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Sintesi
Italiano: Giovanni Verga (la Roba e Mastro don Gesualdo)

Latino: Petronio (La cena di Trimalchione)

Filosofia: Arthur Schopenhauer (la noluntas e l'ascesi)

Storia: Adolf Hitler (la superiorità della razza ariana)

Storia dell'arte: Gustave Klimt (i disegni proibiti)

Inglese: Charles Dickens (David Copperfield)

Scienze: i terremoti
Estratto del documento

Anche considerando il forte sostegno del potere economico e

dell’esercito, l’avversione diffusa per l’imponente sistema dei partiti o

l’immediata eliminazione di tutti gli avversari politici effettuata dai

nazisti appena saliti al potere, resta in ogni caso poco comprensibile il

comportamento del popolo tedesco di fronte alla sconcertante figura

di Hitler.

L’ideologia hitleriana per un popolo “perdente” come quello tedesco

era una vera e propria panacea, perché puntava sulla purezza della

razza ariana(la razza superiore), per conservare la quale la stirpe

tedesca doveva mantenersi incontaminata da quelle inferiori

rappresentate dai popoli di colore, dagli Slavi e soprattutto dagli Ebrei.

Nel Mein Kampf alla democrazia opponeva la

dittatura assoluta di un capo (Fuhrer), infine

Hitler rivendicava lo “spazio vitale”, cioè la

formazione di un unico stato comprendente

tutti i Tedeschi, anche con l’annessione di

territori dell’Europa centro – orientale(Austria

e Polonia) dove rappresentavano minoranze

variamente consistenti.

Quando Hitler divenne Cancelliere fu

l’inizio della dittatura nazista. Dal 1933 al

1934 tutti gli aspetti della vita civile, politica e culturale della

Germania passarono sotto il totale controllo dei nazisti.

Fu creato un tribunale speciale, la Corte popolare, composta da

nazisti e militari, mentre la polizia segreta(la Gestapo) e altri servizi di

sicurezza provvedevano alla capillare eliminazione fisica degli

avversari politici.

Sul versante religioso, Hitler stipulò un concordato con la Chiesa

cattolica, alla quale riconobbe una certa autonomia in cambio di

giuramento di fedeltà dei vescovi allo Stato e dello scioglimento del

partito cattolico.

La dittatura nazista vera e propria iniziò nel 1934 dopo la morte del

maresciallo Hindenburg, quando Hitler cumulò nelle sue mani oltre alla

carica di Cancelliere quella di Capo del Governo e di Capo dello Stato.

Le leggi razziali Un anno

dopo la

morte di 7

Ordinanza leggi razziali in Italia

Hindenburg, il 15 settembre 1935 vennero promulgate le leggi di

Norimberga, che, impiegando una base pseudo-scientifica per la

discriminazione razziale, affermavano che persone con quattro nonni

tedeschi erano di “sangue tedesco”, mentre chi aveva tre o quattro

nonni ebrei era considerato Ebreo, in mancanza di differenze esteriori

percepibili, i nazisti stabilirono che, per determinare la razza originaria

degli Slavi, la fede religiosa applicata dagli stessi era sufficiente a

qualificarli come Ebrei, e quindi “sub-umani”.

Le leggi emanate dopo le leggi di Norimberga permisero l’attuazioni

di nuovi provvedimenti.

I matrimoni tra Ebrei e soggetti di “sangue tedesco” erano

 proibiti.

I rapporti extraconiugali tra Ebrei e individui di “sangue tedesco”

 erano proibiti.

Gli Ebrei non potevano tenere al loro servizio “domestiche” di

 “sangue tedesco”.

Le infrazioni del primo provvedimento venivano punite con la

 reclusione.

Le infrazioni del secondo provvedimento venivano punite con la

 reclusione o con l’incarcerazione.

Per avvalorare l’emanazione di queste leggi, Hitler era solito esordire

i suoi discorsi con frasi del tipo:<< Se l’Ebreo non esistesse,

bisognerebbe inventarlo, perché una religione non può fare a meno

del diavolo>>.

Dalla deportazione allo sterminio

A metà ottobre 1938 i nazisti presero la decisione, che era arrivato il

momento che gli Ebrei sparissero dalla Germania.

Poco dopo iniziarono le prime deportazioni. Circa 10.454 Ebrei

vennero portati a Buchenwald, e lì vennero percossi e torturati,

mentre l’altoparlante scandiva:<< Ogni Ebreo che desideri impiccarsi

è pregato di avere la cortesia di introdursi un pezzo di carta in bocca,

recante il proprio nome, al fine di poter procedere

all’identificazione>>.

