Concetti Chiave
- Durante la fuga da Troia in fiamme, Enea prende sulle spalle il padre Anchise, mentre il figlio Iulo lo segue e la moglie Creusa rimane indietro.
- Nel caos della fuga, Creusa scompare misteriosamente, lasciando Enea disperato e colpevole per non essersi accorto della sua assenza.
- Enea torna indietro per cercare Creusa tra le rovine di Troia, affrontando il pericolo e il caos della città distrutta.
- Lo spirito di Creusa appare a Enea, confortandolo e rivelando che il suo destino è di andare in esilio e trovare una nuova patria in terra d'Esperia.
- Alla fine, Enea si riunisce con i compagni e i nuovi rifugiati pronti a seguirlo verso l'esilio, mentre l'alba segna l'inizio di un nuovo capitolo.
Indice
Preparativi per la fuga
Disse; e già per le mura il fuoco più chiaro
si ode, e in volute si approssima l'ardore degli incendi.
Su dunque, diletto padre, salimi sul collo;
ti sosterrò con le spalle, e il peso non mi sarà grave;
dovunque cadranno le sorti, uno e comune sarà
il pericolo, una per ambedue la salvezza. Il piccolo Iulo
mi accompagni, e la sposa segua discreta i miei passi.
Voi, o servi, ascoltate quanto vi dico.
All'uscita della città v'è un colle e un vetusto
tempio di Cerere abbandonato, e accanto un antico cipresso
conservato per molti anni dalla devozione dei padri.
Da diverse direzioni verremo a quest'unico luogo.
Tu, o padre, prendi i sacri arredi e i patrii
Penati; io non posso toccarli appena uscito da tale
lotta e strage, finché non mi mondi a una viva
sorgente.
"
Detto così, distendo sulle larghe spalle
e sul collo reclino una coperta, la pelle d'un fulvo leone,
e mi sottopongo al peso; alla destra mi si stringe il piccolo
Iulo, e segue il padre con passi ineguali;
dietro viene la sposa. Muoviamo per oscure contrade;
e mentre poc'anzi non mi turbavano i dardi scagliati
né i Greci raccolti in avversa schiera, adesso
un alito m'atterrisce, un suono mi allarma, inquieto
e timoroso allo stesso modo per il compagno e per il peso.
La perdita di Creusa
E già mi avvicinavo alle porte, e mi sembrava di essere
scampato
a tutto il percorso, quando d'un tratto mi parve
di udire un appressarsi di passi; il padre, scrutando
nell'ombra, "Figlio" esclama, "fuggi, o figlio, s'avvicinano.
Vedo splendenti scudi e bronzi scintillanti".
Ignoro qual nume nemico mi confuse la mente
e me la tolse nello sgomento. Mentre seguo di corsa
sentieri remoti ed esco dalla zona delle vie
note, ahi me misero, strappata dal destino Creusa
si fermò, o uscì di via, o sedette stanca?
Lo ignoro; non riapparve più ai nostri occhi.
Non mi avvidi di averla perduta e non le prestai attenzione,
prima che fossimo giunti al colle e al tempio
dell'antica Cerere; qui infine, tutti raccolti,
ella sola mancò, e sfuggì ai compagni e al figlio e al marito.
Chi non accusai, dissennato, degli uomini e degli dei?
O cosa vidi di più crudele nella città distrutta?
Affido ai compagni Ascanio e il padrc Anchise e i teucri
Penati, e li celo nella cavità della valle.
Il ritorno a Troia
Ritorno in città e mi cingo delle fulgide armi. Decido
di riaffrontare tutti gli eventi, di ripercorrere l'intera
Troia e di esporre di nuovo la vita ai pericoli.
Da principio raggiungo le mura e le oscure soglie
della porta da cui ero uscito, e seguo a ritroso
nella notte ed esploro con lo sguardo i segni delle orme.
Dovunque orrore e silenzio atterriscono l'animo.
Poi ritorno a casa, se mai vi si fosse recata.
I Danai avevano invaso e occupavano tutto l'edificio.
Presto il fuoco vorace s'avvolge per il vento alla cima
dei tetti, le fiamme sovrastano infuria all'aria la vampa.
Procedo e torno a visitare il palazzo e la rocca di Priamo.
E già nei vuoti portici, asilo di Giunone,
scelti come custodi Fenice e il crudele Ulisse
facevano la guardia alla preda. Qui da tutte le parti
si ammucchia il tesoro troiano strappato agli arsi sacrari,
e le mense degli dei, e i crateri d'oro massiccio, e le vesti
predate. Fanciulli e donne atterrite in lunga fila
stanno d'intorno.
