Anteprima
Vedrai una selezione di 6 pagine su 22
Vita in funzione delle incognite tesina Pag. 1 Vita in funzione delle incognite tesina Pag. 2
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Vita in funzione delle incognite tesina Pag. 6
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Vita in funzione delle incognite tesina Pag. 11
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Vita in funzione delle incognite tesina Pag. 16
Anteprima di 6 pagg. su 22.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Vita in funzione delle incognite tesina Pag. 21
1 su 22
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Introduzione Vita in funzione delle incognite tesina



La seguente tesina maturità liceo scientifico descrive la vita in funzione delle incognite. La tesina abbraccia inoltre varie discipline di studio, come Filosofia, Kierkegaard, in Italiano Leopardi e Verga, Fisica il principio di indeterminazione, in Scienze il paradosso del gatto di Schrödinger.

Collegamenti


Vita in funzione delle incognite tesina



Filosofia -Kierkegaard.
Italiano -Leopardi e Verga.
Fisica -Principio di indeterminazione.
Scienze -Paradosso del gatto di Schrödinger.
Estratto del documento

Giovanni di Mozart. Il seduttore sceglie di incentrare la propria vita sul piacere,

sull’eccezionalità del momento seguendo la filosofia oraziana del “carpe diem”.

Rifiuta la ripetizione ed è costantemente alla ricerca di un’esperienza nuova, più

appagante di quella precedente. Lo stadio estetico porta alla disperazione, ovvero

alla coscienza dell'assoluta vanità di ogni cosa. Tale disperazione può però condurre

a due diversi atteggiamenti: il primo porta a considerare la disperazione una forma

di divertimento e pertanto a perseverare nella vita estetica, nel secondo caso invece

si può comprendere la vanità dell’esistenza estetica e accedere così allo stadio

superiore, quello etico.

Lo stadio etico è rappresentato dalla figura del marito ovvero colui che decide di

fare delle scelte ed assumersi le proprie responsabilità. Egli sostituisce all’amore

fugace dell’esteta un'unica relazione, saldata dal matrimonio, con le conseguenti

responsabilità legate ai figli e alla famiglia. L'esistenza dell'uomo etico è

caratterizzata dalla scelta, con la quale egli conferma in ogni momento le decisioni

prese. Davanti alla perfezione del divino, con cui il marito prima o poi si confronta,

anche la vita etica appare limitata e insoddisfacente. Egli infatti percepirà la propria

inadeguatezza morale, per esempio legata al modello del buon padre di famiglia,

arrivando necessariamente allo stato conclusivo dello stadio etico: il pentimento.

Attraverso tale stato d’animo l'individuo

esce dalla sfera etica e “salta”

volontariamente alla vita religiosa.

Lo stadio religioso è descritto nell’opera

4

“Timore e tremore” . Quest’ultima

possibilità di vita rappresenta l’unico modo

per uscire dall’angoscia e si incarna nella

figura di Abramo il quale, pur di obbedire a

Dio, non esita a sacrificare il figlio Isacco.

Eticamente verrebbe ritenuto un assassino

ma è invece considerato padre della fede

perché agì in virtù di essa, seguendo il

volere di Dio. Per Kierkegaard, infatti, la

dimensione religiosa comporta la

sospensione della morale e di ogni

razionalità perché l'uomo, in questo

ambito, si sottomette completamente alla

volontà di Dio che può legittimamente

divergere dalle leggi dell'etica umana.

4 Timore e tremore è un’opera filosofica di Kierkegaard pubblicata nel 1843. In essa viene presentata la terza sfera:

quella religiosa. Il filosofo non si riconoscerà nelle prime due, ma si giudicherà pure inetto alla terza per via d'una sua

"teologia sperimentale" che si dimostrerà fallimentare. 6

La fede è dunque rischio e paradosso. In nome di essa il singolo, che per l'etica è

subordinato alle leggi umane, afferma la propria superiorità nei confronti

dell'universale grazie al suo rapporto individuale con l'assoluto.

7

L ’

A SITUAZIONE DELL UOMO DI FRONTE

ALL INCOGNITA

L'angoscia è considerata la condizione naturale dell’uomo, la cui libertà di scelta è

limitata dall’ignoranza di ciò che può accadere, quindi dall’incognita. Kierkegaard

sottolinea infatti che tra le infinite vie che si presentano si può percorrere quella

sbagliata. In tal modo, anche di fronte ad una totale libertà, l’uomo sente che, dove

tutto è possibile, nulla risulta esserlo effettivamente. L’incognita quindi rende la

possibilità negativa in quanto quest’ultima potrebbe rivelarsi sbagliata.