Questo “tran tran” durò per mesi, finché

Hitler non attuò la “Soluzione Finale”.

L’eliminazione totale degli ebrei non era il

piano iniziale di Hitler, ma una cosa è certa, 8

anche se non era nei suoi piani, fu Lui a ordinare lo stermino degli

Ebrei nel 1940.

Secondo l’ideologia hitleriana l’eliminazione degli Ebrei era di grande

importanza, perché avrebbe reso complice tutto il popolo tedesco,

quindi il modo di eliminarli non aveva importanza.

I tipi di eliminazioni attuati furono quattro:

CAOTICHE: gli Ebrei venivano portati, in massa, a qualche

 chilometro dalla città e venivano immediatamente fucilati dai

Komandos.

METODICHE: sono le più conosciute, consistevano nel far morire

 gli Ebrei di asfissia in apposite camere a gas in cui venivano

emessi gas come l’acido prussico o monosido di carbonio.

DIRETTE: veri e propri massacri avvenuti nei campi di

 concentramento

RITARDATE: erano eliminazioni senza ripercussioni

 immediate, ad esempio, facevano si che non ci

fosse una generazione futura, attraverso progetti di

sterilizzazione di massa.

L’avarizia è la scarsa disponibilità a spendere e donare ciò che si

possiede. Spesso viene confusa con l’avidità, ma le due nozioni hanno

dei significati diversi: mentre l'avidità è il desiderio di accrescere il

proprio "possesso" (nel senso più generale possibile del termine)

l'avarizia è concentrata sulla conservazione meticolosa di ciò che già

si possiede.

L’avarizia è in sé e per sé uno

dei SETTE PECCATI CAPITALI,

tuttavia, quando l’avarizia

comprende la cupidigia delle

proprietà di un’altra persona,

diventa invidia, invece, se

l’avarizia viene applicata al cibo,

si parla di gola.

I Buddhisti credono che

l’avarizia sia basata su una

scorretta associazione tra

benessere materiale e felicità. Essa è provocata da una visione

illusoria che esaspera gli aspetti positivi di un oggetto. 9

Nella “Divina Commedia” la lupa è il simbolo dell’avarizia.

Hanno detto dell’Avarizia:

“L’avarizia comincia dove finisce la povertà.” (Honorè de Balzac)

“Alla povertà mancano molte cose, all’avarizia tutte.”

(Publilio Siro)

Gli avari sono nella quinta Cornice del

Purgatorio dove, insieme ai prodighi, sono

distesi bocconi e legati al Monte.

Tra loro ricordiamo Papa Adriano V, Ugo

Capeto e Stazio.

I vizi capitali e i nuovi vizi,

Galimberti, nel suo saggio sostiene che

l’avarizia altro non sia che il denaro visto come fine e non come

mezzo.

Sulla smania di possedere, si basano molte maschere della

Commedia dell’Arte (Pantalone), prima, e di Goldoni (l’Avaro), in

seguito.

In letteratura

Non si può non citare Scrooge, di Canto di Natale (C.

Dickens), più avaro di sé che di denaro? Così come

evangelicamente avari appaiono quasi tutti i protagonisti

del Racconto di Natale di Buzzati, i quali presumono di 10

poter gelosamente conservare per loro stessi, non cedendola a

nessuno, la propria “parte” di Dio.

E come dimenticare Mastro Don Gesualdo, Mazzarò e molti dei

personaggi verghiani .

Breve biografia

Giovanni Verga nacque a Catania nel

1840, da famiglia agiata, e in Sicilia trascorse

l’infanzia e la prima giovinezza.

Ancora adolescente aveva cominciato i suoi

“Amore e patria”, “I carbonari

primi romanzi,

della montagna” “Sulle lagune”.

e

Tra il ’65 e il ’71 abbandonò la Sicilia e

soggiornò, prevalentemente, a Firenze, dove

conobbe importanti letterati come Prati,

Alleardi e Dall’Ongaro, la cui vena populistica Storia di

fu ben accolta dal Verga nel suo primo romanzo di successo “

una capinera”. Luigi

L’incontro più importante, per il Verga, fu quello con

Capuana , con cui nacque un’amicizia che si esplicò in un rapporto di

collaborazione per definire una nuova poetica.

Ritornò a Catania nel ’71, ma subito ne ripartì, ancora alla ricerca

d’un ambiente moderno e vivo. Questa volta scelse Milano, dove

conobbe molti esponenti della Scapigliatura e altri letterati, come il

giovane De Roberto.