Osando persino lanciare grida nell'ombra
riempii di clamore le vie e mesto chiamai
invano ripetendo ancora ed ancora Creusa.
L'apparizione di Creusa
Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case
della città, mi apparve davanti agli occhi l'infelice simulacro
e l'ombra di Creusa, immagine maggiore di lei.
Raggelai, e si drizzarono i capelli e la voce s'arrestò nella
gola.
Allora parlò così confortando i miei affanni:
Perché abbandonarsi tanto ad un folle dolore
o dolce sposo? Ciò accade per volere divino;
non puoi portare via con te Creusa,
no, non lo permette il sovrano del superno Olimpo.
Lunghi esilii per te, e da solcare la vasta
distesa marina; in terra d'Esperia verrai,
dove tra campi ricchi d'uomini fluisce con placida
corrente l'etrusco Tevere; là ti attendono lieti
eventi, e un regno e una sposa regale. Raffrena
le lagrime per la diletta Creusa: non vedrò le superbe
case dei Mirmidoni o dei Dolopi, non andrò a servire donne
greche, io, dardana, e nuora della dea Venere
la grande Madre degli dei mi trattiene in queste terre.
E ora addio, serba l'amore di nostro figlio".
Com'ebbe parlato così, mi lasciò in lagrime,
desideroso di dirle molto, e svanì nell'aria lieve.
Tre volte tentai di cingerle il collo con le braccia:
tre volte inutilmente avvinta l'immagine dileguò
tra le mani, pari ai venti leggeri, simile a un alato sogno.
La partenza verso l'esilio
Così, consunta la notte, ritorno a vedere i compagni.
E qui trovo con meraviglia che era affluita
una moltitudine di nuovi compagni, donne e uomini,
popolo radunato all'esilio, miserevole turba.
Si raccolsero da tutte le parti, pronti d'animo e di forze,
in qualunque terra volessi condurli per mare.
E già Lucifero sorgeva dagli alti gioghi
dell'Ida, e portava il giorno; i Danai presidiavano
le porte, e non v'era speranza di aiuto; mi mossi,
e levato il padre sulle spalle mi diressi verso i monti.
Parlo e già si vedeva più chiaro il fuoco nelle murai ode, e in volute si approssima l'ardore degli incendi.
si sente il rumore e si avvicina sempre di più il fuoco dell'incendio
su, sbrigati padre diletto sali sulle mie spalle
ti sosterrò con le spalle e il tuo peso non sarà per me troppo grande
comunque andrà la situazione sarà uguale per noi
il pericolo, e sarà una per noi la salvezza
il piccolo iulio mi accompagni, mia moglie segua con discrezione i miei passi
e voi servi ascoltate le mie parole
all'uscita della città c'è un colle e un vecchio
tempo di Cerere abbandonato e accanto un vecchio cipresso
conservati lì da molti anni dalla devozione dei padri
dai diversi luoghi ci ritroveremo in quell'unico luogo.
Tu o padre prendi gli arredi sacri e dei padri penati
io che sono appena uscito da una simile lotta e strage non posso toccarli
finché non mi riesco a depurare ad una sorgente viva
sorgente. "
detto così distese le larghe spalle
e piegò sul collo una coperta, la pelle del leone.
Mi sottopongo al pesa; alla mano destra si stringe il piccolo
Iulio che segue il padre con gli stessi passi
dietro di lui viene la moglie. Ci muoviamo per luoghi oscuri
e mentre poco prima non mi turbavano le frecce lanciate
ne i raccolti greci della schiera avversa, adesso
un alito mi atterrisce, un suono mi allarma, inquieto
e timoroso allo stesso modo per il compagno e per il peso.
E già mi avvicinavo alle porte, e mi sembrava di essere
scampato
a tutto il percorso, quando d'un tratto mi parve
di udire un appressarsi di passi; il padre, scrutando
nell'ombra, "Figlio" esclama, "fuggi, o figlio, s'avvicinano.
Vedo splendenti scudi e bronzi scintillanti".
Ignoro qual nume nemico mi confuse la mente
e me la tolse nello sgomento. Mentre seguo di corsa
sentieri remoti ed esco dalla zona delle vie
note, ahi me misero, strappata dal destino Creusa
si fermò, o uscì di via, o sedette stanca?
Lo ignoro; non riapparve più ai nostri occhi.
Non mi avvidi di averla perduta e non le prestai attenzione,
prima che fossimo giunti al colle e al tempio
dell'antica Cerere; qui infine, tutti raccolti,
ella sola mancò, e sfuggì ai compagni e al figlio e al marito.
Chi non accusai, dissennato, degli uomini e degli dei?
O cosa vidi di più crudele nella città distrutta?
