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Introduzione Viaggio:Metafora di Vita, tesina
La seguente tesina di maturità Istituto Tecnico Turistico tratta del viaggio e dei primi viaggiatori dal medioevo fino ai giorni nostri. Gli argomenti che permette di sviluppare la tesina sono: Italiano:Il Fu Mattia Pascal, Storia:Emigrazione 800-900, Storia dell'arte:Paul Gauiguin - Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?, Francese:Le voyage en train, Inglese:Thomas Cook e Grand Tour, Educazione Fisica:Apparato scheletrico, Tecnica Turistica:Tour Operator, Diritto:Libertà di circolazione.
Viaggio:Metafora di Vita, tesina
Collegamenti
Collegamenti
Italiano: Il Fu Mattia Pascal
Storia: Emigrazione 800 - 900
Storia dell'arte: Paul Gauiguin - Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?
Francese: Le voyage en train
Inglese: Thomas Cook e Grand Tour
Educazione Fisica: Apparato scheletrico
Tecnica Turistica: Tour Operator
Diritto: Libertà di circolazione
Viaggio: Metafora di Vita
Perché si viaggia? Qual è la vera metafora che si nasconde dietro l’irrefrenabile
desiderio di muoversi? Quella di conoscere nuove culture, nuovi mondi? O forse
quella di trovare un punto di riferimento che ci aiuti a conoscere meglio noi
stessi?
Si viaggia per spirito di avventura, per conoscere altri popoli, per andare alla
scoperta del mondo ed accorgersi poi che quello a cui abbiamo sempre
aspirato è lì.
Si viaggia per imparare ad amare ed essere amati, per dare sfogo alla rabbia.
Si viaggia per essere stati i primi o per dire io c’ero, per aiutare il prossimo o
per farsi aiutare, perché si è amici o per fare nuove amicizie.
Si viaggia per incontrare qualcuno o per abbandonare qualcun altro, o per
fuggire da se stessi.
Perché viaggiare è in fondo uno stato dell’animo, a cui non si può chiedere
ragione della sua esistenza, esiste perché noi esistiamo.
Il viaggio come metafora della vita è una delle immagini più frequenti in tutte
le letterature, è un concetto trattato molto spesso dagli scrittori di ogni epoca,
dai mitici viaggi di Erodoto a quello ultraterreno di Dante. Esiste un’opera nella
letteratura classica di tutti i tempi che riassume il tema del viaggio: l’Odissea di
Omero.
Ulisse ed Enea nel Mondo Classico rappresentano la figura del viaggiatore
antico, l’eroe, l’uomo coraggioso, in grado di affrontare spostamenti faticosi.
Attraverso il viaggio eroi come Ulisse affermano la propria autonomia in
opposizione ad ogni disegno, umano o divino , che possa ostacolare la libertà e
il desiderio di conoscenza
Nel Medioevo nascono nuove figure di viaggiatori come quella del pellegrino,
interessato al viaggio come penitenza da affrontare per scontare peccati
commessi; del mercante come Marco Polo, può diventare il narratore di paesi
lontani e di popoli sconosciuti.
Con il Rinascimento, il viaggio diventa occasione di scoperte di nuove terre, di
nuove civiltà, di nuovi valori che mettono in crisi i vecchi modelli
universalmente riconosciuti come tali.
In questo periodo i viaggi si intensificano con le grandi scoperte geografiche,
basti pensare a Cristoforo Colombo con la scoperta dell’America il 12 Ottobre
1492.
Solo verso la fine dei ‘700 il viaggio diventa un’esperienza interessante per sé,
nasce il viaggio di piacere. Diventa mezzo utile per l’apprendistato, per la
crescita intellettuale e morale, per l’educazione al mondo e alla vita.
Come abbiamo accennato prima, il viaggio assume anche il carattere di
metafora della nostra inquietudine spirituale o interiore, soprattutto quando si
è soli o stanchi della propria routine e sentiamo il desiderio di fuggire, il
desiderio di ricerca del nuovo.
Basti pensare al Fu Mattia Pascal di Pirandello.
Mattia Pascal è un impiegato presso la biblioteca comunale di
<<
Miragno, un paesino ligure. Un giorno, dopo aver litigato con la moglie
Romilda e la suocera si allontana da casa, diretto a Marsiglia, con
l’intenzione di imbarcarsi per l’America. In una sosta a Montecarlo
vince una grossa somma alla roulotte. Mentre in treno fa ritorno a
casa, legge sul giornale che a Miragno, dentro un mulino, è stato
rinvenuto un cadavere in avanzato stato di putrefazione: dalla moglie
e dalla suocera è stato riconosciuto proprio come quello di Mattia
Pascal, scomparso da parecchi giorni.
