibo ti nutre, accóstati; e più presto

Qui della morte toccherai le mete.

La discendenza di Glauco

E d’Ippoloco a lui l’inclito figlio:

Magnanimo Tidíde, a che dimandi

Il mio lignaggio? Quale delle foglie,

Tale è la stirpe degli umani. Il vento

Brumal le sparge a terra, e le ricrea

La germogliante selva a primavera.

Così l’uom nasce, così muor. Ma s’oltre

Brami saper di mia prosapia, a molti

Ben manifesta, ti farò contento.

La storia di Bellerofonte

Siede nel fondo del paese argivo

Efira, una città, natía contrada

Di Sisifo che ognun vincea nel senno.

Dall’Eolide Sisifo fu nato

Glauco; da Glauco il buon Bellerofonte,

Cui largiro gli Dei somma beltade,

E quel dolce valor che i cuori acquista.

Ma Preto macchinò la sua ruina,

E potente signor d’Argo che Giove

Sottomessa gli avea, d’Argo l’espulse

Per cagione d’Antéa sposa al tiranno.

Furïosa costei ne desïava

Segretamente l’amoroso amplesso;

Ma non valse a crollar del saggio e casto

Bellerofonte la virtù. Sdegnosa

Del magnanimo niego l’impudica

Volse l’ingegno alla calunnia, e disse

Al marito così: Bellerofonte

Meco in amor tentò meschiarsi a forza

Muori dunque, o l’uccidi. Arse di sdegno

Preto a questo parlar, ma non l’uccise,

Di sacro orror compreso. In quella vece

Spedillo in Licia apportator di chiuse

Funeste cifre al re suocero, ond’egli

Perir lo fêsse. Dagli Dei scortato

Partì Bellerofonte, al Xanto giunse,

Al re de’ Licii appresentossi, e lieta

N’ebbe accoglienza ed ospital banchetto.

Nove giorni fumò su l’are amiche

Di nove tauri il sangue. E quando apparve

Della decima aurora il roseo lume

Interrogollo il sire, e a lui la téssera

Del genero chiedea. Viste le crude

Note di Preto, comandògli in prima

Di dar morte all’indomita Chimera.

Era il mostro d’origine divina

Lïon la testa, il petto capra, e drago

La coda; e dalla bocca orrende vampe

Vomitava di foco. E nondimeno

Col favor degli Dei l’eroe la spense.

Pugnò poscia co’ Sólimi, e fu questa,

Per lo stesso suo dir, la più feroce

Di sue pugne. Domò per terza impresa

Le Amazzoni virili. Al suo ritorno

Il re gli tese un altro inganno, e scelti

Della Licia i più forti, in fosco agguato

Li collocò; ma non redinne un solo:

Tutti gli uccise l’innocente. Allora

Chiaro veggendo che d’un qualche iddio

Illustre seme egli era, a sè lo tenne,

E diegli a sposa la sua figlia, e mezza

La regal potestade. Ad esso inoltre

Costituiro i Licii un separato

Ed ameno tenér, di tutti il meglio,

D’alme viti fecondo e d’auree messi,

Ond’egli a suo piacer lo si coltivi.

Partorì poi la moglie al virtuoso

Bellerofonte tre figliuoli, Isandro

E Ippoloco, ed alfin Laodamía

Che al gran Giove soggiacque, e padre il fece

Del bellicoso Sarpedon. Ma quando

Venne in odio agli Dei Bellerofonte,

Solo e consunto da tristezza errava

Pel campo Aleio l’infelice, e l’orme

De’ viventi fuggía. Da Marte ucciso

Cadde Isandro co’ Sólimi pugnando;

Laodamía perì sotto gli strali

Dell’irata Dïana; e a me la vita

Ippoloco donò, di cui m’è dolce

Dirmi disceso. Il padre alle troiane

Mura spedimmi, e generosi sproni

M’aggiunse di lanciarmi innanzi a tutti

Nelle vie del valore, onde de’ miei

Padri la stirpe non macchiar, che fûro

D’Efira e delle licie ampie contrade

I più famosi. Ecco la schiatta e il sangue

Di che nato mi vanto, o Dïomede.