Nel suo soggiorno milanese il Verga rimase colpito dagli autori del

realismo e naturalismo francesi Balzac, Flaubert Zola,

, quali e 11

maturando progressivamente la sua adesione al Verismo; sempre a

“Eva”, “Tigre reale”, “Eros”,

Milano Verga scrisse alcuni romanzi come:

ancora incentrati sull’esperienza degli ambienti dell’alta borghesia.

Nedda

Lo spartiacque della poetica verghiana fu la lunga novella “ ”

in cui la protagonista è una povera ragazza, che appartiene alla sfera

dei diseredati sociali.

Sei anni dopo la pubblicazione di “Nedda”, usciva il primo

capolavoro del Verga verista, la raccolta di novelle, “Vita dei campi”;

nei dieci anni che seguirono il Verga scrisse le sue opere più famose “I

Malavoglia”, “Novelle rusticane” e “Mastro Don Gesualdo”.

Dal 1893 Verga si ritirò a Catania, dove visse per un trentennio in un

prevalente silenzio, amareggiato dall’incomprensione che circondava

la sua opera, fino alla morte (1922).

La “ROBA”

“Senza sordi nun si ni canta Missa” recita un detto siciliano e Verga

riuscì a mettere in risalto il tipico attaccamento dei Siciliani al denaro.

“roba”,

Molte opere di Verga ruotano intorno alla basti pensare ad

una delle “Novelle rusticane”, intitolata “La Roba”.

In questa novella l'umile contadino Mazzarò, che viene descritto

uomo basso, grasso come un

come un

maiale (metafora che rappresenta anche

testa

la sua avidità di ricchezza) e dalla

che sembrava un diamante (per

rappresentare l'intelligenza) che finisce,

pian piano, per appropriarsi di tutti i

terreni che prima appartenevano ad un

potente barone, il quale viene costretto a

vendere da prima i suoi possedimenti e

successivamente anche il

suo castello (eccezion fatta per lo stemma nobiliare; Mazzarò non era

interessato all'appropriazione di alcun titolo nobiliare).

Verga esaspera nella novella il concetto del duro lavoro, necessario

se si vuole raggiungere un qualsiasi obiettivo, poiché il fato e la

Provvidenza sono invece destinati a travolgere l'uomo. 12

L'ossessione di Mazzarò è di espandere sempre di più i suoi

possedimenti, (avere sempre più "roba", alla quale è molto legato). Il

suo attaccamento ai beni materiali è così forte che quando verrà il

momento di separarsene poiché si trova sul punto di morte, cammina

Roba mia,

nei suoi possedimenti, uccidendo il bestiame al grido di "

vieni con me! ".

Mazzarò è un abbozzo del personaggio di Mastro-don Gesualdo,

protagonista dell'omonimo romanzo: anch'egli è infatti riuscito

nell'accumulazione di "roba" tramite il lavoro, nonostante sia nato da

una famiglia povera.

Nel secondo romanzo del “Ciclo dei Vinti” la storia comincia in

medias res, cioè nel pieno degli

avvenimenti, grazie a un incendio nel

palazzo dei Trao. I paesani accorrono in

aiuto e fra loro fa la sua comparsa

Gesualdo, che fin dalle prime battute

mostra il suo attaccamento alla 'roba'.

Durante la scena dell'incendio, viene

trovato Ninì Rubiera nella stanza di Bianca

Trao, sorella di don Diego e di don

Ferdinando. Per riscattare l'onore della sorella, don Diego chiederà alla

baronessa Rubiera di acconsentire alle nozze fra Bianca e Ninì, ma la

baronessa non acconsente perché Bianca, pur essendo nobile di

nascita, è povera.

A sposare Bianca sarà invece Gesualdo, che su consiglio del canonico

Lupi e amareggiato dagli egoismi della sua famiglia che lo sfrutta,

decide di sposarla per aggiungere alla sua ascesa economica anche

un'ascesa di classe sociale. Bianca, contro il volere dei fratelli,

acconsente alle nozze per riparare alla relazione colpevole con il cugino

baronetto.

Il matrimonio con Bianca si rivela per il protagonista un "affare

sbagliato": la donna lo respinge, il suo fisico debole riesce a dargli solo

una figlia, Isabella, che nonostante sia nata dalla precedente relazione

che Bianca ha avuto con il cugino, viene accettata da Gesualdo.

La bambina, educata in collegio fra compagne di estrazione sociale

alta, si vergogna a tal punto delle umili condizioni del padre da farsi

chiamare con il cognome della madre. Divenuta grandicella ritorna al 13

paese natale a causa della diffusione del colera, e lì si innamora di

Corrado la Gurna.

Gesualdo, data la condizione poco agiata del ragazzo, si oppone al

loro rapporto, e così la figlia decide di scappare con Corrado. Il

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