La disperazione ha origine, secondo Kierkegaard, nel rapporto del singolo con se

stesso. L’io può infatti scegliere di volere o non volere se stesso. Nel primo caso l’io,

in quanto finito e insufficiente a se stesso, non giunge all’equilibrio ma si trova a

scontrarsi con l’impossibilità di compiere il proprio volere e ciò provoca la

disperazione. Nel secondo caso l’io cade nuovamente nella disperazione derivata dal

cercare di distruggere la sua natura reale.

Sotto un altro punto di vista la disperazione può essere causata dall’incognita

dovuta dalla presenza di troppe possibilità. Al contrario, se non vi fossero possibilità,

si eliminerebbe l’incognita legata all’infinità del possibile ma l’uomo risulterebbe

comunque disperato in quanto perderebbe anche ogni speranza.

“Se l’uomo rimane senza possibilità è come se gli mancasse l’aria”.

Kierkegaard rileva però la

possibilità di un esito positivo

riposto nello stadio finale del

percorso: la fede. In essa infatti si

risolve l'esperienza della possibilità

del nulla e della malattia mortale

perché l'uomo può aggrapparsi a

Dio e delegare a Lui la propria

possibilità, la propria incognita.

La fede è il gesto esistenziale con

cui l'uomo va al di là di ogni

tentativo di comprensione

razionale della realtà, affidandosi a Dio e accettando anche ciò che appare assurdo

alla ragione. Fede è per Kierkegaard paradosso perché esula dalla razionalità e dalla

morale umana. 8

L V : ’

EOPARDI E ERGA UN INCOGNITA A DUE FACCE

L’INCOGNITA CHE SOPRAVVIVE NELL’ILLUSIONE

Se Kierkegaard prova davanti all’ignoto un senso di minaccia oscura e paralizzante,

nella letteratura italiana Leopardi vede nel futuro non conoscibile un’illusione in

grado di rendere il presente meno triste. Nel

5

“Dialogo di un venditore di almanacchi e di un

6

passeggere”, una delle ultime Operette Morali

scritte dal poeta, è ben evidente il ruolo

fondamentale che svolge l’incognita nella vita

degli uomini. Il “Dialogo” è una riproposizione in

chiave realistica di una riflessione teorica già

presentata nello Zibaldone nel quale il poeta-

filosofo affermava di aver chiesto ad alcune

persone se fossero state contente di rivivere la

propria vita passata tale e quale a come

l’avevano vissuta fino ad allora, e di aver ricevuto

una risposta negativa, non tanto per il fatto di

rivivere la vita, quanto perché essa sarebbe stata

uguale a quella precedente. Egli infatti affermava

che:

“Io ho dimandato a parecchi se sarebbero stati contenti di tornare a rifare la

vita passata, con patto di rifarla né più né meno quale la prima volta. L’ho

dimandato anco sovente a me stesso. Quanto al tornare indietro a vivere, ed io

e tutti gli altri sarebbero stati contentissimi; ma con questo patto, nessuno; e

piuttosto che accettarlo, tutti (e così io a me stesso) mi hanno risposto che

avrebbero rinunziato a quel ritorno alla prima età, che per se medesimo,

sarebbe pur tanto gradito a tutti gli uomini. Per tornare alla fanciullezza,

avrebbero voluto rimettersi ciecamente alla fortuna circa la lor vita da rifarsi, e

ignorarne il modo, come s’ignora quel della vita che ci resta da fare. Che vuol

dir questo? Vuol dire che nella vita che abbiamo sperimentata e che

conosciamo con certezza, tutti abbiam provato più male che bene; e che se noi

ci contentiamo ed anche desideriamo di vivere ancora, ciò non è che p(er)

l’ignoranza del futuro, e p(er) una illusione della speranza, senza la quale

5 Nati nel Medioevo, gli almanacchi erano calendari che contenevano informazioni astronomiche utili ad agricoltori e

naviganti quali la posizione di stelle, pianeti e costellazioni visibili mese per mese. In un secondo momento divennero

delle pubblicazioni periodiche che fornivano notizie di vario genere, come, per esempio le previsioni metereologiche,

le date degli accadimenti futuri più importanti e i luoghi dove si tenevano le fiere.

6 Composte dopo la delusione romana tra il 1824 e il 1832, le Operette Morali sono una raccolta di componimenti in

prosa di argomento filosofico. 9

illusione e ignoranza non vorremmo più vivere, come noi non vorremmo rivivere

nel modo che siamo vissuti.” (Firenze, 1 Luglio 1827)

In queste righe è chiaro il pensiero di Leopardi secondo cui il desiderio di vivere è

dato dall’illusione e dalla speranza che risiede nell’incognita del futuro. Ciò che è

ancora inconoscibile non provoca sconforto e un senso di minaccia, come nel caso di

Kierkegaard, bensì rappresenta la speranza che possa esistere un futuro migliore.

