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PIIGS
l’acronimo (o senza mezzi termini PIGS, “maiali”). Nel 2010 la loro economia
rappresentava più di un quarto dell’economia dell’UE, ma era minore della somma di
quelle di Germania e Francia. Caratteristiche dei PIGS sono un debito pubblico molto
Prodotto Interno Lordo
elevato o in rapida crescita rispetto al (il valore complessivo
della produzione nazionale di beni e servizi) , consistente indebitamento con l’estero,
scarsa competitività della produzione nazionale e ampi deficit commerciali. agenzie di
Negli ultimi mesi si è fatto un gran parlare, spesso in maniera confusa, delle
rating internazionali. Si tratta di agenzie private che analizzano e giudicano bilanci e
prospettive di sviluppo di nazioni o aziende. In base ai dati ottenuti classificano titoli
obbligazionari e imprese: il risultato è una valutazione (rating) utilizzabile a discrezione
degli investitori per orientarsi nel mercato e capire se uno stato, una banca o un’azienda è
in grado di ripagare i sottoscrittori. Per chiarire, quando uno stato spende più di quanto ha
debito pubblico:
a disposizione al momento emette l’emissione di debito pubblico
presuppone che qualcuno presti denaro allo stato e i vari paesi in giro per il mondo sono
in competizione per accaparrarsi i prestiti di cui hanno bisogno. Il rating è un buon
indicatore per capire quanto sia ragionevole supporre che uno stato sia in grado di
restituirmi quanto gli presto: generalmente un declassamento del rating di soggetti
particolarmente indebitati – come i Pigs – implica un aumento degli oneri (i tassi di
interessi) dei prestiti in corso, giustificato dal maggior rischio per gli investitori di non
vedere remunerato il capitale finanziato. Quando un paese si trova in difficoltà e non vuole
andare in bancarotta è costretto ad allettare gli investitori con interessi più alti, altrimenti
questi investiranno altrove, magari in quello stato o in quell’impresa con ottime prospettive
di crescita dove sono certi di essere remunerati, anche se con interessi piuttosto bassi.
effetto valanga
Il rischio maggiore per i PIIGS è che si inneschi un per cui l’aumento
degli interessi (che sono un costo per lo stato), porti a un aumento del debito e al bisogno
di nuovi capitali, che però aumenterebbero a loro volta il debito e il bisogno di capitali: un
circolo vizioso che se non viene interrotto da interventi straordinari esterni, come riforme e
manovre mirate, porta al default.
Grecia,
Ne sa qualcosa la un paese con una spesa pubblica altissima sostenuta
indebitandosi drasticamente, gravi carenze nel sistema economico e fenomeni sistemici di
corruzione ed evasione fiscale. Già a fine 2009, con un debito pubblico pari al 127% del
PIL, la disoccupazione al 9% e una previsione per l’anno seguente di un incremento dei
fallimenti delle aziende del 15%, il neoeletto premier George Papandreou aveva
annunciato rischio di bancarotta del paese (accusando peraltro il governo precedente di
aver nascosto il bilancio reale). Non riescono a salvare la Repubblica Ellenica né i
pacchetti di aiuti dell’Unione Europea né le manovre (con tagli drastici alla spesa pubblica,
imposte straordinarie, privatizzazioni e la messa in mobilità di 30.000 dipendenti statali)
varate negli ultimi due anni dal governo di Atene. Lo scorso settembre l’UE ha creato una
troika, un ente straordinario composto da Commissione Europea, Banca Centrale Europea
e Fondo Monetario Internazionale, incaricato di studiare la situazione greca e attivare
l’EFSF, il “fondo salva-stati” per affrontare la crisi finanziato dai paesi dell’eurozona. Il 27
ottobre in seguito a un summit tra i leader dell’UE a Bruxelles si è deciso che la Grecia
potrà restituire solo il 50% del valore dei suoi titoli del debito pubblico ai suoi creditori,
scaricando così le perdite sugli istituti di credito (prospettiva che renderebbe ancora più
probabile una crisi bancaria europea). L’obbiettivo è quello di riportare il debito greco a un
livello sostenibile entro il 2020, anche se a oggi non è ancora del tutto chiaro se la Grecia
accetterà o meno il piano di salvataggio dell’UE, la cui unica alternativa sarebbe a ogni
modo il default sovrano.
L’Italia si trova in una situazione anomala rispetto agli altri PIIGS. Il debito pubblico
accumulato negli ultimi decenni è tra i più alti al mondo in rapporto al PIL (118%) anche se
a oggi il nostro avanzo primario è positivo, cioè lo stato spende in servizi e opere
pubbliche meno di quello che guadagna dalle tasse. A pesare nel bilancio è la spesa per
gli interessi del nostro debito pubblico, frutto delle politiche di forte spesa pubblica adottate
in passato. Il problema nasce dall’incapacità di crescita del nostro paese, dovuta
soprattutto a carenze strutturali e ritardi rispetto ai paesi più avanzati dell’UE, inefficienze
gestionali da parte di uno stato presente in moltissimi settori produttivi, impedimenti e
limitazioni alla libertà di impresa, un mercato del lavoro ingessato, un sud basato su
un’economia agricola quasi del tutto dipendente da fondi pubblici, un alto tasso di
disoccupazione in alcune regioni, scarsa propensione a commerciare con l’estero,
un’economia sommersa che copre da sola oltre il 15% del PIL e diffusi fenomeni di
evasione fiscale, uniti all’immobilismo di una classe politica incapace di varare riforme
sostanziali. Una prospettiva che di certo non attira investimenti e non offre prospettive
delle più rosee per il futuro.