L'ospitalità tra Glauco e Diomede

Allegrossi di Glauco alle parole

Il marzïal Tidíde, e l’asta in terra

Conficcando, all’eroe dolce rispose:

Un antico paterno ospite mio,

Glauco, in te riconosco. Enéo, già tempo,

Ne’ suoi palagi accolse il valoroso

Bellerofonte, e lui ben venti interi

Giorni ritenne, e di bei doni entrambi

Si presentaro. Una purpurea cinta

Enéo donò, Bellerofonte un nappo

Di doppio seno e d’ôr, che in serbo io posi

Nel mio partir: ma di Tidéo non posso

Farmi ricordo, chè bambino io m’era

Quando ei lasciommi per seguire a Tebe

Gli Achei che rotti vi periro. Io dunque

Sarotti in Argo ed ospite ed amico,

Tu in Licia a me, se nella Licia avvegna

Ch’io mai porti i miei passi. Or nella pugna

Evitiamci l’un l’altro. Assai mi resta

Di Teucri e d’alleati, a cui dar morte,

Quanti a’ miei teli n’offriranno i numi,

Od il mio piè ne giungerà. Tu pure

Troverai fra gli Achivi in chi far prova

Di tua prodezza. Di nostr’armi il cambio

Mostri intanto a costor, che l’uno e l’altro

Siam ospiti paterni. Così detto,

Dal cocchio entrambi dismontâr d’un salto,

Strinser le destre, e si dier mutua fede.

Ma nel cambio dell’armi a Glauco tolse

Giove lo senno. Aveale Glauco d’oro,

Dïomede di bronzo: eran di quelle

Cento tauri il valor, nove di queste.

parafrasi su Glauco e Diomede

Il figlio di Ippoloco, Glauco, e il figlio di Tideo

s'incontrarono nel mezzo, impazienti di combattere,

e quando furono vicini, andando l’uno incontro all’altro,

per primo si pronunciò Diomede, possente nel grido di guerra:

«Chi sei tu, valoroso eroe, tra gli uomini ?

Mai prima d’ora ti ho visto nella gloriosa

battaglia, e adesso superi tutti in determinazione,

tu che hai atteso con fermezza la mia lunga lancia.

Chi affronta la mia ira è figlio di un infelice padre.

Se sei un dio celeste venuto qui,

non voglio combattere contro gli dei del cielo.

Neanche il figlio di Driante, il valoroso Licurgo,

visse a lungo dopo avere affrontato gli dei

e avere inseguito le nutrici dello smanioso Dioniso

sul sacro monte Nisa ; tutte insieme

gettarono a terra i bastoni, perseguitate dal puntale

del massacratore Licurgo e, spaventato, Dionisio

si gettò nelle onde del mare, agitato dal grido di quell’uomo.

dove lo accolse nel suo seno Teti.

Per questo motivo fu odiato dagli dei dalla vita semplice:

lo accecò il figlio di Crono e morì ben presto,

poiché tutti gli dei lo odiavano.

Per questo motivo non voglio lottare contro gli dei.

Ma se tu sei un mortale come coloro che si nutrono dei frutti

della terra, avvicinati e subito scorgerai l’incombente morte».

Ciò gli rispose il bel figlio di Ippoloco:

«Nobile figlio di Tideo, perché mi domandi della mia discendenza?

La discendenza degli uomini è come quella delle foglie.

Il vento getta a terra le foglie e altre ne germina la selva

fiorente, quando torna la primavera;

così le generazioni di uomini: una nasce e l'altra muore.

Però, se è tuo desiderio, puoi conoscere la

la mia stirpe, poiché molti la conoscono.

C'è una città chiamata Efira, nel cuore di Argo,

ricca di cavalli, dove viveva Sisifo, l’uomo più astuto

e figlio di Eolo, ed ebbe un figlio di nome Glauco;

Glauco generò il grande Bellerofonte,

dotato di smisurata bellezza e coraggio grazie agli dei;

lo allontanò da Argo Preto poiché bramava contro egli

ed essendo molto più potente,

posto sotto la protezione di Zeus.

Si invaghì di lui la moglie di Preto, la divina Antea,

e desiderava unirsi con lui di nascosto, ma Bellerofonte,

puro d’animo, non si lascò persuadere.

Allora ella disse al re Preto, mentendo:

"Preto, che tu muoia se non uccidi Bellerofonte,

che voleva unirsi a me senza il mio volere".

Nell’udire queste parole il sovrano si adirò:

non lo uccise (provò scrupolo nel suo cuore),

ma lo mandò in Licia e gli affidò una tavola contenente

un messaggio funesto, in grado di procurargli morte,

e gli ordinò di consegnarla al suocero in modo che lo uccidesse.

Ma quando egli giunse in Licia sempre guidato

dagli dei, prossimo al fiume Xanto,

lo accolse benevolmente il re della grande Licia,

lo ospitò per nove giorni, e ogni giorno uccideva

un bue; ma quando il decimo giorno giunse l'Aurora

rosea, il re gli chiese di mostrargli il messaggio

del genero Preto che egli portava con sé.

Una volta che ebbe appreso il messaggio,

gli ordinò di uccidere per prima la ribelle Chimera:

ella era di origini divine e non umane,

testa di leone, corpo di capra e coda di serpente,

ed emanava dell’ardente e terribile fuoco.

