Anteprima
Vedrai una selezione di 4 pagine su 14
Volti della solitudine,tesina Pag. 1 Volti della solitudine,tesina Pag. 2
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Volti della solitudine,tesina Pag. 6
Anteprima di 4 pagg. su 14.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Volti della solitudine,tesina Pag. 11
1 su 14
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Introduzione Volti della solitudine,tesina



La seguente tesina di maturità liceo scientifico vuole analizzare lo stato d'animo che provoca la solitudine. Gli argomenti che permette di sviluppare questa tesina scientifica sono: Arte:L'Urlo di Edward Munch, Filosofia:Kierkegaard, Francese:Madame Bovary, Latino:Seneca, Inglese:Il mostro di Frankenstein

Collegamenti
Volti della solitudine,tesina



Arte - L'Urlo di Edward Munch
Filosofia - Kierkegaard
Francese - Madame Bovary
Latino - Seneca
Inglese - Il mostro di Frankenstein
Estratto del documento

e ci si riesce ad accordare meglio con questo circostante,

si riesce a pensare meglio ai propri problemi,

credo addirittura che si riesca a trovare anche delle migliori soluzioni

e siccome siamo simili ai nostri simili,

credo si possano trovare soluzioni anche per gli altri.[...]

Ho constatato attraverso la mia esperienza di vita

che un uomo solo non mi ha mai fatto paura.

Invece l’ uomo organizzato mi ha sempre fatto molta paura...»

Così parla De Andrè nel suo “Elogio alla solitudine” descrivendo in poche

parole tutte le sensazione che questo stato d'animo porta con sé. Come tutte

le cose, anche la solitudine necessita di un'analisi totale in tutti i suoi aspetti,

da quelli meno paurosi che qualsiasi uomo riesce ad ammettere a quelli

“indicibili” che preferiamo nascondere come se non ci appartenessero.

Nessuno merita di essere solo nel corso della sua vita.

La solitudine è quindi una malattia o è l'uomo a considerarla tale?

Davanti ad essa si prova spesso una grande paura, ma credo sia più corretto

parlare di angoscia. Della paura si conosce la causa e siamo quindi in grado

di fronteggiarla. Dell'angoscia non conosciamo nulla e la solitudine si

presenta come una grande stanza buia nella quale ci muoviamo senza

sapere dove andremo a finire.

Kierkegaard parla dell'angoscia come il sentimento che l'uomo prova davanti

alla possibilità di scelta che Dio gli ha dato. In questo momento l'uomo viene

assalito dall'angoscia perché non è in grado di riconoscere quale tra le scelte

possibili sia la più adatta per lui. E non può nemmeno seguire le decisioni

altrui poiché Kierkegaard sostiene l'unicità e l'irripetibilità di ogni singola

esistenza. Ciò che è giusto per gli altri quindi, potrebbe non esserlo per noi.

Nel momento della scelta l'uomo si ritrova completamente solo ed è in

questo momento che avverte il peso della sua vita: la scelta che farà

determinerà almeno al 70% il suo futuro ed pè questo elemento a stimolare

la nostra angoscia. L'individuo si ritrova al “punto zero”, ovvero nel momento

dell' indecisione permanente che blocca il suo agire.

Il filosofo prende in considerazione tre possibilità di esistenza che sono

“aut...aut” ovvero inconciliabili tra di loro: la vita estetica, quella etica ed

infine quella religiosa. Delle tre solo la fede permette di sconfiggere

l’angoscia esistenziale . Si tratta di una scelta rischiosa e incerta, che

Kierkegaard paragona ad un “salto nel buio”, ma abbandonando noi stessi

alla volontà divina sostituiamo alla disperazione della scelta, la speranza e la

fiducia in Dio.

Questo atteggiamento non appartiene solo ai giorni nostri. Fin dall'antica

Grecia l'isolamento veniva considerato come una delle punizioni più terribili

che potessero essere inflitte ad un essere umano. L'ostracismo consisteva

infatti nell'esclusione di un individuo dalla società, da un gruppo sociale o da

una comunità, evitando ogni forma di comunicazione.

E' necessario che l'uomo comprenda che dal malessere interiore può nascere

qualcosa di enormemente positivo. Quando la solitudine ci viene imposta

dalle circostanze ci sentiamo come soffocare e non siamo in grado di

liberarci. Ma quando siamo noi a scegliere di restare soli, possiamo ricavarne

un grande tesoro per noi stessi e per gli altri, andando alla ricerca di luoghi

sconosciuti che abitavano dentro di noi , ma di cui non ci eravamo mai resi

conto.