Passato il primo turbamento, egli prova un senso di ebbrezza all’idea
di potersi liberare della solita vita e costruirne una nuova.
Viaggia per quasi un anno in Italia e all’estero col nome inventato di
Adriano Meis, poi si stabilisce a Roma in una pensione, con l’idea di
condurre un’esistenza tranquilla. Ma egli si accorge di non poter
vivere nella società senza un identità civile. E infatti quando si
innamora di Adriana la figlia del proprietario della pensione non può
sposarla poiché non possiede un documento ufficiale della sua
identità.
Così decide di ritornare alla sua solita vita, organizza la messinscena
del suicidio di Adriano Meis, lasciando cappello e bastone sul ponte
Margherita su Tevere con un biglietto di “Addio” e ritorna a Miragno
con la sua vera identità di Mattia Pascal.
Ma, tornato in paese, scopre che la moglie si è risposata con un suo
vecchio spasimante, da quale ha avuto anche una figlia. Se lo volesse,
con l’aiuto della legge, potrebbe ricostruire la propria famiglia, ma
sente di essere un intruso e che il suo vecchio mondo è cambiato:
perciò preferisce vivere in solitudine. Di tanto in tanto si reca al
cimitero per visitare la sua tomba, e se incontra qualcuno che gli
chiede chi sia, risponde: io sono il fu Mattia Pascal.>>
Il viaggio rappresenta la fuga da se stesso e da una realtà che, per Mattia
Pascal, è ormai divenuta insostenibile. L'aver dovuto sposare una donna solo
perché incinta, il fatto di subire le critiche e l'odio della suocera, fanno sì che il
protagonista si convinca di poter ricostruire una nuova vita lontano dal luogo in
cui è nato.
Il viaggio è dunque anche una possibilità che il destino sembra regalargli,
insieme alla notizia del ritrovamento di un cadavere nei pressi della sua
abitazione, che è stato scambiato per il suo corpo.
La "finta morte" è l'unico modo per poter "rinascere" in un altro luogo. Ciò si
dimostrerà però essere inutile, in quanto le paure, i fantasmi di Mattia si
ripresenteranno anche in Adriano Meis, che fingerà nuovamente il suicidio,
rifarà il proprio viaggio a ritroso e si abbandonerà all'idea di una non-vita,
quando scoprirà di essere stato definitivamente sostituito anche dalla stessa,
odiata moglie.
Il tema del viaggio come fuga ritorna spesso nella letteratura o storia del ‘900.
Ogni viaggio inizia con una partenza, con un distacco, che può apparire sia
come qualcosa di necessario per sfuggire a una condizione di miseria o di
emarginazione.
Questo tema si presenta anche nel dopoguerra, ma con caratteri più
drammatici, come l’emigrazione.
Infatti…
L’Italia è oggi il sogno, per alcuni avveratosi, di molti immigrati provenienti dai
paesi più poveri dell’Europa e del mondo.
Ma in passato non è stato così. Gli Italiani infatti sono stati protagonisti dei più
grandi flussi migratori della storia tra Otto e Novecento.
Nell’Ottocento l’arretratezza agricola spinse migliaia di lavoratori, che vivevano
in situazioni precarie, ad abbandonare la penisola alla ricerca di una vita e un
futuro migliori. All’inizio, negli anni precedenti l’Unità italiana, si trattava di
migrazioni all’interno della stessa Europa, le cui mete preferite erano Paesi
come Francia, Svizzera, Germania.
Ma l’emigrazione italiana iniziò in modo consistente dopo l’Unità quando, circa
undici milioni di italiani, si avventurarono oltreoceano con vecchie navi
lasciando l’Italia e dirigendosi verso i Paesi dell’ America Latina, Brasile e
Argentina poiché proprio in quei territori vi era una maggiore richiesta di
manodopera nelle industrie e perché in quei Paesi vi erano abbondanti territori
incolti che sarebbero potuti essere trasformati in campi adatti all’agricoltura e
all’allevamento.
A partire dal 1890 l’Italia fu investita da un secondo flusso migratorio,
conosciuto come new migration. Gli Stati Uniti, che in quegli anni stavano
vivendo una crescita economica senza pari nella loro storia, furono la principale
meta per circa quattro milioni di italiani, soprattutto uomini adulti, provenienti
dal sud Italia che abbandonarono temporaneamente la loro patria.
Temporaneamente perché il vero intento dei migranti era quello di fare fortuna
all’estero e di usare i soldi guadagnati in patria per alleggerire la situazione di
crisi che l’Italia si trovava a vivere in quegli anni.