Nel “Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggere” il poeta ambienta le

vicende in una giornata prossima alla fine dell’anno dove un venditore di calendari e

lunari cerca di vendere la

propria merce a un

passante. Quest’ultimo

domanda al venditore se

prevede un anno nuovo

più lieto di quello

passato. La risposta è

affermativa ma alla

domanda “a quale degli

anni che avete vissuti

vorreste che somigliasse

questo nuovo?” il

venditore rimane

perplesso ed è costretto

a confessare che,

Ermanno Olmi - Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggere, 1954 piuttosto di rivivere

esperienze già vissute, preferirebbe un anno nuovo diverso da quelli precedenti.

Il “passeggere” è una persona che, seppur con la propria razionalità sia riuscita a

scoprire la “verità sulla vita”, riconosce che sarebbe stato meglio vivere con “le

illusioni” e per questo motivo prova una sorta di pietà nei confronti dell’uomo

sofferente (compera infatti il calendario più bello e costoso). La figura del passante

può essere identificata con il Leopardi filosofo che è abituato a riflettere sull’uomo e

sul destino, cosciente del fatto che la felicità non sia realizzabile. Il venditore di

almanacchi rappresenta invece l’uomo comune che si accontenta della propria vita e

ha ancora la capacità di sperare, ovvero di proiettare la felicità nel futuro. Il filosofo

non può più sperare nella “fortuna” che è qualcosa di magico, irrazionale e non

controllabile dalla sua volontà. 10

Secondo Leopardi, la positività della vita non consiste nella felicità, che è

naturalmente preclusa all’uomo, ma nelle illusioni passate (rimembranze) e future

(speranze). La felicità non è dunque realizzabile: anche se l’uomo ama ricordare il

passato, non vorrebbe che si ripetesse come l’ha vissuto e questo è un

inequivocabile segno della negatività della vita e dell’inevitabilità del dolore. Appare

ben evidente come il fascino della vita risieda nella bellezza dell’incognita, di ciò che

ancora non si conosce e dall’illusione che il futuro possa essere migliore del

presente. Il centro del messaggio contenuto in questa operetta morale è nelle

parole che il “passeggere” pronuncia alla fine del dialogo:

“Così vorrei ancor io se avessi a rivivere, e così tutti. Ma questo è segno che il

caso, fino a tutto quest'anno, ha trattato tutti male. E si vede chiaro che

ciascuno è d'opinione che sia stato più o di più peso il male che gli è toccato, che

il bene; se a patto di riavere la vita di prima, con tutto il suo bene e il suo male,

nessuno vorrebbe rinascere. Quella vita ch'è una cosa bella, non è la vita che si

conosce, ma quella che non si conosce; non la vita passata, ma la futura.

Coll'anno nuovo, il caso incomincerà a trattar bene voi e me e tutti gli altri, e si

principierà la vita felice. Non è vero?”

[LEOPARDI, “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere”,

Operette Morali]

In questo passo si coglie la conclusione e il messaggio dell’intera conversazione

ovvero che la vita futura è attraente in quanto gli uomini la rendono tale attraverso

l’immaginazione, proiettando in essa speranze e aspettative. L’individuo si mostra

sempre scontento dell’anno passato e spera che il nuovo anno possa risultare

differente rispetto a quello appena trascorso. Il desiderio di una vita migliore viene

riposto, quindi, in un futuro sconosciuto e Leopardi sottolinea come questa sia solo

una delle tante illusioni di cui l’uomo ha bisogno per sopravvivere.

Anche in poesia Leopardi affronta la tematica della bellezza dell’incognito e di ciò

che deve ancora venire. Nella riflessione filosofica proposta alla fine de “Il sabato del

villaggio” viene detto esplicitamente che il sabato, come la giovinezza, risulta essere

pieno di gioia e di speranza in quanto la felicità risiede solamente nell’attendere,

nell’illudersi e nell’immaginare.

“Questo di sette è il più gradito giorno,

pien di speme e di gioia:

diman tristezza e noia

recheran l’ore, ed al travaglio usato

ciascuno in suo pensier farà ritorno.”

[LEOPARDI, “Il sabato del villaggio”, Canti]

11

L’ INCOGNITA DESTINATA A SCONTRARSI CON LA

Dettagli
Publisher
22 pagine
6 download