Affido ai compagni Ascanio e il padre Anchise e i teucri
Penati, e li celo nella cavità della valle.
Ritorno in città e mi cingo delle fulgide armi. Decido
di riaffrontare tutti gli eventi, di ripercorrere l'intera
Troia e di esporre di nuovo la vita ai pericoli.
Da principio raggiungo le mura e le oscure soglie
della porta da cui ero uscito, e seguo a ritroso
nella notte ed esploro con lo sguardo i segni delle orme.
Dovunque orrore e silenzio atterriscono l'animo.
Poi ritorno a casa, se mai vi si fosse recata.
I Danai avevano invaso e occupavano tutto l'edificio.
Presto il fuoco vorace s'avvolge per il vento alla cima
dei tetti, le fiamme sovrastano infuria all'aria la vampa.
Procedo e torno a visitare il paiazzo e la rocca di Priamo.
E già nei vuoti portici, asilo di Giunone,
scelti come custodi Fenice e il crudele Ulisse
facevano la guardia alla preda. Qui da tutte le parti
si ammucchia il tesoro troiano strappato agli arsi sacrari,
e le mense degli dei, e i crateri d'oro massiccio, e le vesti
predate. Fanciulli e donne atterrite in lunga fila
stanno d'intorno.
Osando persino lanciare grida nell'ombra
riempii di clamore le vie e mesto chiamai
invano ripetendo ancora ed ancora Creusa.
Mentre deliravo così e smaniavo senza tregua tra le case
della città, mi apparve davanti agli occhi l'infelice simulacro
e l'ombra di Creusa, immagine maggiore di lei.
Raggelai, e si drizzarono i capelli e la voce s'arrestò nella
gola.
Allora parlò così confortando i miei affanni:
Perché abbandonarsi tanto ad un folle dolore
o dolce sposo? Ciò accade per volere divino;
non puoi portare via con te Creusa,
no, non lo permette il sovrano del superno Olimpo.
Lunghi esili per te, e da solcare la vasta
distesa marina; in terra d'Esperia verrai,
dove tra campi ricchi d'uomini fluisce con placida
corrente l'etrusco Tevere; là ti attendono lieti
eventi, e un regno e una sposa regale. Raffrena
le lagrime per la diletta Creusa: non vedrò le superbe
case dei Mirmidoni o dei Dolopi, non andrò a servire donne
greche, io, dardana, e nuora della dea Venere
la grande Madre degli dei mi trattiene in queste terre.
E ora addio, serba l'amore di nostro figlio".
Com'ebbe parlato così, mi lasciò in lagrime,
desideroso di dirle molto, e svanì nell'aria lieve.
Tre volte tentai di cingerle il collo con le braccia:
tre volte inutilmente avvinta l'immagine dileguò
tra le mani, pari ai venti leggeri, simile a un alato sogno.
Così, consunta la notte, ritorno a vedere i compagni.
E qui trovo con meraviglia che era affluita
una moltitudine di nuovi compagni, donne e uomini,
popolo radunato all'esilio, miserevole turba.
Si raccolsero da tutte le parti, pronti d'animo e di forze,
in qualunque terra volessi condurli per mare.
E già Lucifero sorgeva dagli alti gioghi
dell'Ida, e portava il giorno; i Danai presidiavano
le porte, e non v'era speranza di aiuto; mi mossi,
e alzato il padre sulle spalle mi diressi verso i monti.
Domande da interrogazione
- Quali sono i preparativi per la fuga descritti nel testo?
- Cosa accade a Creusa durante la fuga?
- Come reagisce il protagonista alla perdita di Creusa?
- Cosa rivela l'apparizione di Creusa al protagonista?
- Qual è la situazione alla partenza verso l'esilio?
Il protagonista prepara la fuga portando il padre sulle spalle, accompagnato dal figlio Iulo e seguito dalla moglie. Si dirigono verso un tempio abbandonato di Cerere, dove si riuniranno con altri.
Creusa si perde durante la fuga. Il protagonista non si accorge della sua assenza fino a quando non raggiungono il tempio di Cerere, e non riesce a ritrovarla.
Il protagonista è disperato e accusa uomini e dei per la perdita di Creusa. Decide di tornare in città per cercarla, affrontando nuovamente i pericoli.
L'apparizione di Creusa conforta il protagonista, spiegando che la sua perdita è voluta dagli dei. Gli predice un lungo esilio e un futuro regno in terra d'Esperia, e lo esorta a non piangere per lei.
Alla partenza, il protagonista trova una moltitudine di nuovi compagni pronti a seguirlo in esilio. Con il padre sulle spalle, si dirige verso i monti mentre i Danai presidiano le porte della città.