Non possiamo continuare a vivere come se questo sentimento che

allontaniamo costantemente non ci appartenesse. La solitudine si

impossessa ogni giorno della nostra mente e del corpo fino a trasformarlo.

Come ha detto Orson Welles :

"Nasciamo soli, viviamo soli, moriamo soli. Solo attraverso i nostri amori e

l'amicizia si può creare l'illusione, per un momento, di non essere soli."

La sensazione di angoscia ed ansia connessa alla solitudine è presente fin

dalla nascita. Freud sosteneva che:

“L'atto della nascita è la prima esperienza d'ansia e quindi la fonte e il

prototipo della sensazione d'ansia”

(Senso di abbandono sperimentato fin dalla nascita nei confronti della madre

e che si ripete ogni volta che proviamo angoscia di fronte alla solitudine).

La parola solitudine ci richiama alla mente immagini e sensazioni.

Un uomo anziano seduto su una sedia ad ammirare il mondo attorno a lui, un

pallino bianco, una grande stanza piena di oggetti e arredi che puoi

condividere solo con te stesso, l'espressione di angoscia e isolamento

dell'urlo di Munch, il Viandante sul mare di nebbia di Francesco Hayez.

Paura, angoscia, una sorta di felicità insignificante, insoddisfazione, freddo.

Sono questi i pensieri più comuni che nascono quando la parola solitudine si

mostra a noi.

E' proprio dell'uomo provare questo stato d'animo composto da vari aspetti i

quali necessitano di essere scomposti ed analizzati attentamente come se si

trattasse di un quadro cubista dove gli oggetti vengono guardati da vari punti

di vista, sopra, sotto, dentro, fuori, di profilo e rappresentati

contemporaneamente sulla tela.

Per parlare di solitudine, dobbiamo prima comprendere il suo significato e le

conseguenze che questo concetto porta con sé.

Innanzitutto c'è una netta differenza tra “l' essere da soli” e “l'essere soli”.

Un individuo può provare solitudine anche in mezzo ad una grande folla, ad

un ambiente familiare.

Questo può portare ad una sensazione di pressione fisica e psicologica che

può sfociare in quello che i medici amano chiamare depressione, ma che

depressione non è. E' più una sorta di sconfitta personale, di un isolamento

che ci è stato inflitto dalle circostanze con cui non siamo stati in grado di

batterci.

La sensazione di isolamento può costituire un' importante causa di infelicità.

Gli esseri umani, infatti, sono per natura creature sociali e i piaceri che

contribuiscono maggiormente alla felicità sono l'amore, l'affiliazione sociale,

l'intimità, che vengono ritenuti più importanti della ricchezza e addirittura

della salute fisica.

La solitudine possiede quindi una forza tale da poter mutare sia il nostro

comportamento che il nostro aspetto fisico, come una grande metamorfosi in

cui ogni sforzo tentato per sfuggirle appare inutile.

La parola solitudine evoca vissuti di chiusura al rapporto, isolamento,

prigionia, difficoltà o incapacità di relazione. Si associa ad una sorta di

comunicazione strangolata, impedita, bloccata in cui gli scambi tra gli

interlocutori sono incomprensibili, o addirittura mancano di un destinatario a

cui rivolgere il tumulto di pensieri ed emozioni che premono e chiedono di

essere espressi.

La doverosa attenzione a questo lato oscuro e distruttivo della solitudine

lascia spesso in ombra il fatto che esiste anche un altro lato del fenomeno:

una solitudine positiva, gratificante, creativa, gioiosa. Non sempre

l'esperienza del distacco dagli altri comporta una sofferenza o un disagio. Ci

non subita, ricercata

può anche essere una solitudine ma anzi attivamente

come condizione favorevole all'arricchimento dell'interiorità, alla creazione di

un rapporto stretto con la realtà.

I monaci orientali, ad esempio, decidevano di vivere la loro vita in cima ad

una colonna senza mai scendere. Questo ha permesso loro di cogliere uno

dei valori più importanti: lo stare soli permette di conoscere se stessi e ci fa

comprendere che per stare bene con gli altri è necessario partire dallo stare

bene con la propria persona. E' quindi una fonte di forza e coraggio.

Seneca ci insegna la buona abitudine dell'auto-analisi. A sera, quando

torniamo a casa, dobbiamo sempre interrogare il nostro animo che sarà da

noi giudicato. L'isolamento è necessario ogni singolo giorno, ci permette di

valutare le nostre azioni, riconoscere gli errori che ogni sera promettiamo di

non ripetere più. Attraverso questa abitudine possiamo quindi scacciare i

nostri vizi e raggiungere la “ virtus”. L'animo umano è infatti costantemente

esposto ai vizi, di cui il peggiore è l'ira, una passione molto forte che offusca

la nostra mente impedendoci di raggiungere la virtus.