Il denaro proveniente dall’estero, le cosiddette “rimesse” infatti, aiutò molto
l’Italia permettendole di acquistare le materie prime di cui aveva bisogno ed
estinguere i debiti contratti con altri Paesi.
Proprio per questi motivi l’emigrazione fu appoggiata da numerose forze
politiche che vedevano in essa un’ ottima occasione per i contadini per uscire
dalla miseria e risollevare l’economia dell’intera penisola, un altro vantaggio
non di poco conto portato dall’emigrazione fu il desiderio di imparare a leggere
e scrivere che aveva fatto nascere nelle persone.
I proprietari terrieri invece non condividevano affatto la tesi di politici e studiosi
perché, a causa della carenza di manodopera, si videro costretti ad aumentare
notevolmente i salari.
Questo flusso migratorio cessò con lo scoppio della Grande Guerra, poi riprese
con la crisi che fece cadere l’intera Europa nel baratro e cessò definitivamente
quando la voglia di mantenere il benessere raggiunto fino ad allora negli USA
sfociò con la diffusione della xenofobia ossia della paura del diverso che spinse
il governo statunitense ad attuare provvedimenti che limitassero l’entrata di
italiani e degli altri europei nel territorio americano.
Con la fine della Seconda Guerra Mondiale, a partire dal 1945, l’ondata
migratoria coinvolse l’Italia meridionale e insulare ma questa volta le mete
ambite furono Paesi dell’ Europa: all’inizio gli italiani vennero attratti dagli alti
salari che offriva il Belgio, successivamente si spostarono in Germania e in
Svizzera dove vi era una richiesta di manodopera nelle industrie metal
meccaniche.
Il flusso migratorio verso l’estero cominciò a diminuire intorno agli anni
Sessanta quando in Italia ci fu il “boom” economico che fece nascere, nel nord
Italia, piccole e medie industrie che, per funzionare, avevano bisogno di
manodopera. Iniziò così una forte migrazione interna che “obbligò” i contadini e
i braccianti del sud ad abbandonare il Meridione, povero, arretrato ed ad
economia agricola e a trasferirsi al Nord in cerca di lavoro e di una vita più
dignitosa contribuendo allo sviluppo non solo del Settentrione, ma a quello
dell’intera Nazione.
In tal modo molte aree del Mezzogiorno si spopolarono mentre i Paesi
industrializzati del Nord si sovraffollarono.
Questo eccessivo sovraffollamento delle città comportò non pochi problemi.
Con lo spostamento di oltre cinque milioni di italiani dal Sud al Nord aumentava
anche la richiesta di alloggi dove poter vivere. Ciò comportò un elevato
aumento dell’affitto delle case che spinse molti emigrati italiani a vivere in
situazioni precarie e in case malsane e malridotte che, a causa del loro elevato
prezzo, privava gli emigrati dell’acquisto di beni di consumo.
L’ondata migratoria verso l’estero, però, ben presto riprese poiché le stesse
industrie che avevano contribuito ad innalzare il livello di benessere dell’intera
nazione con la loro richiesta di manodopera, ora non erano più in grado di
assorbire le richieste di lavoro di una così grande popolazione che cercava di
arricchirsi in patria.
Al flusso migratorio interno, nonostante tutti i suoi problemi, si deve il merito di
aver unificato la popolazione contribuendo a far sentire gli Italiani più Italiani.
A partire dagli anni Settanta il circuito si è invertito infatti l’Italia non è più un
Paese di emigrati ma un Pese di immigrati.
Viaggiare è anche un modo per mettersi alla prova, per verificare quali sono i
nostri limiti; un modo per confrontare il proprio mondo, la propria realtà con
quella di altri popoli.
Così come Paul Gauguin all’età di 35 anni, fugge dalla moglie e dal figlio verso
mete esotiche facendo viaggi intesi non solo come esplorazione geografica, ma
anche e soprattutto come avventura interiore, ricerca dell’armonia, elogio del
piacere e scoperta della sensualità, dove le donne tahitiane sono le
protagoniste indiscusse delle sue opere durante i suoi lunghi viaggi in Polinesia.
Gauguin vi convive per circa 25 anni, Thaiti, Punaauia e Hiva Oa, cercando di
divincolarsi dalle tradizioni e dall’impressionismo svelando, attraverso il suo
spirito moderno, il mistero avvincente della cultura polinesiana. Questo
rivoluzionario viaggio interiore può essere riassunto in un’unica grande opera,
l’ultimo capolavoro, uno dei dipinti più celebri della storia dell’arte: “Da dove