Teorie di Keynes per uscire dalla crisi
sistemi liberali dell'Ottocento
Nei allo Stato si chiedeva di garantire le condizioni La
essenziali affinché le attività dei singoli potessero svolgersi con tranquillità e sicurezza.
finanza pubblica era vista come un sistema a sé, senza poter interferire sull’iniziativa
private. In questo caso si parla di finanza neutrale. A partire dalla fine degli anni Venti del
gli studi di Keynes hanno portato lo Stato ad
Novecento, con la grande crisi,
assumersi il compito di assicurare lo sviluppo, la stabilità e l’equilibrio del sistema
economico e di indirizzare a tal fine le attività dei privati. Questo ruolo attivo dell’ente
statale porta cosi una finanza funzionale.
La spesa pubblica è l’insieme dei mezzi monetari che lo Stato e gli altri enti pubblici
erogano per il raggiungimento dei fini di pubblico interesse. Il sistema economico
nazionale è in equilibrio quando l’offerta globale è uguale alla domanda globale.
L’incremento della spesa pubblica comporta uno spostamento di risorse dal settore
pubblico a quello privato, modificando la propensione al consumo, la formazione del
risparmio, gli incentivi nell’investimento e alterando la distribuzione della ricchezza
incidendo sul reddito nazionale. Ma bisogna determinare se l’aumento delle dimensioni
della spesa pubblica favorisca o rallenti la produzione del reddito.
I classici sostengono che il mercato da solo con il proprio andamento della domanda e
dell’offerta (dal quale deriva il prezzo) può garantire una situazione di equilibrio ottimale:
Per
ciò implica che il ruolo dello Stato nell’economia deve essere assolutamente ridotto.
Keynes di fronte ad una recessione economica, l’incremento della spesa pubblica
riequilibra il reddito nazionale. Di conseguenza la domanda di beni di consumi deve
essere assorbita sul mercato. La parte di reddito non consumata, cioè il risparmio, deve
essere investita e trasformata in domanda per incrementare le attività produttive. Se ciò
il risparmio esce dal circuito della produzione impedendo la crescita
non accade,
delle attività economiche.
Keynes dimostrò con la sua teoria che il mercato economico se lasciato agire
liberamente poteva creare dei forti squilibri tra domanda e offerta (caduta della borsa
del ’29). L’economista sosteneva che lo stato doveva svolgere un ruolo attivo
nell’economia poiché doveva effettuare un'azione coordinata e programmata. In tale
la finanza pubblica viene ad assumere un ruolo decisivo:
scenario infatti le manovre
dell’erogazione della spesa e del prelievo fiscale consentono di incentivare o scoraggiare
l’attività dei privati, a seconda degli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Keynes mirava ad accrescere l’intervento dello stato al fine di correggere gli
squilibri dell’economia di mercato e svolgere un'azione compensatrice
sull’andamento dei cicli economici, cercando di garantire la stabilità del sistema. In una
situazione di recessione economica nella quale si assiste ad un ristagno e ad una
diminuzione di consumi e di investimenti, lo Stato doveva intervenire con una spesa
Keynes affermava che il livello del reddito nazionale e
pubblica aggiuntiva.
dell’occupazione erano determinati dalla domanda globale. Essa è data dai consumi
privati (C), dagli investimenti (I) e dalla spesa pubblica (G). Da qui la famosa formula: Y =
C + I + G (dove y rappresenta la domanda).
Il moltiplicatore
Gli effetti della variazione della spesa pubblica sono molto ampi e complessi. Essi si
realizzano dando luogo a due fenomeni economici: il moltiplicatore e l’acceleratore della
spesa pubblica. Si ipotizzi ad esempio che l’economia versi in una fase di recessione
caratterizzata da una domanda globale bassa, da risorse economiche non pienamente
utilizzate e quindi da disoccupazione. Se lo stato interviene con una manovra di spesa
il reddito nazionale salga nella stessa misura dell’intervento
pubblica, fa sì che e che
una parte della forza lavoro disoccupata venga assorbita dai lavori di realizzazione
I nuovi lavoratori a loro volta faranno crescere la domanda sul
dell’opera pubblica.
mercato di beni e servizi che prima non potevano permettersi, in quanto salirà la loro
propensione al consumo: ciò spingerà quindi le imprese ad accrescere la produzione e
Si crea così un
quindi l’offerta, che farà salire ulteriormente il reddito nazionale.
meccanismo che in poco tempo produce un aumento della domanda aggregata
moltiplicato rispetto al valore iniziale della spesa: si tratta del fenomeno del moltiplicatore
della spesa pubblica. Più alta è la propensione marginale al consumo, più alto sarà
l’effetto del moltiplicatore.
L’acceleratore
L’aumento della spesa fa sì che le imprese, per fronteggiare gli incrementi della domanda
di beni da consumo dei privati, intensifichino le attività produttive, aumentando gli
Le imprese accrescono la
investimenti per l’acquisto di macchine e di beni strumentali.
produzione