E' importante imparare a saper stare da soli per migliorare la nostra vita e

quella degli altri.

L'uomo deve capire che la solitudine non è un mostro cattivo da cui

scappare.

Esiste quindi una via di fuga anche se illusoria dalla solitudine?

Questo sentimento non è però assoluto, oggettivo, come un velo enorme che

ricopre tutti gli esseri umani delle stesse sensazioni.

Gli esseri umani sono vari, così come sono varie le forme di solitudine.

Tutte le persone possono sentirsi sole. Possiamo alleviare la sensazione di

solitudine tramite l'amicizia, l’amore, ma nulla può darci la certezza che per il

resto della nostra esistenza non ci sentiremo più soli, anche se nel nostro

secolo cresce sempre di più il numero di persone che dipendono dal proprio

compagno/a come unica fonte di compagnia.

Probabilmente chi è sposato si sente meno solo di chi non lo è, ma il

matrimonio non è una garanzia.

Con chi ci si può confidare quando i problemi personali più angosciosi forse

hanno a che fare con il proprio coniuge?

Si può essere tristemente soli pur essendo sposati.

“Au fond de son âme, cependant, elle attendait un événement. Comme les

matelots en détresse, elle promenait sur la solitude de sa vie des yeux

désespérés, cherchant au loin quelque voile blanche dans les brumes de

l’horizon. Elle ne savait pas quel serait ce hasard, le vent qui le pousserait

jusqu’à elle, vers quel rivage il la mènerait, s’il était chaloupe ou vaisseau à

trois ponts, chargé d’angoisses ou plein de félicités jusqu’aux sabords.”

L'exemple littéraire par excellence est M.me Bovary, le personnage plus

célèbre de Gustave Flaubert.

Emma est la fille d'un agriculteur qui épouse le médecin Charles Bovary, un

homme médiocre. Au début ils vivent une vie conjugale heureuse mais,

quand il sont invités a un bal de la haute aristocratie, Emma découvre un

monde différent jusqu’à ce moment inconnu et très fascinant. Dans ce

monde elle retrouve les dames et les chevaliers qui sont protagonistes des

livres qu'elle avait lus au collège et dont elle avait toujours rêvé. Insatisfaite

de sa vie elle ne se sent pas comprise de Charles qui la vénère comme une

déesse. Elle tombe dans une profonde solitude causé par la permanence

dans la maison et par les rêves crées par la lecture. Puis en certains

moments elle se sent tellement seule, qu'elle sent le besoin de confier ses

pensées a Charles, mais à la fin elle se retrouve seule à parler avec son

chien,car elle avait besoin de n'importe quelle compagnie.

Ce sentiment a causé en elle une transformation totale: elle commence à

dépenser tout l'argent de son mari en achetant les étoffes les plus

prestigieuses, à éprouver aussi l'amour adultère avec Léon et Rodolphe qui

la emmènent à négliger sa richesse la plus profonde, sa fille Berthe.

La solitude d'Emma est causée par un mélange de différents sentiments qu'

on appelle «bovarysme», c'est à dire:

« un état d'inadaptation et insatisfaction, sur le plans affectifs et sociaux,

compensé par l’évasion dans le rêve et dans l'imagination»

Emma est insatisfaite de sa vie et tente de fuir grâce à l'imagination et le

rêve d'une vie irréalisable.

Après l' échec de l'amour passionnel et la perte de toutes les richesses

matérielles, Emma se retrouve abandonnée dans l’idéal et rien d'autre.

Toute tentative de changer la conduisent à vivre un état de profonde solitude

qui trouve la dernière solution dans le suicide.

A un certain moment nous sentons le besoin de partager nos sentiments

avec une autre personne, pour libérer nôtre âme et ne pas sentir le poids de

nos actions.

Emma ne trouve plus, comme avant, le conforte dans la religion.

Quand elle décide de confier sa malaise à l'abbé, ponctuellement la

communication résulte impossible.

Il semble que personne ne s'intéresse à elle, et cela ne fait qu'augmenter sa

sensation de solitude.

« -Comment vous portez-vous? Dit l'abbé

-Mal, répondit Emma; je souffre.

-Eh bien! Moi aussi, reprit l'ecclésiastique. Ces premières chaleurs, n'est-ce

Dettagli
Publisher
14 pagine
8 download