Bellerofonte la uccise, confidando negli dei.

Poi fu costretto a lottare contro i potenti Solimi,

secondo egli la battaglia più dura;

per terzo procurò la morte delle possenti Amazzoni,

e mentre fu di ritorno, il re bramò un altro tranello:

gli tese un agguato dopo aver scelto i più valorosi guerrieri

della Licia che non videro mai più la propria casa;

furono uccisi dal valoroso Bellerofonte.

Quando il re colse la sua natura divina,

lo accolse nuovamente e gli diede in nozze

la figlia e parte del suo potere di re,

e i Lici gli diedero una delle tenute migliori,

piantagioni di alberi e campi coltivati.

Dalla sua sposa ebbe tre figli: Isandro,

Ippoloco, e Laodamia. Il divino Zeus

si unì con Laodamia che generò Sarpedone,

guerriero divino, armato di un bronzeo elmo.

Quando Bellerofonte fu odiato dagli dei,

fu costretto a vagare per la pianura di Alea,

tormentando la sua anima e fuggendo gli uomini.

Ares, dio della guerra, uccise il figlio Isandro

intento a combattere contro i gloriosi Solimi;

Artemide morì per mano dell’adirata Artemide dalle redini d’oro.

Io nacqui da Ippoloco, di cui mi ritengo figlio,

che mi mandò a Troia e mi esortò a distinguermi

sempre al di sopra degli altrie non ledere l'onore

dei padri che si dimostrarono valorosi

sia in Efira che nella vasta terra di Licia.

Io vanto questa discendenza».

A queste parole si rallegrò Diomede, possente nel grido di guerra;

conficcò la sua lancia nella fertile terra

e disse dolcemente a Glauco, capo d'eserciti:

«Dunque tu sei per me un antico e paterno ospite:

tempo fa Eneo accolse nella sua dimora

il grande Bellerofonte per venti giorni,

scambiandosi tra loro ospitali doni;

Eneo donò una meravigliosa cintura di porpora

e Bellerofonte una coppa d’oro a due manici

che ho lasciato nella mia casa per venire qui.

Non ricordo Tideo, poiché ero ancora piccolo,quando

mi lasciò nel momento in cui a Tebe fu sconfitto l'esercito acheo.

Ora io sono tuo ospite nell'Argolide, quando giungerò

nella tua terra, come tu sarai mio ospite in Licia.

Non facciamo uso di lance entrambi in questa battaglia:

io ho molti Troiani e loro alleati gloriosi da combattere,

quelli che un dio mi concede o che io posso raggiungere;

e molti Achei, quelli che potrai, ci sono per te da combattere.

Scambiamoci le armi, affinché anche costoro

sappiano che ci vantiamo di essere antichi ospiti».

Detto questo, scesero dai loro carri e si strinsero

la mano l’uno con l’altro in segno di fede;

ma Zeus, figlio di Crono, privò del senno Glauco

scambiando con Diomede, figlio di Tideo, le armi:

consegnò armi d'oro ricevendo bronzo, come cento buoi per nove.

Domande da interrogazione

  1. Qual è l'incontro tra Glauco e Diomede?
  2. Glauco e Diomede si incontrano sul campo di battaglia, pronti a combattere. Diomede chiede a Glauco della sua discendenza, e Glauco risponde raccontando la sua genealogia e la storia di Bellerofonte.

  3. Chi è Bellerofonte e qual è la sua storia?
  4. Bellerofonte è un eroe greco, noto per la sua bellezza e coraggio. Fu esiliato da Argo da Preto e inviato in Licia con un messaggio funesto. Superò diverse prove, tra cui uccidere la Chimera e combattere contro i Solimi e le Amazzoni, guadagnandosi il rispetto e l'ospitalità del re di Licia.

  5. Qual è il significato dell'ospitalità tra Glauco e Diomede?
  6. L'ospitalità tra Glauco e Diomede è significativa perché scoprono di essere legati da un'antica amicizia tra le loro famiglie. Decidono di non combattere l'uno contro l'altro e si scambiano le armi come segno di rispetto e amicizia.

  7. Come reagisce Diomede alla storia di Glauco?
  8. Diomede si rallegra nel riconoscere Glauco come un antico ospite paterno. Ricorda l'ospitalità tra le loro famiglie e propone di evitare di combattere tra loro, scambiandosi invece le armi come simbolo della loro amicizia.

  9. Qual è l'esito dello scambio di armi tra Glauco e Diomede?
  10. Lo scambio di armi tra Glauco e Diomede avviene, ma Zeus priva Glauco del senno, facendogli scambiare le sue armi d'oro con quelle di bronzo di Diomede, un affare svantaggioso per Glauco.

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